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UNA MISSIONE PER LA CAPITANA CHIARABELLA

Volevo una missione: e a espiazione dei miei peccati me ne assegnarono una (Capitano Willard, "Apocalypse Now")

Avevo già sbaraccato, valigia pronta, destinazione la casa sulla scogliera, e basta blog, almeno per qualche giorno. Non che mancassero le notizie, e non solo quelle cattive che non mancano mai. C'era persino un sacco di notizie buone, dalla legge regionale sulla cultura finalmente in dirittura d'arrivo al nuovo disco dei Subsonica; ma insomma, quando stacco, stacco. Altrimenti è peggio che lavorare.
Poi mi cade l'occhio su una notizietta, ed era talmente buffa che non mi sono tenuto. Così ho mandato al Corriere il commento che trovate sul giornale di oggi; e poi ho continuato a rimuginare. Non tanto sulla notizia buffa, una classica gag da commedia degli equivoci; ho continuato a rimuginarci perché, al di là della farsa, in quella notizia buffa vedo delle potenzialità. 
Dunque: leggo che Chiarabella medita di candidare Torino a "Capitale italiana delle cultura 2021", con lo scopo dichiarato di "rilanciare la città". L'equivoco mi sembra evidente, e giustappunto lo spiego nell'articolo sul CorriereIn sostanza, "Capitale italiana della cultura" è un titolo che frutta pochi soldi e scarsa visibilità. In genere viene assegnato a piccole città con una vocazione culturale, tipo Ravenna, Mantova, Pistoia: per il 2018 ci aveva provato anche Settimo Torinese, arrivando a sfiorare il successo. Ma non mi risulta che l'investitura produca "rilanci" significativi.

Che cos'è la Capitale europea della cultura

Il rilancio, gli investimenti importanti, il richiamo internazionale - scrivo sul Corriere - premiano invece la città che diventa "Capitale europea della cultura". Guardate cosa sta succedendo a Matera, che si sta giocando alla grandissima la carta di Capitale europea della cultura 2019: le presenze turistiche dal 2010 al 2017 sono aumentate del 176%.
Certo, diventare "Capitale europea" non è uno scherzetto per dilettanti, richiede investimenti, competenze, e un impegno grande, complesso, impegnativo: considerate che il dossier della candidatura di Matera 2019 fu presentato nel 2013, dopo un lungo e serio lavoro preparatorio. Ricordo bene che pure Torino ci aveva fatto un mezzo pensiero, subito neghittosamente rientrato: a quel tempo si celebravano i fasti di Italia 150, iniziava la parabola discendente della città ma nessuno sembrava rendersene conto, e così, da astuti volponi, i capataz dell'epoca pensarono male di lasciar perdere.
Ad ogni modo, al momento la questione non è di stretta attualità. Tutti i Paesi dell'Ue esprimono la "Capitale", a rotazione: dopo Matera 2019 il prossimo turno dell'Italia sarà nel 2033. Ammesso che nel 2033 l'Italia sia ancora nell'Ue, e che esista ancora l'Ue.

Europea, italiana... Ecchessaramai

Ma torniamo alla gag della "Capitale italiana della cultura". In base alle ricostruzioni giornalistiche dev'essere andata così: Chiarabella scende a Roma e incontra un po' di ministri, compreso il nuovo titolare della Cultura, un certo Bonisoli del quale non so nulla se non che ha un social manager che scambia MiTo per un festival sulla mitologia (lo chiama #FestivalDelMiTo, come si nota nella figura qui a fianco). Com'è come non è, i giornali raccontano che Chiarabella avrebbe esposto al ministro la simpatica idea della "Capitale della cultura", ottenendone approvazione e incoraggiamento. Nessuno si premura di distinguere fra capitale "italiana" ed "europea". Non so neppure se i due abbiano ben chiara la differenza. Ma si parla di 2021, quindi di quella italiana si tratta. Una scorreggina nell'universo, a dirsela brutalmente.

Ma proviamo a guardare oltre la gag

Questione chiusa, dunque? Un'altra boutade per far scrivere i giornali? Un pannicello caldo per lenire la ferita olimpica?
Forse sì. O forse no. Forse, oltre la gag, c'è di più. Basta rifletterci.
Sapete che io credo nella serendipity, nel buscar el levante por el poniente. nel progetto sbagliato che porta al risultato giusto. 
E vi spiego. 
Stanotte ci pensavo. Stai a vedere, mi son detto, che l'equivoco buffo è in realtà un messaggio che ci manda il destino. Senza ancora essersene accorta, la capitana Chiarabella ha trovato la missione che - moderno capitano Willard nel nostro Vietnam quotidiano - andava cercando a tentoni per dare finalmente a Torino un obiettivo: quella speranza di futuro che non verrà dall'ormai improbabilissima candidatura olimpica.Chiarabella potrebbe davvero lanciare la candidatura di Torino a Capitale europea delle cultura 2033. Non gliene verrebbe alcun male - viste le tempistiche, non sarà lei a occuparsene concretamente - ma la sola idea tonificherebbe il morale di una città ammosciata e tristanzuola.

Darsi un obiettivo è inventarsi un futuro

Secondo me Chiarabella deve provarci. Lo so, lo so, il 2033 è lontanissimo, e di sicuro candidare Torino non porterà a questa giunta nessun vantaggio immediato. Devono fare uno sforzo, si es possible: pensare da statisti e non da politici. La città non può continuare a ciondolare senza una meta, senza un'ambizione, like a rolling stone.
Non dico per me, le mie probabilità di essere presente nel 2033 sono assai ridotte. Dico per Torino. Che cos'ha Torino meno di Genova, che fu Capitale europea della cultura nel 2004? Cos'ha meno di Liverpool, di Riga, di Marsiglia, di Breslavia? Non pretendo che si parta in tromba domani mattina. Quindici anni sono una vita. Però ragionarci su, guardarci in faccia e dirci che si può fare, servirebbe se non altro a ritrovarci, a inventarci un futuro. Le Olimpiadi no? Va bene, era un obiettivo troppo divisivo; va bene, lorsignori ci tengono ai loro principi e li rispetto; va bene, la politica politicante ha le sue liturgie; va bene, le possibilità di farcela erano comunque minime. Però, eccheccazzo, un sogno vorrete darcelo? O dobbiamo morire così,  come tante merde al sole? Bullandoci di strappare a chi è più piccolo di noi premietti da sagra di paese come la "Capitale italiana della cultura"? 
Tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali.

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