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SIGNORA MIA, HA VISTO CHE ROBA IN PIAZZA MONTALE?

Non hanno il pane? E allora mangino le brioches
 (Maria Antonietta)
Signora mia, ma ha visto cos'hanno fatto quei brutaloni delle Vallette alle nostre belle Luci d'Artista? Davvero, signora mia, è una vergogna: noi ci diamo da fare, gli portiamo la cultura nel loro povero quartiere, gli adorniamo la piazza con quei m-e-r-a-v-i-g-l-i-o-s-i coni gelati della brava Vanessa Safavi, sa, quei bei coni luminosi che una volta mettevano nelle piazze del centro; e noi invece li portiamo in periferia, perché dobbiamo riqualificarle, le periferie, signora mia: e non c'è nulla di più sublime ed efficace, per riqualificare le periferie, che il fascino eterno dell'arte... E quelli niente, non si sentono riqualificati, chissà mai perché; e il fascino eterno dell'arte non li commuove, quei brutaloni, e ci prendono a sassate le nostre belle Luci, si figuri, signora mia, ce ne hanno distrutte dieci su diciotto, sono proprio brutti e cattivi, non capiscono il nostro sforzo, proprio non vogliono capire...
Io, invece, sospetto che quelle che non vogliono capire sono 'ste dame patronesse che hanno come riferimento culturale il libro Cuore traboccante di madame della borghesia torinese che accompagnano i figlioletti vestiti alla marinara a visitare gli orfanelli, e di poveri buoni umili e riconoscenti per la carità delle sullodate madame - tutti buoni umili e riconoscenti tranne quella canaglia di Franti.
Notizia per le dame patronesse: non ci sono più i poveri di una volta. E chi sta nella merda se ne fotte dell'arte contemporanea.
Ovvero: chi non ha la casa, chi fatica ad arrivare alla fine del mese, chi abita in un quartiere disagiato, chi ha un presente difficile e un futuro incerto, chi non ha un lavoro, chi non ha opportunità, in una parola chi vive male, e non si sente appagato e contento e riscattato, se gli accendi quattro Luci d'Artista sotto casa (ammesso che ce l'abbia, una casa).
Non è difficile da capire. Ma poiché le dame patronesse non sempre ci pensano, glielo hanno pure detto in faccia, quando le care signore sono piombate al teatro Caos - nomen omen - frizzanti e trillanti a magnificare l'avvento delle Luci d'Artista in piazza Montale, segno indiscutibile che la Grande Riqualificazione è in marcia: mentre le dame patronesse ciarlavano di riscatto delle periferie, quelli delle periferie sono arrivati con gli striscioni e i megafoni, a urlare la rabbia e il disagio.
Le dame patronesse, quel giorno, hanno reagito come sempre reagiscono le dame patronesse quando non vengono sommerse di applausi e di baci: un po' si sono spaventate, quindi hanno dato udienza ai postulanti e hanno promesso che vedranno e faranno e provvederanno, e finalmente si sono infilate nell'auto di servizio e via, verso nuove periferie da riqualificare.
In piazza Montale sono rimasti i luminosi coni gelati di Vanessa Safavi; e i problemi di sempre. Compresi i soliti disperati che - come ci rivela adesso l'addolorato presidente della Circoscrizione - "si lasciano andare ad atti di teppismo continui". Ma dai? E chi lo avrebbe mai immaginato? Con tutte le belle e stimolanti cose che uno potrebbe fare in piazza Montale? Ommimì, signora mia, cosa ci tocca di sentire!
Sicché i giovinastri hanno rotto a sassate le Luci d'Artista.
Io spero proprio che le dame patronesse non caschino un'altra volta dal pero. Ci sono quartieri in questa città (e mi vien da dire tutti...), dove non si salvano dalle vandalizzazioni nemmeno i giochi per i bambini, figurarsi le Luci d'Artista. Sono i quartieri ai quali le dame patronesse hanno promesso riscatto, redenzione, rigenerazione. Riqualificazione. Magica parola.
Non mi azzardo a dire come ciò sarà possibile, quali strumenti e quali investimenti siano necessari: loro, non certo io, hanno fatto il diavolo a quattro per governare. E allora governino. Risolvano. Riqualifichino. 
Ma la distruzione delle Luci d'Artista in piazza Montale conferma ciò che era già ben chiaro anche a un'ostrica: un quartiere non si riqualifica deportandoci dall'oggi al domani la Kultura e abbandonandola lì, come un marinaio ribelle su un'isola deserta, nella falsa convinzione deamicisiana che il suo benefico influsso sani le ferite e riempia le pance.
No, care le mie dame patronesse, la vita vera non è quella dei libri che vi facevano leggere le buone nannies e i santi padri salesiani.
Nella vita vera ogni vittoria richiede tempo, fatica, intelligenza, visione. E mezzi. Se vuoi migliorare la vita delle periferie - e chi non lo vuole? - non cominci dalle Luci d'Artista: prima garantisci sicurezza, pulizia, servizi, prospettive, opportunità a chi ne è privo. Un concerto d'archi non salva il mondo. Due vigili urbani in più magari salvano una panchina dai vandali. Un assistente sociale in più magari salva una famiglia.
E' un vasto e ambizioso programma, lo so. Ma non ci sono scorciatoie. Le Luci d'Artista in piazza non possono essere le fondamenta di un progetto. Semmai il coronamento. Oppure puoi decidere che devono essere un segnale, un avamposto, un annuncio di qualcosa che arriverà: ma allora lo proteggi, il tuo segnale, e metti almeno una telecamera, meglio ancora una vigilanza, così già che ci sei tuteli la piazza e scoraggi i vandali e quello sì che sarebbe un buon punto di partenza.
Insomma: smettetela di stupirvi di ciò che è logico. Mettere le Luci d'Artista in zone di cui forse avete perso il controllo è inutile se non lavorate perché quelle zone siano restituite ai cittadini, e perché ogni cittadino sia messo in condizione di condurre un'esistenza dignitosa e di non tirare sassi alle opere d'arte. Nemmeno a quelle brutte. 
Perché voglio farvi una confessione, care le mie dame patronesse: a me, quell'installazione della Safavi fa cagare. La trovo di rara bruttezza. Sembra l'insegna di una gelateria. Inguardabile quando esordì in piazza Bodoni, resta inguardabile ovunque. Ma non per questo la distruggo a sassate.
Non la distruggo a sassate perché sono un ragazzo fortunato. Sono nato nella famiglia giusta e la vita mi ha trattato bene. Ho studiato e ho frequentato persone ammodo e quindi so comportarmi, e non tiro i sassi. Nemmeno alle brutte Luci d'Artista.
Ma se mi fosse toccata un'esistenza diversa, un vicolo cieco di frustrazioni e disagi, chissà. Forse oggi sarei uno che tira i sassi alle Luci d'Artista. E sfancula le dame patronesse.

Bonus track 1 - Il commento di Appendino su Fb

Un'ora fa Chiara Appendino ha così commentato il fattaccio sulla sua pagina Facebook:
Sono state prese a sassate le Luci d’Artista che avevamo montato in piazza Montale, alle Vallette.
Rotte in buona parte.
Da che era stato portato avanti un tentativo - seppur simbolico - di ridare luce e colore a quella piazza, ci siamo svegliati stamattina con uno spettacolo, se possibile, ancor più desolante del precedente. Danno e beffa nei confronti di tutti cittadini, ancor prima che dell’Amministrazione.
Quando abbiamo scelto di riportare cultura e bellezza nelle periferie attraverso l’installazione delle Luci d’Artista lo abbiamo fatto con un intento ben preciso: dimostrare che Torino è UNA grande città, dove non ci sono zone di serie B, dove l’arte, la cultura e la bellezza sono un diritto di tutte e tutti.
Questa è la posizione mia e di tutta l’Amministrazione.
L’elitarismo di chi vede la cultura come appannaggio di pochi, le linee di confine sociali e i malcelati distinguo non ci appartengono e non ci apparterranno mai.
Stamattina ho parlato con l’Assessora alla cultura, Francesca Paola Leon e abbiamo deciso che non solo quelle luci verranno ripristinate, ma che in quella piazza la Città di Torino sarà ancora più presente, con iniziative feste, giochi e molta più luce.
Lo faremo finché avremo le risorse per farlo.
Lo faremo perché quella piazza continuerà ad essere di tutte le cittadine e di tutti i cittadini che hanno capito che i beni comuni sono da coltivare e difendere, non da vandalizzare.

Bonus track 2 - Beatrice commenta, Giovara si sdegna

Sempre su Facebook, il critico d'arte e presidente del Circolo dei Lettori Luca Beatrice ha pubblicato un puntuto commento:
Ci sarebbe davvero da discuterne seriamente. Le #lucidartista vandalizzate e distrutte alle Vallette. Per decenni sono state rispettate e amate dai torinesi. Ora a qualcuno per puro spirito demagogico è venuto in mente di portarle in periferia. Ci sono luoghi dove la bellezza e la cultura non arrivano; vanno lasciati al loro triste destino.
Ciò ha provocato l'ancor più puntuta reazione del consigliere comunale cinquestelle Massimo Giovara - ormai in cuor suo investito del ruolo di assessore alla Cultura ombra - il quale ne approfitta per esigere le dimissioni di Beatrice dalla presidenza del Circolo. Sempre a mezzo Facebook, ovviamente:
In effetti ci sarebbe da discuterne seriamente. E noi ne discutiamo. E Seriamente.
In seguito alla vandalizzazione delle luci d’artista alle Vallette, Il presidente del Circolo Dei Lettori, che, ricordiamo è una struttura finanziata in gran parte da soldi dei cittadini, e quindi anche dagli abitanti delle Vallette, afferma ”ci sono luoghi dove la cultura e la bellezza non arrivano, vanno lasciati al loro triste destino”.
Questa affermazione da bar, già intollerabile da un cittadino qualunque, fatta dal Presidente di una struttura pubblica che è lì grazie a tutti noi indica chiaramente la sua inadeguatezza ad un compito di piena diffusione della cultura. Crediamo che le sue dimissioni siano un atto dovuto.

Segue canaio infinito, con i grillini che per andare in culo al Chiampa (il Circolo dei Lettori è un'emanazione della Regione) chiedono a gran voce le dimissioni di Beatrice.Vabbé. Sulle dimissioni si vedrà: ogni giorno ha la sua pena, e la sua dimissione. Piuttosto, noto che Giovara nel suo post usa il plurale "ne discutiamo", "crediamo". Mi sembra un dato significativo per capire come si sta riconfigurando il potere nel governo della città. Potrei sbagliare, ma secondo me ci aspettano mesi interessanti.

Commenti

  1. Cosa dicevano i Truzzi? ...Ti ho visto in piazza!
    https://youtu.be/Q4kwh1IUcKY

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  2. Culture and art can be introduced in different ways. Instead of "ice-cream cones" why not to try and organize some exhibitions in that area, showing the city that even sad and complicated districts have some talents. Surely, setting up an exhibition space will cost less than re-building the damaged lights. And people of the area will appreciate much more the artistic works of those who live next to them, than fabulous creation of Safavi...But try to get a cent for such an initiative from the city authorities...Good luck with that...

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  3. "Luca" conferma tutti i propri limiti.
    Evidentemente chi scrive per il Giornale ha il concetto di colpa collettiva inciso nel DNA. Una colpa eterna per cui non c'è redenzione possibile: 20 fessi tirano sassate? Tutto un quartiere è colpevole, complice, brutto, sporco e cattivo. Nessuno escluso, colpevoli per quello che sono e non per quello che fanno.
    L'idea che i cittadini torinesi delle Vallette abbiano contribuito a pagare con le proprie tasse quelle luci e tanti stipendi del "sistema arte di Torino" non sfiora l'augusto critico ovviamente.
    È un loro dovere, poffarbacco, dovrebbero essere grati.
    Quello di "Luca" non è neanche il ridicolo paternalismo ottocentesco del sindaco in carica verso verso i meno fortunati, descritto così bene da Ferraris.
    Quello dell'augusto critico - mia personale opinione - è proprio odio di classe: un odio assolutamente figlio della modernità che stiamo vivendo e che non ha più paura di nascondersi.

    PS Chi ricorda il Progetto Nuovi Committenti? Installazione d'arte progettata con i ragazzi di Mirafiori: mai toccata. Altri tempi, altre giunte. Meno odio.

    Solo la mia personale opinione, my 2 cents.

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  4. Tutto prevedibile anche perché in realtà non si è portata in periferia alcuna esperienza artistica o culturale. Un pitale può essere arte, ma solo quando viene esposto in un museo. Se lo si mette ad un angolo di una strada, sarà percepito unicamente come un pitale, e qualche monello potrà pure pensare di tirargli qualche sassata...
    I vandali hanno tirato i sassi alle luci "d'artista" nello stesso modo che l'avrebbero tirati a qualunque luminaria comprata in un negozio cinese, tutto sommato dicendoci, come il bambino libero dalle convenzioni della favola, che il re era nudo.

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