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SALVARE IL REGIO: CON 20 MILIONI C'EST PLUS FACILE

Rosanna Purchia, commissario straordinario del Regio

"Quanto al controllo di gestione, i processi all'interno dello stabilimento, pardon, della Fondazione...". Il cambio di passo al Regio (stavo per scrivere "di musica", ma insomma, cerchiamo di restare seri...) sta tutto in quel banale lapsus che sfugge al neo direttore generale Guido Mulè mentre spiega il lavoro che lui e la commissaria Purchia - a poco più di due mesi dall'insediamento - si sono finora smazzati per rimettere in carreggiata il teatro.
Mica è un lapsus vero. però: in fondo "stabilimento" ci sta, visto che di produzione e bilanci si parla; e suona meno velleitario di "teatro azienda". "Stabilimento" fa pensare alla fabbrica, alla "religione del fare": è, o almeno era, un concetto sabaudo, contrapposto al mito della "bella aziendina" che fa tanto bauscia milanese. Fatti, non chiacchiere. E rispecchia il metodo che il duo Purchia-Mulè sta applicando allo "stabilimento Regio": risolvere i problemi più urgenti (pagare gli stipendi, riorganizzare la struttura, razionalizzare le spese) è la priorità, adesso. E' un "lavoro propedeutico" al piano industriale che verrà, e che dovrà segnare la rotta ineludibile del Regio futuro. I piani sono conseguenza delle cose, non libri dei sogni scritti da apprendisti stregoni dalla sbrigliata fantasia.

Un piano industriale, ma sul serio

Difatti. a chi gli domanda se il loro piano industriale per il Regio recepirà qualche elemento della simpatica creazione della precedente coppia Graziosi-Guerzoni, Mulè e Purchia rispondono con sorridente cortesia che il loro piano industriale sarà il risultato nelle necessità del Regio e del lavoro di oggi. A cose fatte, ed essendo personcine ammodo, senz'altro daranno pure un'occhiata al componimento di Graziosi-Guerzoni. Come dire: le fantasticherie del passato appartengono al passato.

Venti milioni di ragioni per sperare

Adesso servono programmi seri, perché la situazione è seria. Ma non disperata: la stella polare, quella che potrà condurre in porto ciò che resta della corazzata-Regio, è lo stanziamento per i teatri lirici in difficoltà debitorie, in forza della legge - imminente, dicono - che dovrebbe in qualche maniera sostituire o modificare l'attuale legge Bray. Per il Regio, precisa giubilante l'assessore Leon una volta tanto foriera di buona notizie, saranno stanziati 20 milioni; il che, ne converrete, faciliterebbe l'opera risanatoria di qualsiasi commissario. Ma i soldi del governo non arriveranno senza condizioni. Serviranno per risolvere definitivamente la situazione di crisi: e poi si riga dritto, si segue il piano industriale e al minimo sgarro tutti a casa.

I lavori, finalmente

Nell'attesa, il signor e la signore Wolf (quelli che risolvono problemi) sono riusciti finalmente a farsi sbloccare i famosi 8,5 milioni promessi un anno e mezzo fa da Bonisoli per l'ammodernamento delle strutture del teatro. E ci sono riusciti in virtù di una straordinaria intuizione (straordinaria nel senso che finora s'erano sentite soltanto ciance) ovvero avviando la procedura anziché limitarsi ad affermare la granitica volontà di avviarla. Entro giugno i lavori potranno cominciare sul serio.

La rivoluzione non è un pranzo di gala

Il direttore generale Mulè
Parlano per un'ora filata, in videoconferenza, Mulè e la commissaria. L'occasione è il lancio dei concerti in streaming del Regio, che segnano finalmente il ritorno all'attività, seppure senza pubblico in sala (a questo link trovate programma e tutto il resto). Ma l'attenzione dei giornalisti, avidi di sensazioni forti, più che all'arte sublime è rivolta all'argent, che oggi più che mai fait la guerre, ma pure la paix, dalle parti del malandato tempio torinese della lirica. Son qui per questo, Purchia & Mulè, per rimettere in sesto i conti e ridurre i costi. E se la rivoluzione non è un pranzo di gala, neppure salvare dal default una fondazione lirica lo è: come la rivoluzione (per continuare con le parole del presidente Mao e/o di Sergio Leone) non è neppure un'opera letteraria, un disegno, un ricamo; non lo si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. E posso estremizzare la citazione concludendo che salvare una fondazione lirica è, come la rivoluzione, un'insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un'altra". Beh, magari non siamo alla lotta di classe, per quanto...

Il destino del precario

Tra gli obiettivi faticosamente perseguiti con tavoli e trattative e cautele da Purchia & Mulè rientra anche un decente controllo sui costi, il che implica fra l'altro ridiscutere l'indiscutibile, compresi vecchi contratti anacronistici, cambiare antiche abitudini, e fare scelte che la commissaria definisce "dolorose". Tipo affrontare la questione dei contratti a termine: "il Regio non è in grado di sostenere tutti", ammettono Purchia & Mulè. Ma "nessuno sarà abbandonato", si affrettano a precisare, sebbene non spieghino, né mi sia chiaro, come riusciranno nello spericolato esercizio funambolico di salvare, insieme, stipendi e bilanci.

L'arte di batter cassa

Sapranno loro. Intanto applicano - direi con discreto successo - la strategia dei due forni, ovvero bussare a denari dai debitori e tenersi buoni i creditori. In primis sono riusciti a farsi pagare i contributi arretrati da Comune e Regione, "riportando i crediti non riscossi a una quota fisiologica", precisa Purchia: impresa questa finora ritenuta impossibile. Ciò dimostra che, se sollecitati con la giusta dose di pepe al culo, persino gli enti pubblici cacciano il dovuto; e dunque i tradizionali e insostenibili ritardi non sono così inevitabili come lorsignori ci avevano raccontato fino ad ora. 
Altro punto a favore è aver convinto i soci - in primis le fondazioni bancarie - che stavolta si fa sul serio, che possono fidarsi e di conseguenza confermare le sovvenzioni. Non era per nulla scontato.
Quanto a debiti, specie nei confronti degli artisti, la commissaria ha messo in campo ogni arte diplomatica, distribuendo modesti anticipi e mielate letterine rassicuranti che hanno sortito l'effetto di tranquillizzare e rabbonire chi aspetta, talora da un paio d'anni, il saldo delle proprie spettanze.
Tra risparmi e crediti incassati e piccole donazioni (ah, il gran cuore dei torinesi!) Purchia e Mulé sono perlomeno riusciti a recuperare un po' di liquidità in un momento drammatico in cui dai botteghini non arriva un centesimo; e se al momento il preconsuntivo del 2020 ancora non pareggia, Rosanna Purchia non dispera di arrivare all'equilibrio di bilancio entro la fine dell'anno, o almeno nel 2021.

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