Jean Jouvenet (1644-1717): "Il trionfo della Giustizia" |
Chiarabella ha sempre sostenuto di non saperne nulla, di non aver avuto nessun ruolo nell'affidamento di quella consulenza, e che i suoi l'avevano sempre tenuta all'oscuro. Per dimostrarlo ha esibito ai magistrati una chat del 5 maggio 2018, fortunatamente conservata sul suo telefonino, dalla quale risultava che la notizia della consulenza l’aveva sorpresa e fatta arrabbiare: "La cosa grave di questa storia è che io non ne sapessi nulla. E soprattutto che tutti sapessero che io ero contraria", chattava la nostra. Vien fatto di domandarsi come sia possibile essere contrari a ciò che non si sa: ma non sottilizziamo, de minimis non curat praetor.
Mi rallegro con la scagionata, che può così dichiarare: "L'archiviazione conferma la mia estraneità ai fatti. Ho sempre offerto massima collaborazione e piena disponibilità agli inquirenti, convinta che la verità, prima o poi, sarebbe emersa".
Magnifico. Torna la felicità in paese.
Mi corre tuttavia l'obbligo di ricordare ancora una volta quanto scrivevo sul blog il 21 maggio 2017, a Salone ancora in corso: "Il rischio è che, superata l'emergenza, ciascuno vada per la sua strada, inseguendo i suoi piccoli commerci bottegai. A cominciare dalla distribuzione degli strapuntini agli amichetti della parrocchietta. Mi risulta già almeno un tentativo ad opera, oltretutto, di quelli che certe cose per principio non le fanno. L'operazione è stata elegantemente stoppata dalla Fondazione per il Libro".
In realtà la confidenza che avevo raccolto era più circostanziata, e riguardava un tentativo "esterno" di imporre l'assunzione di "qualcuno" al Salone del Libro: tentativo che dal Salone avevano deviato in corner. Magari - ipotizzo io - con il contentino di una consulenza, considerata forse il minore dei mali.
Mi limitai al mio dovere di cronista, riferendo i fatti che avevo appreso, senza far nomi. Sicuro però che in Comune chi aveva i mezzi e il dovere di vederci chiaro avrebbe approfondito la vicenda. Non accadde nulla.
Ma queste sono chiacchiere, e le chiacchiere stanno a zero. I magistrati hanno appurato i fatti e deciso secondo giustizia. Chiarabella non ne sapeva niente.
Guardate che non sono un detective molto abile: ciò che sapevo io lo sapevano praticamente tutti, al Salone. Meno lei.
Mezza città spettegolava su Pasquaretta e il suo "incarico", ma quando lei si avvicinava quei maledetti marrani cambiavano discorso.
C'erano funzionari civici che redigevano i documenti per la consulenza, stretti collaboratori dall'occhio sempre vigile, assessori che bazzicavano il Salone, eppure Chiarabella - acuta osservatrice della realtà - non subodorava nulla.
La tenevano all'oscuro, i cattivoni.
E sapete una cosa? Io le credo. Non sto scherzando. Le credo davvero. Le credo perché è ormai assodato che a Chiarabella gliela fanno sotto il naso come e quando vogliono. Lei vive nel suo mondo di panna montata mentre gli infìdi collaboratori che lei stessa s'è scelta ne combinano di cotte e di crude. In quattro anni e pussa, da piazza San Carlo al Regio, un giulebbe di danni provocati da loschi felloni che la sventurata si è messa in casa. Le serpi in seno.
E' la solitudine del potere, storia vecchia: tu stai sul trono, e i malignazzi ti fanno le sghergne appena non guardi.
Sì, io credo a Chiarabella. Ma cosa pretendete da lei, povera anima? Che sappia e veda tutto? Che diriga, sorvegli e controlli? Per chi l'avete presa? Per un vigile? O per un sindaco?
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