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IL PADRE E I TUTORI: CAPIZZI AFFIDA AL MUSEO IL FUTURO DI CINEMAMBIENTE

Men at Work: l'outfit-anticatastrofe di Gaetano Capizzi, Mimmo De Gaetano e Enzo Ghigo

La notizia l'ha buttata là con nonchalance il direttore della Mole Mimmo De Gaetano durante la presentazione della ventitreesima edizione del Festival, in programma dall'1 al 4 ottobre. Testualmente, De Gaetano ha detto che "ora Cinemambiente sarà completamente organizzato dal Museo del Cinema".
Questa me l'ero persa. Dev'essere accaduto durante il lockdown.
Per quasi un quarto di secolo il festival fondato e diretto da Gaetano Capizzi è rimasto semi-indipendente: l'Associazione Culturale Cinemambiente (in pratica, Capizzi), proprietaria del marchio, lo organizzava insieme con il Museo. In teoria il Museo partecipava anche alla ricerca degli sponsor: in pratica se li trovava Capizzi, forte della sua personale credibilità. In base a un accordo firmato qualche mese fa, d'ora in poi ogni responsabilità organizzativa sarà in capo al Museo, "naturalmente lasciando al direttore la massima autonomia artistica". Naturalmente. Alla peggio, in caso di disaccordo, fanno fuori il direttore. E' più pratico.
Tra le responsabilità organizzative del Museo rientra ora a pieno titolo il reperimento di nuove risorse e la gestione di quelle già esistenti “tramite i suoi uffici”.
Appena finisco di ridere, vado avanti.
Ma c'è poco da ridere se uno ricorda la brutta fine che hanno fatto Cinema Gay, oggi Lovers, e il suo diretto storico Giovanni Minerba messo alla porta d'imperio quando è garbato a lorsignori.
Incuriosito, chiamo il direttore Capizzi per capire meglio la faccenda. Lui mi sembra più che soddisfatto.
Il direttore Gaetano Capizzi con mascherina d'ordinanza 
Si dice convinto che quell'accordo “mette in sicurezza il Festival”. Convengo che Cinemambiente, e pure Lovers, abbiano un dannato bisogno di sicurezza, dopo i reiterati progetti di accorpamento/eutanasia da più parti orditi negli ultimi anni. Ma, considerato il precedente di Cinema Gay, ammetto di avere un concetto di "sicurezza" diverso da quello di Capizzi.
Capizzi spiega di aver voluto "dare continuità al Festival" per preparare la sua uscita di scena, “fra setto-otto anni, quando andrò in pensione” precisa. E quando se ne andrà lascerà al Museo il marchio di Cinemambiente.
Gli faccio notare che uno si fa i suoi bei programmi di vita e poi magari qualche politico malaminchiato fra due-tre anni decide che quel posto serve a suo cugino.
Capizzi non sembra preoccupato: l'accordo che ha firmato è circostanziato e a prova di bomba, mi dice. E aggiunge che anzi, così il Festival e il Museo "viaggeranno insieme" moltiplicando le iniziative di sensibilizzazione ambientalista, "una delle prossime mostre alla Mole sarà dedicata a cinema e ambiente", mi anticipa.
L'ottimismo è il sale della vita. E Capizzi è un ottimista nato: "D'altronde - mi fa osservare - sono il presidente di Green Film Network, la rete mondiale dei festival ambientali, conosco tutti e tutti mi conoscono, con la mia esperienza e competenza...". 
Capizzi dovrebbe star cauto. A Torino, possedere una competenza è una scorciatoia per il patibolo, o almeno per farsi cacciare.
Ma a ogni giorno la sua pena. Oggi pensiamo al ventitreesimo Cinemambiente che - dopo il rinvio da lockdown - si fa a ottobre, in formato mignon sia per durata (quattro giorni anziché sei) e numero di film (sessantacinque in tutto), e sia per budget, tagliato del 30 per cento (da 300 a 200 mila euro) come ogni altra attività del Museo. Anche gli sponsor, che non se la passano benissimo dopo la bufera-covid, hanno dovuto ridurre l'impegno. Edizione d'emergenza, quindi, fin miracolosa considerate le circostanze epidemiologiche. Va da sé che l'anno prossimo anche Cinemambiente ritroverà la sua dimensione naturale, e il budget sarà ripristinato. Così sostiene, e così tenta di far dire al presidente Ghigo, l'ottimista Capizzi. Ghigo sorride benevolo. Però non fiata.
Il Festival si giocherà sul doppio registro della sala e della rete. Per la sala, gli spettatori dovranno prenotare il posto - pur con l'ingresso gratuito - e dovranno prenotare il posto virtuale anche coloro che vorranno vedere i film in streaming, fino al limite dei mille accessi per pellicola.
A proposito di streaming: quest'anno non ci saranno ospiti stranieri, per ovvi motivi, in compenso tutti o quasi tutti i registi o gli interpreti dei film in rassegna interverranno in videoconferenza. Con un notevole risparmio per le casse del Festival. Io suggerirei di farci su un pensierino anche per il futuro: non è che tutti gli ospiti siano irrinunciabili, e occorra averceli qui in carne ed ossa. Per venir fin qua a dire quattro banalità sul loro film, molti potrebbero anche farlo da casa sfruttando i potenti mezzi della comunicazione da remoto. Vabbé, chiaro che avere il regista o l'attore famoso in carne e ossa fa curriculum per qualsiasi festival, Cinemambiente compreso. Quest'anno, per dire, come film d'apertura ci sarà in prima europea "Rebuilding Paradise", il documentario sui disastrosi incendi in California diretto da Ron Howard. Ma Ron Howard non ci sarà, manco in teleconferenza. Da Rick Cunningham mi sarei aspettato maggiore disponibilità, ma da un premio Oscar non si può pretendere... Si collegheranno i due protagonisti, Michelle John e Steve Culleton, e riconosco che non è la stessa cosa.
That's all, folks. Come sempre, per approfondimenti e per il programma completo vi rimando al sito di Cinemambiente.
Lo slogan di quest'anno è "Movies save the  planet". Da sempre sostengo che Cinemambiente è un festival necessario, anche se dubito che davvero i film possano salvare il Pianeta. Forse è troppo tardi per salvarlo, e in fondo neanche ce lo meritiamo. Ma i film guardateli lo stesso. Per capire se c'è ancora tempo. O perché meritiamo di estinguerci.

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