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UN JAZZ FESTIVAL DIVERSO: LI CALZI CI CREDE

Giorgio Li Calzi è il nuovo direttore del festival jazz
Posso dire? Mi commuove l'entusiasmo di Giorgio Li Calzi.
Giorgio è un musicista che ammiro, nonché un'ottima persona. Quando ho saputo che, senza ricorrere a un bando, il Comune l'ha ingaggiato come direttore artistico della prossima edizione del Jazz Festival, che manco so se ancora si chiamerà Narrazioni Jazz (spero di no, quel titolo è la quintessenza del vorrei ma non posso...), beh, quando ho saputo che s'era preso 'sta gatta da pelare, ho provato nei suoi confronti un afflato di umana solidarietà. Ho rivisto nella memoria la scena finale di "Butch Cassidy", quando Butch-Paul Newman e Sundace Kid-Robert Redford, assediati nella capanna dai gendarmi boliviani, escono sparando e il regista non ci dice se ce la faranno o li ammazzeranno sul posto. Tutto induce a pensare che li ammazzeranno: però lo spettatore spera che no.
Giorgio Li Calzi ti fa sperare che no, non resterà impallinato nell'improba impresa. Trasuda positività. Leggete che cos'ha scritto subito dopo aver ricevuto l'incarico sulla sua pagina Facebook: "Ringrazio l'Assessora Francesca Leon e la Città di Torino per la fiducia che ha riposto in me nella direzione del Torino Jazz Festival.
Ringrazio Stefano Zenni e Furio Di Castri per il lavoro fatto in questi anni: le cose non si creano mai dal nulla.
In questo lavoro di struttura del TJF, sarò aiutato da Diego Borotti, musicista come me, e come me organizzatore di eventi destinati a un pubblico che ama la musica, nel rispetto del territorio che ospita l'evento.
Mi sono subito chiesto che cosa potrò fare per il pubblico e per chi lavora tutto l'anno con la musica legata al jazz.
A dispetto di quanto affermato da un ministro qualche anno fa, voglio immaginare che un lavoratore legato a cultura e creatività possa vivere di musica ed essere punto di partenza per creare una condizione in cui pubblico e operatori possano trarne beneficio.
Questo è il pensiero di tutti i musicisti, di chi studia musica, di chi gestisce un jazz club, e specialmente di tutti quelli che amano ascoltare musica.
L'intento del Torino Jazz Festival sarà quindi favorire l'internazionalizzazione culturale e turistica della città con un programma di concerti di importanti artisti del jazz, ma anche incontrare e ascoltare il territorio (jazzisti, scuole e club), sicuramente uno dei principali motori del festival, a cui chiederemo idee e a cui faremo proposte, ad esempio quella di creare produzioni originali.
Il Torino Jazz Festival sarà ad aprile 2018 (quasi sicuramente tra il 26 e il 30) ed è mia intenzione fissare anche concerti tra ottobre 2018 e febbraio 2019, sempre per lo stesso motivo per cui ci piace ascoltare musica non solo 5 giorni all'anno.
Solo quando, a fine concerto, il pubblico è felice quanto il musicista, l'obiettivo è raggiunto"
.
Bellissime parole. In concreto però fatico a capire in che cosa potrebbe differenziarsi il Festival di Giorgio Li Calzi rispetto a quelli di Zenni. Nella "internazionalizzazione culturale e turistica della città con un programma di concerti di importanti artisti del jazz"? Presumo che, in concreto, significhi portare a Torino i grandi nomi, soprattutto gli americani. Lo ha fatto anche Zenni, penando le pene dell'inferno a causa del periodo scelto per il Festival, la fine di aprile. Al tempo, l'assessore Braccialarghe sperava così di "incentivare il turismo" nel ponte del 25 aprile-Primo maggio: purtroppo, a parte che il jazz non mi è mai sembrata quella straordinaria attrattiva turistica che immaginava Braccia, succede che i jazzisti americani vengono in tour in Europa d'estate, e quindi farli spostare ad aprile soltanto per suonare a Torino significa sobbarcarsi una caterva di spese extra.

Quanto a "incontrare e ascoltare il territorio (jazzisti, scuole e club), sicuramente uno dei principali motori del festival, a cui chiederemo idee e a cui faremo proposte, ad esempio quella di creare produzioni originali", mi pare proprio che qualcosa di analogo fosse stato fatto con la sezione Fringe del Tjf, quella diretta da Furio Di Castri che, guarda caso, scacciata da Narrazioni Jazz si è trasferita a Firenze dove ha riscosso un notevole successo. L'abile "Assessora Leon" l'anno scorso ha pensato bene di rimpiazzare Fringe con uno strampalato bando rivolto per l'appunto a scuole, associazioni e club, che ha dato vita alla manifestazione collaterale intitolata "Jazz per la Città". Non dev'essere riuscita una gran figata, visto che adesso cambiano di nuovo. 
Richiamo, come promemoria, le dichiarazioni (registrate) rese in Commissione cultura dalla Leon il 22 giugno scorso riferendo sugli esiti di Narrazioni Jazz e Jazz per la Città: "Stiamo terminando di raccogliere i dati... poi porteremo a conoscenza della commissione... quanto prima... abbiamo raccolto tutte le informazioni... analizzate da parte dei nostri uffici... stiamo raccogliendo le opinioni degli organizzatori... Dal nostro punto di vista... i famosi dieci progetti... sono stati molto frequentati... tutta un'altra modalità organizzativa... e modalità di coinvolgimento... degli operatori e dei fruitori,.. ci riserviamo di confrontarci con chi fa jazz in città... questo è l'elemento per noi... eeeehhh... fondamentale...".
Va da sé che di quella "raccolta di dati" non si è saputo più nulla. Però, dal loro punto di vista "sono stati molto frequentati". Siamo passati dal ROI (ovvero le ricadute economiche della manifestazione scientificamente calcolate) ai punti di vista.
Punto di vista per punto di vista, vi dico anche il mio. Se fossi al posto di Giorgio Li Calzi me la darei a gambe. Ma io sono una brutta persona, Giorgio no.Giorgio è un entusiasta e un appassionato. Si confronta con i suoi colleghi: al progetto, dice, "stanno lavorando musicisti che conoscono molto bene ogni problematica di tipo musicale, e le stanno mettendo sul piatto".
 
Li Calzi con i musicisti torinesi ha rapporti di stima e collaborazione: ricordo, fra i tanti, il suo progetto "Italiani" con Johnson Righeira; ma ha pure condiviso il palcoscenico con l'attore Massimo Giovara, oggi consigliere comunale del M5S e ormai assessore-ombra alla cultura (qui una loro bella esibizione del 2012 al Cap 10100).
Giorgio vanta un'esperienza come direttore di Chamoisic, delizioso festivalino che da anni organizza a Chamois, suggestivo paese valdostano con 99 residenti e un turismo sostenibile. A Torino, però, dovrà gestire un budget che s'aggirerà, come per la prima edizione di Narrazioni Jazz, sui 550 mila euro, più le spese di comunicazione a carico del Comune. E' una cifra bastarda: poco per un festival che spacchi davvero a livello nazionale e magari internazionale; ma tanto - anche troppo - per un festival di ambito locale. Lì dovranno brillare le capacità progettuali di Giorgio Li Calzi.
Quanto ad "ascoltare il territorio", mi domando che cosa succederà in concreto: per scegliere i musicisti faranno un bando come l'anno scorso? Il direttore Li Calzi farà il direttore e deciderà secondo scienza e coscienza chi inserire in cartellone? Oppure il cast artistico sarà frutto di assemblee partecipate? Di approfonditi dibattiti? Di estrazioni a sorte?
Tutto ciò può apparire scoraggiante. Ma non spaventa il generoso Li Calzi, che punta a fare un festival di qualità che renda felici il pubblico e i musicisti.
Io gli auguro ogni fortuna e ogni successo. Ne avrà un dannatissimo bisogno.

Commenti

  1. Visto che hanno ammazzato il festival di musica classica di Piazza San Carlo, non capisco perché non spostino le date a fine giugno, se è quello il problema delle trasferte.

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