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ESPOSITO SUL SALONE: IL GIUDICE MI CONVOCHI

Stefano Esposito, senatore torinese, sul Salone al Lingotto ha un'opinione sua
Sono le due e mezza del pomeriggio e bighellono fra le bancarelle di Portici di Carta in via Roma, quando all'altezza del Lux chi ti incontro? Stefano Esposito. Il senatore torinese del pd. Il crociato della Tav. L'uomo che Renzi spedito al Comune di Roma come badante di Marino. E che oggi, semidisoccupato - almeno come assessore romano - se ne va a spasso pure lui, con la famiglia, a godersi la bella giornata di sole.

Due premesse doverose

Prima di continuare vi devo due premesse, per onestà intellettuale e informazione del lettore.
La prima premessa: non sono amico di Stefano Esposito. Ci conosciamo, ovviamente, e quando capita conversiamo. Spesso non condivido le sue posizioni, a volte proprio non mi piacciono. Ma i nostri rapporti, benché superficiali, sono assai civili. Esposito per un giornalista è una fonte preziosa, seppur da maneggiare con prudenza. Esperto di ogni meandro della politica torinese, è parte in causa e quindi non può essere sempre un testimone imparziale: ma informato su molti fatti, sì, lo è senza alcun dubbio.
La seconda premessa: Stefano Esposito è molto amico di Giulio Muttoni. La loro amicizia è nota, non ne fanno mistero. Muttoni è consigliere delegato di Parcolimpico, società mista pubblico-privata (il Comune è socio di minoranza) che gestisce gli ex impianti di Torino 2006, tra cui il PalaAlpitour. Muttoni contesta la decisione di tenere il Salone del Libro al Lingotto in virtù del contratto con Gl Events (definito "capestro" dal direttore del Salone Ernesto Ferrero) stipulato senza bando pubblico. Parcolimpico aveva infatti offerto il PalaAlpitour come sede del Salone a un prezzo d'affitto molto inferiore. La faccenda ha fatto incazzare Muttoni. Molto.

Perché il Salone al Lingotto? Le risposte degli amministratori pubblici

Torniamo a noi. Dopo i convenevoli d'uso, domando a Esposito perché mai, a suo avviso, il Comune e la Regione siano da sempre tanto ostinati nel volere - costi quel che costi - che il Salone si faccia al Lingotto. La motivazione ufficiale è che a Torino non ci sono altri spazi adeguati.
"Vuoi sapere quello che mi dicono loro, o quello che penso io?", replica Esposito.
"Vabbé - faccio io - cominciamo con quello che ti dicono".
Esposito espone: "Chiamparino, Fassino, Braccialarghe e Parigi mi dicono tutti la stessa cosa. E cioé che hanno paura che quelli di Gl Events se ne vadano da Torino".
"L'ho sentito dire anch'io - assento. - E mi verrebbe da rispondergli ma che vadano".
"Appunto", conviene Esposito.
Seguono alcune considerazioni sull'inchiesta della magistratura. Entrambi concordiamo su un fatto: se il magistrato inquirente vuole sapere perché è stato firmato il famoso contratto con Gl Events, anziché domandarlo a quelli del Salone (Ferrero, Picchioni, Cogoli, Milella, e consiglieri e dipendenti vari e avanti il prossimo) potrebbe rivolgersi ai politici. Chiami Fassino e gli altri, e gli ponga la domanda delle cento pistole. Al limite risponderanno ciò che hanno risposto a noi, e cioé che hanno paura che i franciosi mollino Torino. Ma almeno la domanda sarà posta alle persone giuste.

Perché il Salone al Lingotto? L'opinione di Esposito

A questo punto faccio a Esposito: "Adesso dimmi quello che pensi tu".
"Io penso due cose: intanto sarebbe utile che l'inchiesta guardasse più indietro nel tempo, per ricostruire l'intero iter del Lingotto Fiere" dice Esposito.
"Ok, e la seconda?".
"La seconda - dice Esposito - è che io ho un'opinione mia sui motivi per cui Torino è così ferma nel volere il Salone al Lingotto".
"Molto bene. Vuoi dirmela, questa tua opinione? Io la scrivo".
"No, a te no. Però ti dico un'altra cosa da scrivere: se il magistrato inquirente ritiene utile per l'inchiesta conoscere la mia opinione in merito, mi convochi. Il mio numero ce l'ha, mi chiami quando vuole. Io non chiedo altro".
"Ok, io scrivo. Se ti convocano, fammelo sapere".

Le considerazioni del cretino

Ho riportato con la massima fedeltà il contenuto della conversazione. Conversazione simile ad altre mille e mille in città, a proposito del Salone. Con la differenza che uno degli interlocutori non è Pinotto l'amico del bar, bensì un senatore della Repubblica, un alto esponente del pd torinese, un uomo vicino al presidente del Consiglio. E magari anche un'alternativa a Fassino come candidato sindaco. 
Non credo che un politico scafato come Esposito acchiappi il primo cretino che incontra per strada e gli dica certe cose solo per bullarsi. I politici scafati non fanno nulla per caso. Hanno sempre i loro buoni motivi, anche (e soprattutto) se i cretini come me non li capiscono.
Aggiungo che Esposito in questo momento sembra molto desideroso di incontrare dei magistrati. In uno dei suoi ultimi tweet scrive, riferendosi alla situazione romana: "Negli uffici del Comune un sistema incancrenito. Ho un dossier per i pm".
Ad ogni modo, se io fossi un giudice sarei curioso di sentire che cos'ha da dirmi Esposito.
Ma io se fossi un giudice, allora Mick Jagger sarebbe il Papa.

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