Nel 1935 l'Italia fascista - in cerca di un impero purchessia - aggredisce l'Etiopia, unica nazione allora indipendente dell'Africa. Seguono relative sanzioni da parte della Società delle Nazioni, l'Onu di quel tempo. Mussolini reagisce rompendo con le "plutocrazie occidentali" e buttandosi fra le braccia di Hitler. Com'è andata a finire lo sappiamo. Di merda.
... e Fedor Dostoevskij |
Ma in Italia tragedia e farsa marciano a braccetto. Nel 1938, un anno prima che Hitler invada la Polonia in combutta con Stalin, e pochi giorni dopo avere emanato le leggi razziali antisemite, il regime fascista proibisce la pubblicazione in Italia dei fumetti americani, “salvo Topolino”: eccezione dettata, pare, personalmente da Mussolini perché Topolino piaceva ai suoi figli.
Seguirono ben più gravi censure, l'ostracismo agli autori ebrei e infine agli autori stranieri. Ma l'idea di spezzare le reni a Mandrake rimaneva finora insuperata nella classifica universale delle infamie ridicole.
Finora. Fin quando, il 25 febbraio, mentre i tanks di Putin entrano in Ucraina, gli organizzatori dell'Eurovision Song Contest annunciano con malcelato orgoglio di aver deciso di escludere dalla gara il cantante russo per il timore (notate la motivazione) che "l’inclusione di una voce russa quest’anno screditi il concorso”. E certo: il problema è che, "alla luce della crisi senza precedenti", il concorso sia screditato.
Lo ammetto: avevo giudicato quella banfata eurosonghiga, e il contemporaneo annuncio del Museo del Cinema di aver annullato un omaggio dedicato a un regista russo, semplici alzate d'ingegno di affaristi preoccupati per la loro bottega (l'Eurosong) o, nel caso del Museo, la fuga in avanti di qualcuno ansioso di dimostrarsi più realista del re.
E invece l'esclusione del cantante russo era come l'esclusione dei fumetti americani: l'antipasto ridicolo di qualcosa che ridicolo non è. Giorno dopo giorno, i casi di cultura con l'elmetto si sono moltiplicati in tutto il Paese, fino all'extra-minchiata di Dostoevskij. E solo a quel punto qualcuno ha capito che stavamo sbarellando.
Ma siamo scemi? Voglio dire: gente che si picca di essere colta, di lavorare con la cultura, o addirittura si definisce "intellettuale", reagisce all'impresa scellerata di un dittatore con la faccia da cattivo di James Bond boicottando un gigante di una delle più importanti letterature di tutti i tempi e tutti i paesi? Boicottami questa ceppa, pirla! 'Sti idioti (passatemi la citazione) nel '39 se la sarebbero presa con Goethe. E soprattutto, di che cosa stiamo parlando? Di censura. Censura contro la cultura, gli scrittori, i libri. Nel caso di Dostoevskij, censura contro noi stessi e la nostra civiltà, perché noi occidentali non possiamo non dirci dostoevskiani, come non possiamo non dirci tolstoiani e puskiniani e tutto il meraviglioso tesoro di bellezza e pensiero della civiltà russa che è anche civiltà nostra, europea e mondiale.
Insomma, gli idioti praticano ciò contro cui dovremmo (e forse dovremo) batterci.
Me lo spiegate cosa c'entra con Dostoeviskij un ominicchio che magari Dostoevskij non lo ha mai letto?
Vabbé. Questo per dirvi che almeno il Salone del Libro s'è tenuto: con un primo comunicato, ieri, ci ha fatto sapere che "condanna l'invasione dell'Ucraina e manifesta estrema preoccupazione per lo svolgimento della guerra in atto", ma "non saranno boicottati libri o autori russi, discussioni o lezioni sulla cultura e la letteratura russa". Volevo ben vedere. Al Salone "non saranno presenti delegazioni ufficiali, enti o istituzioni legate al governo russo", e questo ci sta; come ci sta, per quel che può servire (minus than zero) che a sostegno del popolo ucraino venga "allestita al Lingotto la Casa della Pace, in cui oltre a essere ospitate e supportate le tante iniziative umanitarie attivate pro-Ucraina, verranno organizzati incontri pubblici su ciò che sta succedendo e succederà in Ucraina, sul tema della pace e del dialogo tra culture. Troverà posto, inoltre, una piccola libreria a cura di Colti - Consorzio Librerie Torinesi Indipendenti che ospiterà testi su questi temi e una bibliografia dedicata alla letteratura ucraina, nonché uno spazio in cui i visitatori potranno lasciare il proprio pensiero o messaggio di pace".
Naturalmente anche nelle peggiori tragedie riusciamo a piazzarci un pizzico di ridicolo, sicché ieri sera è arrivato dal Salone un secondo comunicato in cui si precisa che "lavoreremo con la Città e la Regione per costruire insieme la componente istituzionale di questo importante progetto". E ti pareva che i nostri tartarini di complemento rinunciassero a una parata? Qualcuno di essi, nella corsa a chi la dice più grossa, aveva pure chiesto che fosse l'Ucraina il "Paese ospite" di quest'anno, evidentemente senza avere la minima contezza di quale complesso e lungo lavoro preparatorio ciò richiederebbe.
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