Il regista Carlo Ausino |
Carlo Ausino, regista e direttore della fotografia, torinesissimo d'origini siciliane come tanti torinesi, se n'è andato ieri, vittima anch'egli del morbo maledetto, all'età di 82 anni, giusto nei giorni del Festival: il che, per un uomo di cinema torinese, penso abbia una potenza simbolica pari al morire in scena per un attore di teatro. Lo incontravo spesso, in occasioni cinefile, circondato dal rispetto un po' imbarazzato che Torino riserva ai suoi local heroes, ai pionieri che hanno tentato una strada difficile quando a Torino erano difficili quasi tutte le strade che non portavano in Fiat.
Ausino non è stato un regista celebre o strapremiato dal botteghino: però ha firmato alcuni piccoli classici del cinema di genere, come "La villa delle anime maledette" dell'82 o "Prima che il sole tramonti" nel '76. E soprattutto ha legato il suo nome a "Torino violenta", ancora oggi assoluto stracult cult del poliziottesco. Per un'altra straordinaria trovata scenica del destino, proprio al Festival di quest'anno viene presentato "Calibro 9" di Tony D'Angelo, ideale omaggio e ripresa di quel "Milano Calibro 9" che all'epoca fu in qualche modo il modello meneghino di "Torino violenta".
Io Carlo Ausino l'ho conosciuto già avanti negli anni, presentatomi da Steve Della Casa massimo cultore con Marco Giusti del cinema italiano di genere: gentiluomo, riservato, di grande educazione, non me lo sarei visto nell'ambiente del cinema romano.
Niente è stato semplice per Ausino, marcato dalla torinesità in tempi in cui fare il regista a Torino era impresa disperata e velleitaria ancor più che oggi: dagli esordi nel '69 con il corto resistenziale "L'ora della pietà", fino agli ultimi titoli d'inizio anni Duemila, s'è sempre scontrato con la povertà di mezzi e di finanziamenrti, con la bella soddisfazione postuma di essere oggi ricordato come "maestro del low budget". Quasi fosse un riconoscimento a cui qualcuno anela appassionatamente.
Io Carlo Ausino l'ho conosciuto già avanti negli anni, presentatomi da Steve Della Casa massimo cultore con Marco Giusti del cinema italiano di genere: gentiluomo, riservato, di grande educazione, non me lo sarei visto nell'ambiente del cinema romano.
Niente è stato semplice per Ausino, marcato dalla torinesità in tempi in cui fare il regista a Torino era impresa disperata e velleitaria ancor più che oggi: dagli esordi nel '69 con il corto resistenziale "L'ora della pietà", fino agli ultimi titoli d'inizio anni Duemila, s'è sempre scontrato con la povertà di mezzi e di finanziamenrti, con la bella soddisfazione postuma di essere oggi ricordato come "maestro del low budget". Quasi fosse un riconoscimento a cui qualcuno anela appassionatamente.
Nel 2001 Ausino aveva presentato al Tff un cortometraggio intitolato "Una favola moderna", e quello mi pare anche un titolo quanto mai appropriato per la sua storia artistica. Il corto, notate bene, era finito nella sezione Spazio Torino, all'epoca dedicata soprattutto ai giovani videomaker locali in cerca di visibilità: nel 2001 Ausino aveva 63 anni e sedici film all'attivo, e nel '77 "Torino violenta" aveva incassato un miliardo e 300 milioni dell'epoca, a fronte di un costo di 60 milioni di lire. Niente male, per un giovane videomaker di Spazio Torino.
In compenso nel 2017 il gLocal Film Festival lo aveva celebrato nel quarantennale di "Torino violenta" e ancora lo scorso anno, per festeggiare la sua ennesima regia (a 81 anni!), al cinema Massimo gli avevano dedicato un "gLocal day" con un programma dei suoi cortometraggi recenti e un incontro "per parlare dei suoi ultimi impegni cinematografici". Ritrovarsi a parlare dei propri "prossimi impegni cinematografici" a ottantuno anni è un privilegio raro e straordinario, e forse compensa molti di quelli che il fato ha voluto negare; e attenua il fastidio per quell'etichetta (g)Local così difficile da staccarsi di dosso.Oggi alle 18 il Festival e gli amici di Carlo Ausino lo ricorderanno con una diretta on line. A questo link trovate la registrazione dell'incontro.
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