L'edizione 2017 di Portici di Carta è dedicata a Paolo Villaggio |
La storia, da come l'ho ricostruita, in effetti è degna del miglior Paolo Villaggio. La contessa Chiara Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare convoca il ragionier Ugo Fantozzi e trilla: "Fantocci carissimo, ho un lavoretto per lei: vadi in via Sacchi e in via Nizza e me le pulischi bene. Ma bene bene, mi raccomando!". Fantozzi, salivazione azzerata e mani due spugne, scivola drammaticamente dal puff e biascica "ma io... via Nizza... mi scusi, sono emozionato...". La Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare incalza inesorabile: "Ma non dichi sciocchezze, Pupazzi, che ci vuol mai! Vadi vadi, due bancarelle ed è fatta". Fantozzi, in drammatica apnea, riemerge dal puff, raggiunge la porta e prima di uscire mormora: "Com'è umana lei...".
Oggi hanno presentato l'undicesima edizione di Portici di Carta, in programma il 7 e 8 ottobre. Sarà dedicata a Paolo Villaggio, e questa è l'unica notizie, fra quante annunciate in conferenza stampa, che mi dà un frisson. Di Fantozzi ho sempre preferito i libri, visionari, folli e incomparabilmente migliori dei film: a conferma che la parola - quando la si sappia usare - batte ancora la banalità dell'immagin. Quindi mi rallegra vederne l'autore celebrato come scrittore - popolare quanto volete, ma scrittore, e pure migliore di tanti intellettualini della mutua.
Chi mette i soldi
Ma andiamo al sodo. Al di là dei soliti dati che potete trovare in un qualsiasi lancio Ansa, nonché del programma che vi linko qui, ecco la contabilità: Portici di Carta costa relativamente poco e il suo budget è coperto da Comune e Regione (con 15 mila euro cadauno), Fondazione Crt (dà 20 mila euro), Enel (4 mila euro) e Camera di Commercio che torna ad appoggiare la manifestazione con un contributo, in verità poco più che simbolico, di cinquemila euro.
Il sorriso dei librai
Portici di Carta è organizzato dalla Fondazione per il Libro, ma sarebbe inconcepibile senza la presenza e la collaborazione dei librai e dei piccoli editori torinesi. Dopo la svolta del trentesimo Salone che li ha coinvolti e accolti come non mai, oggi si sentono più riconosciuti e rispettati dalla Fondazione: tant'è che il loro coordinatore Rocco Pinto, di solito incline al pessimismo con punte di vittimismo cosmico, stavolta si lascia sfuggire un sorprendente "mi sembra che ci sia un clima diverso...". Sulla sua bocca suona all'incirca come la marcia trionfale dell'Aida.
E chi finisce in via Sacchi e via Nizza?
Ma la grande novità di quest'anno è un'altra: i Portici di Carta si prolungano oltre via Roma e piazza Carlo Felice e si spingono (udite udite!) fino in via Sacchi e in via Nizza. Lo ha chiesto (diciamo pure preteso...) il Comune, ansioso di "riqualificare" due vie che non vivono momenti di gloria. Quelli della Fondazione per il Libro hanno fatto buon viso a cattivo gioco, fedeli al principio prudenziale di attaccare l'asino dove vuole il medesimo, ma ovviamente faticando come dannati per trovare qualche espositore disposto a confinarsi in quell'ultima e problematica frontiera. Non certo i librai, che a Portici vorrebbero vendere i libri e dunque contano su una discreta folla di passanti: tocca così agli stand enogastronomici - Maestri del Gusto e affini - l'ingrato ruolo di sherpa. Anche questa, ammetterete, è una "modalità Fantozzi" niente niente male. Però ha un senso, mi fanno notare, perché "la gente va comunque dove c'è da bere e mangiare". Una botta di sano realismo che la dice lunga sull'effettivo appeal del libro presso le masse.
Che poi, piazzare le bancarelle in via Nizza e via Sacchi come segnale di "riqualificazione" mi sembra come dare una mano di stucco su un muro pericolante prima di rifare il muro: non è quel che si definisce un lavoro a regola d'arte.
Mi obietta però Marco Pautasso, vicedirettore del Salone del Libro a capo dell'orgazzazione di Portici di Carta, che "una riqualificazione in qualche modo deve pur cominciare" e non posso dargli torto: qualche bancarella sotto i portici è un passo avanti rispetto agli spaccia.
Il gazebo Sambuy, bene comune di serie B
Rientrano nei piani municipali di "riqualificazione" anche le attività e gli incontri di Portici di Carta ospitati nel gazebo dei Giardini Sambuy in piazza Carlo Felice, una delle tante "opportunità" cittadine da tempo abbandonate al degrado. Il gazebo è stato "preso in carico" da Giardino Forbito, un'associazione di cittadini (direi piuttosto attivi) che se ne occupano cercando di mantenerlo all'onor del mondo con varie attività. La situazione del negletto gazebo mi ricorda - in piccolo - la Cavallerizza, con la differenza che i cittadini di Giardino Forbito non hanno saputo meritarsi (certo per loro demerito) l'affettuosa attenzione dell'amministrazione civica: hanno chiesto che il gazebo sia riconosciuto come "bene comune", ma gli hanno risposto che, secondo procedura, la gestione sarà messa a bando. Dal che si deduce che esistono diverse gradazioni sia tra i "beni comuni", sia tra i "cittadini attivi".
Ad ogni modo, a Portici di Carta anche il gazebo Sambuy farà la sua parte.
Non compare invece, come da un paio d'anni ormai, una collaborazione con il Circolo dei Lettori.
Ma questa è un'altra storia, legata al presente, e al futuro, del Salone e della Fondazione per il Libro: e ci vorrà un altro post.
Lei vede beni comuni e cittadini attivi di serie A da qualche parte? Io no...mi faccia degli esempi per favore!
RispondiEliminaSe coglie l'ironia... http://gabosutorino.blogspot.it/2017/09/occupanti-e-interlocutori-nasce-il.html
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