Dal Corriere di ieri:
«Beneath the surface» è il titolo della seconda edizione di «Exposed», il festival di fotografia che, all'insaputa di molti, si sta svolgendo a Torino per volontà dirigista di Comune, Regione, Camera di commercio, Intesa Sanpaolo, Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt, che nella bella impresa buttano quasi 700 mila euro.
«Beneath the surface» in italiano significa «Sotto la superficie», ma in inglese suona più internazionale, ed «Exposed» è (almeno nelle intenzioni dei suoi orgogliosi promotori) un «evento di portata internazionale» che – lo sottolineo qualora non ve ne foste accorti - «trasforma Torino in un grande laboratorio di idee e pratiche artistiche».
A proposito di eventi di portata internazionale: passiamo la frontiera e andiamo nella bella Arles, fiore della Provenza, che da oltre mezzo secolo ospita «Les Rencontres d'Arles», il più importante fotofestival d'Europa: e scopriamo che quel titolo così suggestivo («Beneath the surface», sentite come suona bene?) era già stato utilizzato per i «Rencontres» dell'anno scorso (come si può vedere confrontando le due figure).
Eh beh, per i due direttori artistici di «Exposed» (due ne paghiamo, uno da solo non ce la poteva fare...) dev'essere stato uno sforzo ideativo titanico inventarsi per il festival torinese un titolo tanto significativo e originale. Peccato che i francesi malignazzi glielo abbiano copiato con un anno d'anticipo. Peccato soprattutto perché i «Rencontres» sono – quelli sì – un evento internazionale enorme, e noi ci facciamo la figura del ragazzino che vuole infilarsi i pantaloni di papà.
L'anno passato la prima edizione di «Exposed» dal 2 maggio al 2 giugno aveva racimolato, con ben 28 mostre in 23 sedi, la miseria di 46 mila visitatori (dichiarati), in media 1.643 per mostra, 51 al giorno. Stavolta il festival dura di più (dal 16 aprile al 2 giugno) con meno sedi (sette) e meno mostre (dodici, non tutte prodotte direttamente dal festival), e l'ingresso è gratuito, si deve soltanto scaricare il pass on line. E come sta andando? Fate voi: in 34 giorni, dall'inaugurazione il 16 aprile a lunedì scorso 19 maggio, risultano 19 mila ingressi in 6 sedi espositive (la settima, Gallerie d'Italia, fa corsa a sé con la bella mostra di Carrie Mae Weems, che Intesa avrebbe realizzato anche a prescindere da «Exposed», e ha l'ingresso a pagamento).
Ma è ancor più significativo il numero dei pass scaricati, che ci mostra l'esatta consistenza del pubblico poiché una singola persona con il pass può visitare più mostre: ebbene, al 19 maggio risultavano scaricati 7.240 pass, di cui l'88 per cento dall'Italia. Davvero un risultato mirabolante, per un preteso «evento di portata internazionale». Del quale peraltro, complice una promozione impalpabile, pochi si sono accorti a Torino, e quasi nessuno nel resto del mondo.
Carissimi, cosa ci eravamo detti l'anno scorso? Puntualmente si è verificato l'ennesimo flop e sono stati gettati al vento 700mila euro che potevano essere spesi meglio ed in altri settori zoppicanti (per esempio nel Torino jazz festival, etc.etc.). Come già dissi l'anno scorso, mi dispiace tanto per la Purchia, l'unico assessore valido della giunta, che nel secondo tentativo ci aveva tanto creduto, ma direi che stavolta possiamo anche dire basta così. Ammettiamolo: a Torino non ci sono le capacità nè culturali, nè tecniche per fare queste manifestazioni. D'altronde, come ha affermato su "LaRepubblica" la valente direttrice del MAUTO: "La cultura non è intrattenimento, io qui faccio politica". Dunque meglio mettere in rete tutto il patrimonio fotografico, del quale Torino abbonda, che langue nei depositi, solo e ramingo. Almeno quello se lo può godere chiunque.
RispondiElimina