Il Parco d'Arte Vivente in via Giordano Bruno 47 |
Un museo dalla vita difficile
Nato nel 2008, su un'ex area industriale in via Giordano Bruno, da un'idea dell'artista torinese Piero Gilardi, il Pav, secondo la presentazione ufficiale, "comprende un sito espositivo all’aria aperta e un museo interattivo inteso quale luogo d’incontro e di esperienze di laboratorio rivolte al dialogo tra arte e natura, biotecnologie ed ecologia, tra pubblico e artisti". In concreto, però, è rimasto un'idea, una creatura fragile e ignorata dal grande pubblico. Molti torinesi ne ignorano semplicemente l'esistenza, altri lo credono una specie di parco poco frequentato. Il progetto si rifà a concetti come la land art, l'arte relazionale e la bioarte, piuttosto ostici per le masse, e anche - a dire il vero - per i normali amanti dell'arte contemporanea. Insomma, una cosa molto "di nicchia". E poco attrattiva, a giudicare dai numeri dei visitatori, in maggioranza studenti delle scuole.Insomma, la vita del Pav è sempre stata difficile, pur raccogliendo autorevoli riconoscimenti, e già l'anno scorso il suo futuro appariva quantomeno problematico. All'inizio del 2014 il museo aveva anche lanciato una petizione on line, chiedendo una nuova convenzione con il Comune. La petizione aveva raccolto 2663 firme, meno delle tremila richieste.
In Comune ad un certo momento s'era pensato di poter unificare il Pav con un altro grande malato del sistema museale torinese, A come Ambiente: ma non se n'è fatto nulla, forse perché si è capito che sommare due problemi non è di per sé una soluzione.
Adesso Braccialarghe vuole "ripensare" il Pav. Di solito, il verbo "ripensare" in queste situazioni suona un po' come la parola "fine".
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