Nicola Ricciardi dalle Ogr a MiArt |
Felice per lui, dispaciuto per noi. Ricciardi alle Ogr ha lavorato bene, e soprattutto ha saputo creare - senza tante chiacchiere, ma nei fatti, con le idee - collaborazioni virtuose con le superstiti realtà creative della città, e sinergie locali e internazionali. Sinergie vere, non ciance buone per mascherare il vuoto pneumatico dei troppi parolai che ci affliggono.
Non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti, e molto resta da fare. Ma resto della stessa opinione che espressi in un articolo sul Corriere due anni fa: "Le Ogr - scrivevo allora - hanno il privilegio di non dover sottostare a direttive politiche; e, entro certi limiti, neppure all’urgenza del riscontro economico. Sono un’impresa culturale che cerca la sua identità, e il suo pubblico; e quell’identità e quel pubblico se li dovrà costruire negli anni. Non esistono formule istantanee. Entrare nelle abitudini e nell’immaginazione della gente è un processo lento, progressivo, richiede pazienza, lungimiranza e nervi saldi... Le Ogr in un futuro — non so dire quanto prossimo — saranno per Torino molto di più di un semplice spazio di cultura. Saranno un’arca. Un punto fermo da cui potremo ripartire quando rialzeremo la testa".
Confermo quanto scritto. Auguro alla Fondazione Crt di avere la mano felice nella scelta del successore di Ricciardi. Che merita in grazie; e spero di non doverlo troppo rimpiangere.
Capisco d'altronde la sua scelta. Un giovane direttore deve seguire la sua strada, e dalle nostre parti ormai le strade sono finite: restano i viottoli, e pure malsicuri. Ma è innegabile che Torino perde un altro cervello, uno dei tanti che nell'ultimo periodo hanno lasciato - talora malamente accompagnati alla porta - una città livida e sprofondata di sua stessa mano. Come dar torto a chi va dove ancora il cretino non prevale?
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