Son qui in attesa d'affrontare la terza giornata di Salone, e già vacillo. Ieri ho tentato la prima spedizione esplorativa fra gli stand alla ricerca dell'Eletto, il libro indispensabile che acquisterò lunedì: uno e non più d'uno, per non aggiungere altri pretendenti alla lettura nello stuolo dei non letti di una biblioteca familiare ereditata dal padre e incrementata per anni, folla di capolavori di tutti i tempi e tutti i paesi che purtroppo non riuscirò ad esaurire in questa vita e neppure nella prossima.
La spedizione mi ha stremato, complice il caldo africano all'esterno - dentro il clima è ancora accettabile, ma oggi, con la folla del sabato, prevedo temperature sahariane - e il semicollasso del mio porto sicuro, la Lounge del Circolo dei Lettori che - ormai assurta a hub ufficiale di chiunque, dagli scrittori ai politici, dai giornalisti ai fotografi, dai soli noti agli infiniti ignoti - nel primo pomeriggio è andata in overbooking, affollata come lo stadio nel giorno del derby.
Senza più uno spazio vitale dove recupere le esauste forze, ho quindi preferito battere in ritirata rifugiandomi nel fresco suburbano della mia comoda casetta, dove ho prodotto l'articolo uscito oggi sul Corriere (qui il link) nel quale mi occupo della futura governance del Salone, cercando di fotografare lo stato dell'arte al di fuori dei pissi pissi bao bao - finora tutti abbastanza improbabili - sui possibili successori del direttore Lagioia e del presidente Biino: anche lì siamo all'overbooking, ma in realtà la partita è ancora tutta di giocare.
D'altronde, l'overbooking si addice a un Salone del Libro... E su questo miserevole calembour chiudo e parto per il Lingotto, e per il mio destino.
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