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COME SI SCEGLIE UN DIRETTORE: BREVI CONSIDERAZIONI SUL FUTURO DEL TFF

Emanuela Martini, direttore del Tff
Ieri, con un articolo sul Corriere. mi sono occupato della successione di Emanuela Martini alla direzione del Tff. E' vero che Emanuela ha davanti un altro anno di mandato, organizzerà ancora l'edizione 2019: ma esperienze anche recentissime - tipo il Museo del Cinema e il Regio - ci hanno insegnato che a Torino le successioni non sono mai un affare semplice, e tendono a degenerare in deprecabili papocchi. 
Ecco in sintesi ciò che ho scritto sul Corriere: "Emanuela Martini, in cinque anni, non ha fatto bene: ha fatto benissimo. E aveva fatto benissimo anche prima, nel ruolo di direttore ombra, quando formalmente direttori del Tff erano le varie celebrities cinematografiche ma  era lei, la tenace Emanuela, a mandare avanti l'intero baraccone. Dunque la soluzione più pratica e sicura, a parer mio, sarebbe Emanuela Martini che succede a Emanuela Martini. 
Ma la tenace Emanuela ha già ottenuto una proroga di due anni, e rappresenterebbe la continuità. Invece oggi la politica e il popolo sono avidi di rinnovamento: il popolo perché affamato di novità come sempre i popoli inquieti; la politica perché ogni rinnovamento libera uno strapuntino sul quale piazzare lo sgherro di turno. E tenete conto che a maggio cambia il governo della Regione: per cui il prossimo dicembre, quando terminerà il mandato della Martini, sarà un brulichìo di equilibrii di ridiscutere, nuovi bisognosi da sistemare e vecchi conti da regolare. Ben che vada voleranno i coltelli.
Il presidente Toffetti alle successioni preferisce pensarci per tempo. La strategia del passaggio di consegne indolore dovrebbe basarsi su due presupposti. 

Il primo: Emanuela Martini è un patrimonio del Tff, deve restare nella squadra: ad esempio, chi meglio di lei saprebbe curare le retrospettive?
Il secondo: converrebbe scegliere subito - entro i prossimi due-tre mesi - il direttore del futuro. E affiancarlo a Emanuela Martini nell'organizzazione dell'edizione 2019. Magari come vice-direttore. Per imparare.
Quanto alla scelta del futuro direttore, presumo che Toffetti si sottrarrà all'ipocrisia del bando pubblico. Non è obbligatorio per legge, e voglio vedere chi avrà la faccia di banfare: nessuno ha parlato di bando per piazzare il nuovo sovrintendente al Regio.
Però il Tff potrebbe aspirare a un direttore bravo, competente e capace. L'ideale sarebbe un giovane italiano con esperienze significative nei festival internazionali. Ce ne sono tanti: a me vengono in mente, e mi limito agli enfants du pays, tipetti come Francesco Giai Via che dirige ad Annecy, o Carlo Chatrian che è già prenotato dalla Berlinale per il 2020; oppure il bresciano Paolo Moretti che organizza la Quinzaine des Réalisateurs a Cannes. I nostri cervelli piacciono all'estero: meno in Italia, dove i cervelli fanno paura. Ma non è detto che per il Tff non si faccia un'eccezione".
Le ipotesi sul profilo del prossimo direttore del Tff che ho riportato nell'articolo hanno suscitato qualche malumore. Ma come, mi obietta qualcuno: vuoi dire che a Torino non c'è nessuno in grado di dirigere il Festival? Dobbiamo proprio cercarlo fuori?
Potrei rispondere che anche Giai Via e Chatrian sono torinesi: però sono andati a cercarsi la loro chance altrove. E forse qui sta il punto. 
Preciso: l'obiezione è comprensibile e sensata, specie se arriva da chi nutre legittime ambizioni e si sente ingiustamente trascurato. In effetti in città non mancano, ad esempio nelle squadre del Festival e del Museo del Cinema, figure professionali esperte e credibili.
Dipende da quali riteniamo debbano essere in futuro gli orizzonti del Tff, e di chi lo dirigerà. 
Il dilemma è quello di sempre: se sia più utile accumulare esperienze internazionali prima di approdare al vertice di un festival che ambisce alla ribalta internazionale; e se invece sia preferibile restare nella natìa Torino e crescere all'interno della struttura. Per usare un'antica metafora, se sia meglio essere il primo in un villaggio delle Gallie o uno dei tanti a Roma: senza dimenticare però che a Roma si poteva diventare imperatori, mentre nel villaggio delle Gallie si restava soltanto capi di un villaggio delle Gallie. Sono scelte di vita: e non è detto che l'una sia migliore dell'altra. Dipende da ciò che vogliamo, dalle priorità che ci poniamo.
Un fatto mi pare indiscutibile: nella scelta di un direttore conta il curriculum, non l'età o la residenza. Piazzare qualcuno alla guida di una struttura complessa e delicata soltanto perché è un bravo giovane locale di belle prospettive non è più saggio che dare i comandi di un Jumbo Jet a uno che guida bene l'autobus. Ci hanno già provato, e francamente i risultati non sono stati entusiasmanti. E' vero che uno bravo impara in fretta, ma se prendo un aereo preferirei che lo pilotasse uno che sa già tutto. Non uno che con l'esperienza imparerà.
Detto questo, non sta a me giudicare chi sia e chi non sia in grado di guidare il Festival negli anni che verranno. Se a Torino abbiamo la figura giusta, ben venga. L'importante è che, torinese o forestiero, abbia gli strumenti, l'esperienza, la visione e la credibilità per garantire al Tff il definitivo salto nella Champions dei festival cinematografici europei. Decida chi deve decidere. Io comunque, finché non mi fate un nome migliore, voto per Emanuela Martini.

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