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AL REGIO TUTTO VA BENE. L'OPERA UN PO' MENO

Ho visto finalmente il bilancio integrale 2018 del Regio. Lo trovate a questo link, come mi segnala il cortese ufficio stampa dell'Ente lirico. 
Dopo essermelo letto ben bene, mi sono fatto un'idea stravagante: il bilancio 2018 del Regio descrive un teatro d'opera dove tutto va bene, o almeno meglio. Tutto, tranne l'opera.
Ma andiamo con ordine.

L'obiettivo strategico

Com'è noto, al di là delle traversie gestionali e finanziarie che il Teatro ha dovuto affrontare - e che non sono ancora del tutto superate - l'obiettivo strategico è di ottenere il sospirato riconoscimento della “Forma Organizzativa Speciale”, istituto previsto dalla Legge per le Fondazioni lirico sinfoniche che dispongono dei seguenti requisiti: 
- specificità della Fondazione nella storia della cultura operistica e sinfonica italiana 
- rilevanza internazionale comprovata da un’attività all’estero continuativa e sistematica 
- ampia offerta culturale articolata e diversificata e caratterizzata dal ricorso sistematico a collaborazioni con altri soggetti pubblici e privati 
- equilibrio economico patrimoniale di bilancio ottenuto in almeno quattro esercizi consecutivi rispetto ai cinque esercizi precedenti l’istanza di riconoscimento. 
Per farcela, sta scritto nel bilancio, il Regio dovrà 
- aumentare la produttività del lavoro e delle strutture a disposizione
- arricchire l’offerta al pubblico in modo da intercettare, con un’adeguata attività di marketing, nuove fasce di fruitori delle attività proposte dal Teatro
- incrementare la redditività di ciascuna attività 
- valorizzare l’attività delle risorse umane coinvolte.
Il bilancio 2018 dovrebbe dirci se siamo sulla buona strada per raggiungere l'agognato riconoscimento che ci porterebbe indubbi benefici economici sotto forma di finanziamenti statali certi e generosi.

I risultati positivi: più spettacoli, più incassi

Me lo sono letto e studiato, il benedetto bilancio consuntivo 2018, per quanto me lo consentono le mie deboli forze, e sono giunto alla conclusione che i risultati positivi non mancano, anzi. Però restano alcune ombre che - combinazione - finora non mi sembra siano state evidenziate. Almeno, non ne ho trovato traccia sui giornali.
Per non dispiacere ai balenghi, e non passare per malpancista a oltranza, voglio prima ricordare i risultati positivi. Quelli, per intenderci, che hanno avuto larga eco sui mezzi di informazione.
E' stato molto enfatizzato l'aumento degli spettacoli di lirica e balletto (220, contro i 194 del 2017 e i 213 del 2016) e delle attività in genere: sommando anche quelle per le scuole, si arriva a un totale di 1715 manifestazioni nell'arco dell'anno, molte più delle 1528 del 2017. Però il dato complessivo resta inferiore sia al 2016 (1725), sia al 2015 (1776).
E i conti? Il bilancio 2018 chiude in pareggio. Per la precisione con un attivo di 3953 euro: erano 3196 euro nel 2017, 2595 nel 2016. 
Il "valore della produzione totale" (in pratica, le entrate) è 37.157.737 euro, di cui 6.370.383 dalla vendita di abbonamenti e biglietti e 21.930.662 di contributi pubblici, in calo per via del drastico taglio del Fus. Nel 2017 le entrate erano maggiori (37.526.702) ma erano entrati più soldi pubblici (22.619.021) mentre si era incassato quasi mezzo milione in meno alla biglietteria (5.873.203). A dire il vero quest'anno i vertici del Regio speravano di guadagnare ancora di più ai botteghini (difatti rispetto al bilancio preventivo mancano a consuntivo 121 mila euro) ma è pur sempre meglio che niente.
Il successo al botteghino è conseguenza - scrivono gli estensori del bilancio - della decisione di Graziosi di "modificare alcune scelte artistiche impostate in anni precedenti e sostituire titoli poco frequentati (dal pubblico, sintende: tipo "Siberia", NdG) con spettacoli di maggior richiamo (per il pubblico, s'intende: tipo "Traviata", NdG). Quanto sopra non soltanto per ottenere un maggiore riscontro nei ricavi, ma soprattutto per contenere i costi di gestione e ottenere il necessario equilibrio fra ricavi e costi direttamente imputabili agli spettacoli". E difatti anche i costi calano: erano 39.514.519 nel 2016, già precipitati a 36.884.215 euro nel 2017, e nel 2018 sono scesi ancora a 36.565.970. Da notare il robusto taglio (-769 mila euro) alla spesa per gli artisti e compagnie ospiti, rispetto ai circa 6,7 milioni indicati nel bilancio preventivo del 2018. Alla fine, lo scorso anno i costi artistici hanno sfiorato i 6 milioni; comunque di più rispetto ai 5,7 milioni del 2017.

Aumentano gli spettatori: ma non quelli dell'opera

Resterebbe aperta la questione del valore artistico della stagione, da più parti contestata: ma gli estensori di bilanci non sono critici musicali, e si attengono ai numeri. Numeri che ci certificano l'aumento degli spettatori paganti (165.722) rispetto non soltanto al pessimo 2017 quando si inabissarono a 154.715, ma anche al "normale" 2016 (164.531). 
Ma attenzione, ecco la zona d'ombra. Il dato diffuso dai media di 165 mila spettatori paganti si riferisce agli spettatori di tutte le manifestazioni del Regio: compresi ciò anche gli spettacoli del Piccolo Regio, quelli per le scuole, i concerti sinfonici, e qualsiasi altra iniziativa a pagamento. Se prendiamo in considerazione soltanto gli spettatori paganti della sola stagione d'opera nella sala del Regio (96 rappresentazioni), le cose vanno un po' meno bene: i 116.801 paganti del 2018 per i 96 spettacoli della stagione d'opera sono più dei 110.283 del 2017, quando gli spettacoli furono 95, ma ben meno dei 126.903 del 2016, a fronte però di 104 spettacoli.
Quindi, riassumendo, nel 2018 abbiamo avuto in media 1216,6 spettatori per ogni singola recita d'opera: molti se confrontati con i 1160,8 del 2017 annus horribilis, ma meno dei 1220,2 del 2016. Certo, sono variazioni minime, e difatti l'indice d'occupazione della sala del Regio (1582 posti totali) in occasione degli spettacoli operistici resta pressoché stabile nei tre anni: era del 77%  nel 2016, è scesa al 76% nel 2017, è risalita al 77% nel 2018. Tra il 2018 e il 2016 c'è una differenza di nemmeno quattro spettatori per recita.
Che cosa mi rappresenta questo dato comparato? Dovrebbe dirmelo il sovrintendente Graziosi. Io, dal profondo della mia ignoranza, coltivo un piccolo dubbio: la svolta "pop" del Regio ha certo portato più spettatori al Regio; però non ha portato più spettatori all'opera. Semmai, a voler essere precisini, ne ha allontanti alcuni: quei "quasi quattro" per spettacolo che c'erano nel 2016 e nel 2018 non sono tornati. Temo peraltro che quei "quasi quattro" siano purtroppo irrecuperabili per via dell'implacabile legge dell'anagrafe, e del mancato ricambio generazionale. Indipendentemente dal cartellone, bello o brutto che sia.

Qualche numero facile


Leggere un bilancio è operazione complessa, occorrono competenze che non intendo arrogarmi: tuttavia l'esemplare bilancio del Regio ci fornisce alcuni strumenti interpretativi utili e di facile comprensione anche per noi profani: trattasi di indici, o indicatori di risultato, che consentono di farsi un'idea concreta dell'andazzo, anche se non si è laureati in Economia. 
Potete trovarli anche voi nel bilancio, da pagina 28 a pagina 36. Comunque, per vostra comodità, ve ne riassumo qui alcuni.

Indici economici

ROS (Return on sales) è il dato che analizza la gestione operativa dell’azienda e rappresenta l’incidenza percentuale del risultato operativo sul valore della produzione, cioè la capacità di coprire i costi della gestione caratteristica con i ricavi tipici dell’attività aziendale. Nel 2018 il reddito operativo lordo, pari al valore della produzione meno tutti i costi della produzione inclusi ammortamenti e svalutazioni, è pari all'1,61% del valore della produzione, valore inferiore rispetto all'1,72% dell’esercizio 2017 "a causa - spiegano gli estensori del bilancio - dei minori contributi pubblici conseguiti, del minor valore delle costruzioni interne e di un fatturato inferiore a causa della modesta entità economica delle tournée effettuate". Non spiegano però il motivo per cui è dannatamente inferiore anche al valore (2,06%) del 2016. 

Ricavi propri sul totale dei ricavi. Il dato, "particolarmente significativo in un ente non profit" mi assicurano gli estensori, certifica la capacità della Fondazione di conseguire ricavi propri di carattere istituzionale o commerciale diversi dai contributi pubblici. Nel 2018 si è toccato il 40,98%, contro il 39,73 del 2017 e il 39,61 del 2016. Gli estensori precisano che è una percentuale "fra le più alte nel confronto nazionale con le altre fondazioni liriche".
Costo per spettatore pagante: nel 2018 è stato di 219,39 euro, in calo rispetto ai 229,42 del 2017 e pure ai 227,92 del 2016. Il dato fa una media di tutti gli spettacoli, inclusi quelli al Piccolo Regio e i concerti. Lo stesso dato estrapolato per la sola attività di opera lirica - precisano gli estensori - "risulterebbe maggiore". Per rendere omogenei i dati del triennio e agevolare il confronto, i costi della produzione e il numero degli spettatori sono al netto delle tournée all’estero. 
Costi del personale su totale costi della produzione è l'indice che evidenzia la quota percentuale dei costi del personale dipendente sul totale dei costi di gestione. Nel 2018 è stato il 56,54%, in calo rispetto al 58,48% del 2017 poiché i costi del personale sono effettivamente diminuiti (così come il personale). Ma nel 2016 era andata molto meglio: 54,37%.
Costo medio dei dipendenti. Nel 2018 è sceso a 56.401,87 euro annui: era di 58.330,13 euro nel 2017 e di 50.086,50 nel 2016. Questo indice è in diminuzione rispetto all’anno precedente in relazione sia alla riduzione del costo complessivo del personale, sia del numero medio di dipendenti che oggi sono 367,02 "full time equivalent" (termine che in pratica significa calcolare ai fini statistici i part time come parti di un full time).

Indicatori di risultato non finanziari

Del tasso d'occupazione delle sale vi ho ampiamente parlato poco sopra. Vediamo piuttosto un altro dato interessante, quello che ci mostra i
Ricavi totali sul numero di dipendenti (quello che nelle aziende private si chiama "fatturato per dipendente"): si è scesi vertiginosamente dai 198.578 euro del 2016, ai 101.247 del 2017 e ai 100.212 nel 2018. Cifra, quest'ultima, "pari a 1,78 volte il costo medio di ciascun dipendente - precisano gli estensori. - Il dato è inferiore alle realtà aziendali commerciali, ma ancora sufficiente nel settore non profit. Il valore è all’incirca costante rispetto all’anno precedente". "All'incirca" non significa nulla: nel mondo della matematica, 100.212 è inferiore a 101.247, e significa che il singolo dipendente rende di meno. Anche qui, non chiedetemi il perché. Domandatelo a Graziosi.
Ricavi propri di carattere privatistico su numero dei dipendenti è un altro indicatore della produttività del personale: pone in evidenza i ricavi diversi dai contributi pubblici e li rapporta al numero dei dipendenti. Era 43.298 nel 2016, 40.405 nel 2017 e 41.488 nel 2018. Migliora rispetto al 2017, ma è lontano dai risultati del 2016.

Un vasto e ambizioso programma

Concludo riportando un passo della relazione di bilancio in cui si esprime liricamente il vasto e ambizioso programma che dovrebbe condurre il Regio ai luminosi orizzonti della Forma Organizzativa Speciale:
"Per attuare l’obiettivo strategico del riconoscimento della forma organizzativa speciale, occorre ridisegnare gli standard qualitativi e quantitativi della programmazione artistica privilegiando gli aspetti che favoriscano, attraverso l’attuazione del piano industriale di sviluppo, il superamento della criticità economico-finanziaria emersa negli ultimi anni, ritrovando ed eventualmente superando i livelli di eccellenza artistica e gestionale ottenuti in passato. Il piano si propone di identificare in un arco di tempo quinquennale tutte le possibili azioni per recuperare produttività, arricchire il sistema di offerta, portare in teatro nuovi pubblici, incrementare la redditività valorizzare le risorse umane e ottimizzare la struttura dei costi. Con tali azioni ci si propone di dare maggiore stabilità all’equilibrio economico raggiunto assicurando il conseguimento degli scopi istituzionali e l’elevata qualità della programmazione artistica. Si tratta perciò di applicare alla gestione criteri maggiormente aziendalistici con il fine di ridurre, in termini relativi, la dipendenza dai contributi pubblici alla gestione, attivando iniziative ispirate da logiche imprenditoriali.
Risulta poi fondamentale il piano degli investimenti approvato dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali sostenuto con un finanziamento ad hoc di 8,5 milioni di euro destinati all’efficientamento e al miglioramento delle tecnologie di palcoscenico strettamente da cui dipende strettamente connesse con la produzione degli spettacoli. Occorre inoltre che, oltre al già confermato pareggio economico, si risolvano al più presto le difficoltà rimaste irrisolte negli ultimi anni. Le soluzioni vanno trovate anche per mezzo di un efficace piano di marketing, media e fund raising che favorisca il massimo aumento del pubblico e l’interesse dei privati a finanziare la Fondazione sia attraverso erogazioni liberali sia attraverso contratti di sponsorizzazione. Queste operazioni comportano una diversa attenzione nella programmazione degli spettacoli che, pur restando compatibile con gli obiettivi di legge e statutari, deve tenere conto delle preferenze di sempre crescenti fasce di pubblico".
Che dire? No comment. Se volete, a questo link trovate alcuni dei progetti del sovrintendente; a quest'altro link, altre strategie ancora.

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