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HIGHLANDER: IL RITORNO DI VANELLI

Il Chiampa richiama alle armi Alberto Vanelli: la cultura in Piemonte ha qualche problema da risolvere
 Aggiornamento 15-3-15: Salta la nomina di Alberto Vanelli

 Alberto Vanelli è come il Nuvolari di Lucio Dalla. Rinasce come rinasce il ramarro. Nella sua lunga carriera di grand commis della Regione, l'ex direttore della Reggia è stato dato per finito mille volte, e mille volte è tornato a vincere. Ma stavolta sembrava proprio che la corsa dell'Highlander della Venaria fosse terminata, causa pensionamento in base alla legge Madia. E invece, rieccolo. Non ha ancora finito di sgomberare il suo ufficio a Venaria, e già lo attende una nuova "mission impossible". Il Chiampa lo vuole come superconsulente in Regione. Consulenza a titolo gratuito (non potrebbe essere altrimenti, stante la succitata legge Madia) ma che Vanelli accetta di buon grado: più che il vil denaro, a lui lo eccita la sfida. E di sfida si tratta: Vanelli dovrà contribuire a salvare il salvabile del settore cultura, messo in ginocchio dalla mancanza di fondi e da una crisi sistemica senza precedenti.

Un "assessore ombra"?

Alberto Vanelli
La notizia gira da qualche giorno, e ha suscitato più di un'interpretazione maliziosa: com'è normale a Torino, città che ha sempre una buona parola per tutti. Molti sostengono infatti che Antonella Parigi stenti a reggere il carico di pressioni, critiche e problemi che le è piombato addosso da quando ha avuto la malaugurata idea di lasciare il suo amato Circolo dei Lettori per gettarsi nell'avventura assessorile. Così - dicono senza mezzi termini i malevoli - il Chiampa avrebbe deciso di affiancarle un pretoriano di lungo corso come Vanelli, mastino della guerra culturale, diplomatico e decisionista, esperto e scafato. I maggiori disistimatori della Parigi non esitano poi ad affermare che Vanelli sarà un commissario vero e proprio; anzi, un assessore ombra. Se così fosse, non sarebbe la prima volta. Vanelli - e questa è storia - già tra il 1995 e il 2005, nel decennio delle giunte Ghigo (e nonostante la sua fede di sinistra), aveva un potere reale pari, se non superiore, a quello dell'assessore titolare, Giampiero Leo. Erano in pratica il poliziotto buono e quello cattivo. E indovinate un po' quale dei due faceva il cattivo?

Parigi: "L'ho voluto io"

Ma in tanti anni di vita ho imparato a fare la tara su ciò che mi dicono. Quindi ho posto la questione ai diretti interessati. Ieri ne ho parlato con la Parigi, che mi ha risposto testualmente, con un sorriso serafico: "So benissimo che cosa mi dicono dietro. Ma non è così: sono io che ho chiesto a Sergio (il Chiampa, Ndr) di coinvolgere Vanelli, uno come lui è una risorsa da non perdere". E sapete che c'è? Sono portato a crederle: conosco bene la Parigi, e so che non è capace di nascondere l'incazzo. Quando le girano, le girano, e non riesce a far finta di niente. Se le avessero imposto un "tutore", secondo me avrebbe preso la palla al balzo per mandare tutti a stendere e dimettersi. Cosa che, sotto sotto, sospetto che non le dispiacerebbe.
Vanelli alla Reggia con il ministro per caso Franceschini

"Sono uno che risolve problemi"

Stamattina poi ho intervistato Vanelli per il mio programma "GabosuTorino Radio Edit" (va in onda stasera dalle 19 alle 20 su Gru Radio 93.3, ed è l'ultima puntata), e Vanelli ha confermato la versione di Parigi: "La proposta mi è arrivata da Chiamparino - mi ha detto - e spero che vada in porto. Io assessore ombra? Per niente. Non mi piace lavorare nell'ombra". E anche a questo sono propenso a credere. Allora gli ho chiesto se si senta piuttosto come il signor Wolf di "Pulp Fiction", quello che "risolve problemi". "Beh, mi piace la prospettiva del problem solving", mi ha risposto. Il "problem" da risolvere è un ripensamento totale del sistema-cultura piemontese. "Abbiamo attraversato due fasi - mi spiega Vanelli. - La prima, dagli Anni Novanta alle Olimpiadi, c'è stata la crescita impetuosa, anche con eccessi e sprechi. Da allora siamo passati alla difesa, sempre più difficile per via della crisi, delle posizioni conquistate. Adesso credo sia necessario aprire un'altra fase, di ristrutturazione profonda. Il vecchio modello basato sui contributi pubblici non regge più. Però non basta dirlo, bisogna trovare soluzioni nuove. E anche nuove energie". E aggiungo una mia intuizione: secondo me, il primo "problema da risolvere" che affronterà Albertone sarà il Castello di Rivoli.
That's all folks. To be continued, naturalmente. Intanto, per chi fosse interessato, qui sotto vi offro come bonus track una biografia ragionata di Alberto Vanelli. Tanto per capire il tipo.

Vanelli's story

Alberto Vanelli, friulano, laureato in Sociologia a Trento, inizia la sua carriera grazie a Giovanni Ferrero, esponente dell'ala tecnocratica del Pci che, diventato assessore regionale alla cultura nel 1980, lo vuole come suo braccio destro. Nell'85 Ferrero lascia la Regione, mentre Vanelli resta come funzionario e fa carriera fino a diventare il potente direttore generale dei Beni Culturali, l'uomo che lavora dietro le quinte: fa da ufficiale di collegamento tra il "governatore" berlusconiano Ghigo e il ministro diessino alla cultura Veltroni, e fa bingo quando li porta a visitare i ruderi della Reggia di Venaria dando così il via al grande progetto di recupero.
Alberto Vanelli in uno dei suoi più riusciti travestimenti
E' pragmatico fino al cinismo. Ad esempio, nel 1995 sostiene - perché così suggeriscono le circostanze - la presidenza di Giuliano Soria al Museo del Cinema, senza però finire invischiato nello scandalo del Grinzane (cosa non riuscita, per dire, al povero Mario Turetta, proprio colui che adesso lo ha sostituito, tra mille polemiche, alla direzione della Reggia). In compenso, l'Albertone, considerato in quota centrosinistra, si attira l'odio di molta della sinistra torinese, che lo sospetta di "collaborazionismo" con Ghigo. Sicché, quando nel 2005 la Bresso vince le Regionali,  viene epurato. L'assessore Oliva lo spedisce a Venaria, allora considerata uno scatolone vuoto. Ma a Vanelli potete anche rifilare un accendino scarico: nel giro di un'ora, ve lo rivenderà come se fosse un Cartier d'epoca. Con iniziative commerciali intelligenti riesce a far rendere la Reggia; e con un innato (e molto comunista) senso della propaganda ne  fa il gioiello che è oggi. Nel giro di cinque anni dalla polvere Vanelli torna sugli altari. Venaria è una Reggia a tutti gli effetti: e Alberto I ne è il sovrano assoluto. E stimatissimo. Così, quando l'Uomo dalle Mutande Verdi caccia dalla cabina di comando del Comitato Italia 150 un altro fuoriclasse della managerialità culturale, Paolo Verri, reo di eccesso di autonomia e di libero pensiero, chi arriva a sostituirlo? Vanelli, naturalmente. Un uomo per tutte le stagioni e tutte le imprese. Anche Italia 150 rientra fra i suoi pezzi di bravura. Pur di terminare in tempo i lavori, lo spicciativo Albertone non esita a scavalcare alcune pastoie burocratiche, beccandosi così un fastidioso processo penale e una folgorante vittoria sul campo del Centocinquantenario.

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