Stamattina sul Corriere scrivo che il successo di pubblico per la mostra dei Macchiaioli alla Gam (1145 visitatori al giorno) è sì buono, persino consolante, ma non mi pare che si possa definire, come invece lo definisce la Fondazione Musei, "straordinario": considerato il valore della proposta mi sarei augurato - e aspettato - di meglio. Quella dei Macchiaioli è una pittura "popolare", non richiede chissà quale preparazione per essere amata; e le opere che si possono vedere in Gam sono tante e quasi tutte eccellenti. Davvero una simile proposta non può aspirare a molto più di mille visitatori al giorno? In una città come Torino?
Questi pensieri mi sono tornati in mente aggirandomi per le sale di Palazzo Reale che da oggi ospitano un'altra mostra, ancora più attrattiva ed eccellente: è "Van Dyck. Pittore di Corte" che i Musei Reali e la società Arthemisia dedicano a un fuoriclasse totale della pittura fiamminga, e non solo.
Qui siamo a livelli da vera grande mostra internazionale: sono 45 capolavori - per non dire delle incisioni - molti dei quali provenienti dai massimi musei del mondo; in un allestimento che esalta, contestualizza e aiuta a comprendere il valore e il significato delle opere; e giusto per aggiungere gioielli ai gioielli non ci facciamo mancare neppure qualche grande lavoro del maestro di Van Dyck, il magno Rubens.
E' fuori di dubbio che - contrariamente a quanto pensavano certi profeti della "decrescita museale felice" - soltanto le mostre blockbuster attraggono la massa del pubblico che d'abitudine si tiene alla larga dai musei; ma è anche ora di dirsi chiaro in faccia che adesso la giustificazione consolatoria degli ultimi anni ("i visitatori diminuiscono perché non ci sono più le mostre blockbuster") comincia a non valere più.
Già quella della Gam non è una mostra pizza e fichi (costa un milioncino, e si vede) e i Macchiaioli non sono pittori del tutto ignoti al pubblico un minimo acculturato.
Però quella di Palazzo Reale ha definitivamente le caratteristiche necessarie per essere una mostra blockbuster, senza se e senza ma. E' dedicata ad uno dei nomi più celebri della pittura di tutti i tempi (beh, chiaro che devi conoscere un minimo l'arte, ma insomma... Van Dyck persino mia nonna buonanima sapeva chi fosse) e costruita senza micragne: costa un milione e mezzo di euro, l'allestimento è più che buono, la location splendida, i prestiti internazionali di assoluto prestigio, le opere esposte sontuose.
L'accordo standard fra il privato e il museo è che la società organizzatrice si ripaga con le sponsorizzazioni ma soprattutto con gli incassi della biglietteria, che andranno nelle sue tasche fino al raggiungimento del break even point, ovvero il numero di ingressi sufficienti a coprire i costi: per i Macchiaioli il pareggio è a settantamila visitatori, mentre per Van Dyck bisognerà arrivare a centomila. Superato quel traguardo, i successivi incassi vengono divisi tra la società organizzatrice e il museo ospitante.
Anzi, per "Van Dyck. Pittore di Corte" l'astuta Pagella, la direttrice dei Musei Reali, è riuscita a ottenere da Arthemisia una percentuale dell'incasso anche prima del raggiungimento del break even point a centomila biglietti: ancora stamattina lei e l'ad di Arthemisia Iole Siena trattavano animatamente, la Pagella voleva cominciare da settantamila, la Siena rilanciava a novantamila. Si metteranno d'accordo su ottantamila. In più Enrica può contare su un sostegno (75 mila euro) dalla Regione. Dal Comune no. Ma che ve lo sto addì.
Non è così scontato, purtroppo. I direttori come Enrica Pagella e altri suoi valorosi colleghi ballano da soli e spesso gli levano anche la musica. I soldi sono sempre pochi e i danni inferti ora dalla supponente assenza, ora dalla nociva presenza della politica sono tanti e duraturi.
A questo punto mi sono fatto l'idea che - a parte la scarsità di mezzi - restino due problemi da risolvere. Il primo non dipende dai direttori dei musei, ed è l'andamento del turismo in città, che secondo gli ultimi dati che ho potuto vedere non mi sembra si sia ancora ripreso in pieno, dopo un paio d'annate grame. Meno turisti a Torino, meno visitatori nei musei di Torino. E' matematico.
Il secondo problema sta - ipotesi mia - nella promozione. Mi assicurano che si fa, ed è robusta. A occhio non mi pare che la città sia letteralmente tappezzata di manifesti, né dei Macchiaioli, né di Van Dyck, ma le mie impressioni non fanno statistica. Ciò che vorrei capire è la consistenza dell'investimento a livello nazionale. Mi dicono che per Van Dyck si faranno affissioni in tutte le città del Nord Ovest, in Lombardia e in Emilia. Non so quali siano i piani per la pubblicità in rete. Non so quale sarà l'impatto mediatico che si costruirà attorno all'evento. Per ora temo che i torinesi informati della grande mostra di Picasso che si apre domenica a Milano siano infinitamente più numerosi dei milanesi che sanno della mostra di Van Dyck che si apre oggi a Torino.
Antoon Van Dyck: "Ritratto del principe Tommaso Francesco di Savoia Carignano" |
Qui siamo a livelli da vera grande mostra internazionale: sono 45 capolavori - per non dire delle incisioni - molti dei quali provenienti dai massimi musei del mondo; in un allestimento che esalta, contestualizza e aiuta a comprendere il valore e il significato delle opere; e giusto per aggiungere gioielli ai gioielli non ci facciamo mancare neppure qualche grande lavoro del maestro di Van Dyck, il magno Rubens.
Un destino da blockbuster
Godendomi quel ben d'iddio mi domandavo se almeno il richiamo di Antoon Van Dyck riuscirà a regalare di nuovo a un museo torinese un successo davvero "straordinario".E' fuori di dubbio che - contrariamente a quanto pensavano certi profeti della "decrescita museale felice" - soltanto le mostre blockbuster attraggono la massa del pubblico che d'abitudine si tiene alla larga dai musei; ma è anche ora di dirsi chiaro in faccia che adesso la giustificazione consolatoria degli ultimi anni ("i visitatori diminuiscono perché non ci sono più le mostre blockbuster") comincia a non valere più.
Già quella della Gam non è una mostra pizza e fichi (costa un milioncino, e si vede) e i Macchiaioli non sono pittori del tutto ignoti al pubblico un minimo acculturato.
Però quella di Palazzo Reale ha definitivamente le caratteristiche necessarie per essere una mostra blockbuster, senza se e senza ma. E' dedicata ad uno dei nomi più celebri della pittura di tutti i tempi (beh, chiaro che devi conoscere un minimo l'arte, ma insomma... Van Dyck persino mia nonna buonanima sapeva chi fosse) e costruita senza micragne: costa un milione e mezzo di euro, l'allestimento è più che buono, la location splendida, i prestiti internazionali di assoluto prestigio, le opere esposte sontuose.
Pubblico-privato: i meccanismi di una collaborazione
Come per i Macchiaioli alla Gam, anche per Van Dyck a Palazzo Reale a farsi carico della maggior parte dei costi è la società privata che realizza la mostra: qui è Arthemisia, che la scorsa stagione con Mirò ha portato 120 mila visitatori a Palazzo Chiablese, mentre alla Gam è tornata a lavorare 24 Ore Cultura dopo una lunga assenza da Torino.L'accordo standard fra il privato e il museo è che la società organizzatrice si ripaga con le sponsorizzazioni ma soprattutto con gli incassi della biglietteria, che andranno nelle sue tasche fino al raggiungimento del break even point, ovvero il numero di ingressi sufficienti a coprire i costi: per i Macchiaioli il pareggio è a settantamila visitatori, mentre per Van Dyck bisognerà arrivare a centomila. Superato quel traguardo, i successivi incassi vengono divisi tra la società organizzatrice e il museo ospitante.
Anzi, per "Van Dyck. Pittore di Corte" l'astuta Pagella, la direttrice dei Musei Reali, è riuscita a ottenere da Arthemisia una percentuale dell'incasso anche prima del raggiungimento del break even point a centomila biglietti: ancora stamattina lei e l'ad di Arthemisia Iole Siena trattavano animatamente, la Pagella voleva cominciare da settantamila, la Siena rilanciava a novantamila. Si metteranno d'accordo su ottantamila. In più Enrica può contare su un sostegno (75 mila euro) dalla Regione. Dal Comune no. Ma che ve lo sto addì.
Il turbo dei Musei Reali
L'astuta Pagella è in un momento di grazia. I Musei Reali già partono favoriti in quanto di competenza dello Stato, in una città dove i musei di competenza del Comune stanno come stanno per i motivi che ben sappiamo. Inoltre hanno messo il turbo con la riapertura dei Giardini reali e adesso della Cappella della Sindone. L'afflusso dei visitatori non soltanto ha irrobustito il bilancio, ma ha pure salvato la bella caffetteria interna che prima rischiava di chiudere per mancanza di clienti. La mostra di Van Dyck deve confermare il trend positivo dei Musei Reali, ma non solo: può anche segnare un punto importante a favore di Torino. Dire che abbiamo svoltato, dopo infinite sfighe.Non è così scontato, purtroppo. I direttori come Enrica Pagella e altri suoi valorosi colleghi ballano da soli e spesso gli levano anche la musica. I soldi sono sempre pochi e i danni inferti ora dalla supponente assenza, ora dalla nociva presenza della politica sono tanti e duraturi.
Basta bubbole, puntiamo al sodo
Al ciel piacendo le pregiudiziali vandeane contro "i rapporti privilegiati con operatori privati che portano a grandi mostre che non lasciano niente" sono finite in soffitta con altri tavanamenti ideologici, e pian piano i nostri musei - civici o statali che siano - tornano a una strategia espositiva che guarda, nei limiti del possibile e delle disponibilità finanziarie, anche alle aspettative di un pubblico il più ampio possibile. Eppure lo "straordinario successo" stenta ad arrivare.A questo punto mi sono fatto l'idea che - a parte la scarsità di mezzi - restino due problemi da risolvere. Il primo non dipende dai direttori dei musei, ed è l'andamento del turismo in città, che secondo gli ultimi dati che ho potuto vedere non mi sembra si sia ancora ripreso in pieno, dopo un paio d'annate grame. Meno turisti a Torino, meno visitatori nei musei di Torino. E' matematico.
Il secondo problema sta - ipotesi mia - nella promozione. Mi assicurano che si fa, ed è robusta. A occhio non mi pare che la città sia letteralmente tappezzata di manifesti, né dei Macchiaioli, né di Van Dyck, ma le mie impressioni non fanno statistica. Ciò che vorrei capire è la consistenza dell'investimento a livello nazionale. Mi dicono che per Van Dyck si faranno affissioni in tutte le città del Nord Ovest, in Lombardia e in Emilia. Non so quali siano i piani per la pubblicità in rete. Non so quale sarà l'impatto mediatico che si costruirà attorno all'evento. Per ora temo che i torinesi informati della grande mostra di Picasso che si apre domenica a Milano siano infinitamente più numerosi dei milanesi che sanno della mostra di Van Dyck che si apre oggi a Torino.
Gabo, ti confermo la tua impressione: la mia è stata uguale. Di ambedue le mostre ho saputo dal web; non ho "percepito" nessun manifesto in giro per Torino. Se ci sono, saranno piccoli e/o mal posti, in quanto pur girando abbastanza in auto per Torino non ne ho percepito manco uno.
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