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IL MIO SALONE

Una rara immagine dell'Oval di prima mattina, non ancora invaso dal pubblico

Un'altra piazza è possibile: la piazza del Salone, della civiltà, del dialogo. Questo scrivo stamattina sul Corriere, a ideale conclusione dei cinque giorni del Lingotto (
https://torino.corriere.it/cultura/21_ottobre_18/altra-piazza-possibile-qui-libro-un-arma-costruzione-massa-fd24d252-2feb-11ec-9d51-3a373555935d.shtml). Cinque giorni durante i quali, come sempre, mi sono divertito, ho scoperto libri, ho ritrovato vecchi amici, mi sono sentito parte di una comunità, di un'umanità una volta tanto decente. Ho anche scritto: poco sul blog, lo ammetto, abbastanza sul Corriere. Alcuni degli articoli per il Corriere non sono usciti sull'on line, per cui a cose fatte e passate li ripubblico qui, più che altro per mie esigenze d'archivio. Se vi interessano, accomodatevi pure.

Lagioia: maggio e non più maggio

Io fino a maggio ci sono, poi voglio prendermi un momento per riflettere. Il Salone è un impegno che ti assorbe completamente, ti prosciuga, non lascia tempo per nient’altro. E non penso solo al mio mestiere vero, quello dello scrittore. Il problema riguarda soprattutto la vita privata, la famiglia…”. Nic Lagioia, direttore in scadenza di mandato, risponde senza esitazioni alla domanda delle cento pistole - “sei disponibile per un secondo mandato?” - che gli sparo a bruciapelo per le scale, mentre si affretta verso la Lounge del Circolo dei Lettori dove lo aspettano per un incontro riservato il presidente regionale Cirio e il candidato Damilano.
Dunque il principale interessato conferma: Lagioia dirigerà ancora l'edizione 2022 del Salone, a maggio. Sulla carta il suo mandato termina con l'edizione che s'è aperta ieri, la trentatreeisima dato che si è deciso di non conteggiare quella on line dell'anno scorso. E se l'anno scorso non conta, e il tempo a disposizione per preparare il Salone di maggio è poco, ne discende che è logico prolungare l'incarico di Lagioia.
Sono invece incline a presumere che non ci sarà un secondo mandato per il direttore uscente. Lui non scalpita, e non ci sono forti pressioni per fargli cambiare idea. Salvo sorprese, dopo cinque anni felici a maggio la separazione sarà consensuale. Mi risulta anzi che i vertici del Salone si stiano già guardando intorno per trovare un successore. Avrebbero sondato un papabile che però ha declinato per via di precedenti impegni. Suggerirei cautela: facciano presto ma non prestissimo, la fretta è pessima consigliera e decisioni affrettate sono l'ultima cosa di cui ha bisogno il Salone.
In compenso, a quanto mi si dice, dalla Regione è arrivato un segnale rassicurante. Cirio e la Poggio non vorrebbero intromettersi: il Circolo dei Lettori e i privati dell'associazione Torino Città del Libro scelgano in piena autonomia la persona che riterranno più adatta a ricoprire il ruolo di direttore del Salone del Libro per il prossimo quinquennio. Posso crederci: in effetti finora la linea di Cirio e Poggio è stata di metter poco o per niente il becco nelle nomine della cultura. Non so se per rispetto, per indifferenza, o per senso dei limiti: ma va bene così, lasciar fare chi sa è sempre la migliore delle politiche. Resta da vedere come la penserà il nuovo sindaco. Ma ogni pena ha il suo momento. Oggi c'è solo la soddisfazione per un Salone che funziona, e che si è fatto affrontando e superando incertezze, dubbi e paure. “È cominciato bene – sorride Nic Lagioia mentre s'attarda ad ammirare dalla balconata il panorama dell'Oval affollato. - E credi, eravamo davvero preoccupati, sai, le mascherine, il Greenpass, le prenotazioni on line... non eravamo per niente sicuri che funzionasse. Invece guarda, è solo giovedì e c’è tanta gente, e considera che le scuole sono meno del solito, non tutte sono riuscite a organizzarsi… Ok, è vero, abbiamo messo in programma un bel po' di occasioni pop per attirare quanta più gente possibile: ma è come nel 2017, quando Milano tentava di portarcelo via, anche quest'anno è vitale che la gente ci sia, e sia tanta, per ripartire davvero. Anche stavolta è una sfida: o si vince o si muore”. (Corriere Torino, 15.10.21)

La scoperta dell'Oval

L’Oval è stato per anni la spina nel fianco del Salone: necessario per espandersi ma trascurato dai visitatori e inviso agli espositori che vi venivano confinati e pagavano in termini di visibilità e vendite l’insularità di una struttura separata dal corpaccione del Lingotto. Nel 2011 aveva pagato pegno alla “maledizione dell’Oval” persino la grande mostra del Centocinquantenario dell’Unità, che a causa della collocazione svantaggiata videro in pochi.
Negli anni ne hanno provate di ogni, senza apprezzabili risultati, finché la necessità - nella circostanza della perdita del Padiglione 5 ceduto ad altra ditta - ha aguzzato l’ingegno, e i nostri eroi salonistici hanno trovato l’uovo di Colombo: se il visitatore del Salone non va all’Oval, portiamo all’Oval il Salone. Il pubblico seguirà. Morale: quest’anno all’Oval ci trovate tutti gli stand di maggior richiamo: le grandi case editrici, i grandi giornali, la Rai. E per far buon peso ci hanno piazzato pure la Sala Oro detta Sala dei Famosi, che ospita gli incontri di cartello. La logica è evidente: il visitatore, per raggiungere gli stand acchiappa-masse di Mondadori, Rizzoli, Bompiani, Feltrinelli e via giganteggiando, è comunque costretto ad attraversare i padiglioni 1, 2 e 3: così i piccoli editori hanno almeno una chance di essere notati; e di sicuro i grandi non perderanno un solo cliente per quattro passi in più.
Chi però ci guadagna di più sono i piccolissimi editori che hanno acquistato i piccolissimi stand addossati alle pareti dell’Oval: con poca spesa si sono assicurati una posizione commerciale di primissimo ordine.
Questo in teoria: all’atto pratico, scommetto che prima di lunedì qualcuno si lamenterà. O magari tutti. E sui giornali apparirà il classicissimo titolo “Polemica al Salone”. Il Salone non attizza se non c’è polemicuzza. (Corriere Torino, 15.10.21)

Il pagellone del Salone

Il Salone del Libro (voto 10) ha molte anime. La prima è il pubblico: il visitatore top (voto 8) è quello attrezzato col trolley da riempire con gli acquisti di giornata; il massimo del minimo quello che girovaga senza alzare gli occhi dallo smartphone (voto 3); ma il visitatore che dà più soddisfazione (voto 9) è quello che entra dalla parte dell'Oval e poi ti chiede come si arriva ai padiglioni 1-2-3, e tu glielo spieghi compiaciuto e ti senti molto esperto di Salone e pratico dei luoghi. Per il futuro però, suggerisco un paio di cartelli (voto 5, esame di riparazione a maggio).
Un'altra anima del Salone sono gli stand (voto 8) che come alberi nella foresta lottano per conquistarsi lo spazio vitale di una seconda occhiata del visitatore. I grandi editori, gente a mezzi, puntano sull’outfit elegante e/o accogliente; ma in quanto ad outfit Sellerio lascia i rivali sul pavé tappezzando l’intera postazione con le copertine dei suoi libri dalla grafica inconfondibile. Top dello chic (voto 9/10). Sfarzoso lo stand di Sharjah, ma vabbè, negli Emirati il soldo non manca, semmai si tende a esagerare (voto 6).
Chi i mezzi non li ha, cerca l’alzata d’ingegno spiazzante che attira l'attenzione. Ok, chiamare una casa editrice Stocazzo (voto 4--) forse è un po’ eccessivo, e quindi squalifico il relativo stand (esiste davvero, e funziona: l’ho visto affollato); in materia di claim geniali i winners sono gli ironici napoletani di Made in Scampia (voto 9) che si presentano come “Editoria terrona” e “spacciatori di libri”. Il premio speciale “Greta Forever” va alla catena di librerie dell’usato Il Libraccio per i cartelli che sottolineano la valenza ecologica del riciclaggio dei libri (voto 8). A proposito di stand: quello dei gadget del Salone (voto 7) offre ampia scelta di t-shirt, magneti, tazze e oggettistica varia, ma non dispone dell’introvabile cravatta con il classico logo multicolore, rara reliquia di tempi remoti che oggi meriterebbe una riedizione (voto 8 alla memoria).
La terza anima sono le grandi sale a colori che ospitano conferenze e dibattiti (voto 9). Quest'anno al rosso, al giallo, alle tonalità del blu, s'è aggiunto l'oro della sala più importante, quella degli incontri irrinunciabili: la Sala dei Famosi, insomma (voto 8/9 alla sala, zero alla battuta). Naturalmente anche davanti alle sale si formano le code d'ordinanza, accettate con rassegnata filosofia dal pubblico che ormai le considera parte essenziale dell'esperienza salonistica (voto 2 alle code, 10 alla pazienza del pubblico).
Tra stand e conferenze il Salone assolve in pieno la sua mission di offrire cibo per la mente; quello per il corpo, invece, lascia da sempre a desiderare. Nell'area food all'aperto i prezzi (voto 6) sono abbordabili (con qualche eccesso...), l'offerta non si discosta di molto dall'alternativa pizza-hamburger (voto 6-), ma le dolenti note cominciano una volta che hai terminato l'interminabile coda e sei riuscito ad procacciati qualcosa da mettere sotto i denti: dove consumare la frugale refezione? Quest'anno c'è la novità di un tendone con i tavoli e le panche, modello sagra gastronomica (voto all'idea 10). Peccato che, all'ora in cui gli stomaci chiamano, i tavoli vengano occupati in un nanosecondo (voto alla capienza 1--) sicché la turba degli esclusi è costretta, come al solito, a mangiare accovacciata a terra. Non è vita. (Corriere Torino 17.10.21)

 

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