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SHAKESPEARE WITHOUT LOVE: IL PREMIO OOOPS DEL TFF

Il vecchio Bill, miglior sceneggiatore della storia del cinema

And the winner is...
Al quarto giorno il Tff assegna già un premio: il premio Ooops, riconoscimento - del tutto ufficioso e personale - che attribuisco alla domanda più imbarazzante.
In qualsiasi conferenza stampa di qualunque festival capita quasi sempre, a un certo punto, il mattocchio che salta su e fa la domanda del pettine, fuori luogo, lunare; o che si lancia in una concione che non c'entra un cazzo e avvince soltanto il suo piccolo ego. La scelta del Festival di quest'anno di introdurre la benemerita usanza della diretta Facebook mattutina con il direttore e i curatori che rispondono via Whatsapp alle domande del pubblico da casa - in genere appropriatissime e interessanti - ha tuttavia allargato a dismisura la platea dei candidati al prestigioso - seppur ufficioso e personalissimo - riconoscimento. Alle 10,08 di stamattina arriva infatti da una spettatrice in remoto la domanda delle cento pistole: "Ha ancora senso nel 2020 leggere Shakespeare?". E se non ci credete, qui c'è il link.
Shakespeare in my heart: il Falstaff di Orson Welles...
Fantastico. Il riferimento è al doc "In praise for love" di Tamara Drakulic (regista serba il cui cognome mi entusiasma e appartiene da sempre alla storia del cinema). Il film racconta dei bambini di un villaggetto messicano che incontrano la poesia universale del Bardo.
La domanda, invece, racconta il Paese in cui viviamo. 
La risposta di direttore e curatrice è imbarazzata cortese inevitabile: sì, ha ancora senso. 
Ma piange il cuore a scoprire che, anche nel 2020, c'è ancora qualcuno che - nonostante gli infiniti sforzi per elevare lo spirito di una nazione - possa anche soltanto immaginare superfluo, superato e fuori moda attingere all'immenso tesoro di pensieri, emozioni, illuminazioni ed esplorazioni minuziose e spietate dell'umano sentire, generosamente lasciato in eredità all'umanità sofferente dal più immenso poeta che mai abbia camminato su questo pianeta.
... e il discorso del "St. Crispin's day" nell'Enrico V di Branagh
La domanda corretta sarebbe semmai se sia davvero vita, una vita vissuta senza la contemplazione della morte di un Amleto, senza l'inverno del nostro scontento fattosi estate radiosa nelle parole di Riccardo III, senza la consapevolezza macbethiana del nostro essere poveri attori sulla scena del mondo, senza l'amore assoluto di Giulietta, senza il senso eroico dell'esistenza di un Enrico V, senza l'allegra cialtronaggine di un Falstaff.
No, scusatemi, ma l'ho presa proprio sul personale. E comunque, già che stiamo a un festival di cinema, provate un po' a chiederlo a Laurence Olivier, a Orson Welles, a Roman Polanski, a Kenneth Branagh, a Baz Luhrmann, ad Al Pacino, a Franco Zeffirelli, a Ralph Fiennes, a Joseph Mankievicz, ad Akira Kurosawa, a Peter Brook, a Jean Luc Godard, ad Anthony Hopkins (devo continuare? No, perché devo vado avanti fino a domani...), chiedetelo a loro se ha ancora senso leggere Shakespeare, il miglior sceneggiatore che mai abbiano avuto.

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