Maurizio Marrone ne ha sparata un'altra delle sue. Il talentuoso fratello d'Italia stamattina - presentando il "suo" festival "Radici" - se n'è uscito con un'altra delle sue stravaganti intemerate. A quanto riportano le gazzette (io non c'ero, in questi giorni purtroppo ho altri pensieri per la testa) ha dichiarato: "Il caso Zaki è il primo corto circuito del corso pop del nuovo Salone: quando la politica lascia campo libero al mercato succedono questi inconvenienti. Se ci fosse stato un direttore diverso, ad esempio la Loewenthal, non credo che sarebbe successo. Dico solo che il Salone doveva iniziare al Sermig e invece inizia in un ex centro sociale".
Non mi stupiscono le nostalgie marroniane per il MinCulPop - che era una roba per niente pop - con quel "quando la politica lascia il campo libero...", che guarda, Marrone, più certa politica lascia il campo libero, ovvero si leva dalle balle, tanto meglio è. Ma l'intera dichiarazione è un piccolo capolavoro. In un colpo solo Marry riesce:
1) a far passare per fesso il suo Presidente, Alberto Cirio: è stato il Presidente, infatti, a condividere con Lo Russo e Viale la scelta della direttrice Benini. Cioé, fammi capire: secondo Marrone Cirio è uno sprovveduto che non sa neppure scegliere il direttore del Salone del Libro? Oppure è l'enfant gaté a fare i capricci perché non gli hanno regalato il direttore che voleva lui? Strana situazione, ne converrete. Può accadere infatti che il Presidente di una giunta sfiduci un suo assessore che non considera più all'altezza; un assessore che sfiducia pubblicamente il suo Presidente (senza dimettersi, per carità d'iddio!) è invece una trovata che soltanto un genio totale della politica poteva immaginare e mettere in atto.
2) a sfiorare (o a superare?) gli estremi della diffamazione definendo "ex centro sociale" un locale pubblico che non è mai stato un centro sociale - come può testimoniare chiunque (tranne Marrone) sia vissuto a Torino negli ultimi trent'anni - Hiroshima paga un regolare affitto per usufruire di una struttura - una ex scuola - di proprietà comunale, provvedendo di tasca propria alla manutenzione ordinaria e straordinaria e alle migliorie del caso; in precedenza aveva sede, anch'essa regolarmente affittata, in un basso fabbricato in via Belfiore. Tutto legale, insomma. Locale pubblico, peraltro, frequentato da una clientela rispettabile, ed estremamente rigoroso su ogni aspetto della sicurezza e della legalità.
Ora, non so se definire un rispettabile locale pubblico "un ex centro sociale" sia passibile di querela; di sicuro conferma che Marrone è poco informato sul territorio che pretende di rappresentare. Ma il tonitruante Marry, si sa, è talora incline a parlare prima di informarsi: ricordate quando saltò sul cavallo matto contro una mostra da quattro soldi chiamata "Lgbte" prima di appurare che quell'acronimo stava per "La grande battaglia trova esito" e la "lobby lgbti" non c'entrava una mazza? Ecco.
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