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TORO SCATENATO (QUARTA LETTERA DALLA SCOGLIERA)

Ohmammamia, com'era incazzato ieri Lo Russo. Posso capirlo: per settimane e mesi s'è morso la lingua mentre tutt'attorno a lui maschi femmine e cantanti davano aria ai denti dispensando perle di saggezza su chi sarà il direttore del Salone, e che cosa dovrà fare, e con quali assistenti e commissari politici pedalerà, e se pedalerà da solo o in tandem; e lui zitto, in ossequio - dice - al rispetto istituzionale che richiederebbe un minimo di riservatezza quando è in corso una procedura di selezione. In effetti, il sindaco è stato l'unico composto, nell'indecoroso canaio cui abbiamo assistito.

Morale della favola, la procedura di selezione è andata in vacca; e ieri, chiamato a spiegare la situazione davanti alla Commissione cultura, Lo Russo ci è andato giù diretto, sfanculando (se mi passate l'eufemismo) tutti i ciarloni, gli arruffapopolo, i manovratori non autorizzati (tipo gli assessori all'Emigrazione che tavanano sul Salone...) che hanno trasformato la ricerca di un direttore in una gara a chi spara le cazzate più sesquipedali

L'intemerata sindachesca la trovate su tutti i giornali (qui una discreta sintesi), e dunque non starò a ripetermi. Ho già commentato sul Corriere di stamattina con un ennesimo pezzo (lo potete leggere qui sotto) che mi auguro sia anche l'ultimo, per un po', perché sinceramente il Salone delle Minchiate a questo punto mi ha davvero stracciato gli zebedei. Vorrei però aggiungere ancora una piccola considerazione che nell'articolo del Corriere m'è entrata soltanto di sguincio.

Dunque: dopo l'arringa del sindaco, si scatena il carnevale degli interventi dei consiglieri: e uno dei rimproveri ricorrenti, da parte dell'opposizione, è di "non essere intervenuto" nella procedura mentre tutti gli altri giocatori intervenivano a gamba tesa. Contestualmente, dai consiglieri medesimi si leva pure l'austero monito "la politica stia fuori dal Salone"; e vi risparmio le considerazioni sulle "procedure trasparenti", per cui qualcuno si duole del fatto che a giugno il nome del prossimo direttore sarà deciso, a chiamata diretta e senza bandi, da Cirio, da Lo Russo e dal rappresentante dei privati Silvio Viale; nessun altro, vista l'ennesima conferma del proverbio "troppi cuochi guastano il brodo".

Ora, pretendere al contempo l'ingerenza di un politico (il sindaco) e la non ingerenza della politica fa pensare a una forma di dissociazione della personalità, magari lieve ma da non prendere sotto gamba. Quindi la risposta di Lo Russo a tali obiezioni ("mettiamoci d'accordo con i nostri cervelli") è logica, terapeutica e condivisibile; ammesso e non concesso che nel nobile consesso sia presente la materia prima da mettere d'accordo. 

Il problema è drammaticamente evidenziato dagli interventi dei commissari-consiglieri: ma oggi non mi va di infierire. Anzi, mi assumo il ruolo di servizio pubblico per illuminare quel consigliere che afferma, piuttosto orgoglioso: "io non conosco questo signor Paolo Giordano, non so chi è, non sono del suo ambiente, sono consigliere comunale...". Gentile consigliere: Paolo Giordano è uno scrittore italiano, nato a Torino nel 1982, vincitore del Premio Strega e del Premio Campiello con il best seller "La solitudine dei numeri primi", pubblicato in 23 paesi del mondo. I diritti di pubblicazione del suo ultimo romanzo, "Tasmania", sono stati venduti in dieci paesi. È un buon libro, ne raccomando la lettura. Anche ai consiglieri comunali.

P.S. Ultima notazione, poiché mi corre l'obbligo di assumermi le mie responsabilità. Lo Russo ieri ha affermato di non aver gradito "il giudizio espresso dal Presidente del Circolo sulla qualità dei candidati con un paragone calcistico". Biino, in un'intervista, aveva dichiarato che "tra i curricula arrivati non c'è nessun Mbappé". Bene, so che la metafora calcistica è dispiaciuta pure ad alcuni candidati, magari non appassionati di calcio. Ma tale metafora Biino l'ha mutuata dal sottoscritto, che in un articolo sul Corriere del 9 gennaio scorso aveva scritto: "Le candidature sono quelle che sono, non stiamo a decidere se far giocare Messi o Mbappé; semmai, il ballottaggio è fra Raspadori e Scamacca". È però vero che un cagnaccio sciolto più dire e scrivere cose che il presidente di un comitato impegnato in una procedura di nomina farebbe meglio a tenere per sé. Preciso tuttavia, a beneficio dei candidati e del sindaco, che in tale metafora non c'è nulla di offensivo: Raspadori e Scamacca sono ottimi giocatori, nel giro della Nazionale, anche se ovviamente non sono Messi e Mbappé. Io opterei per Raspadori, ma non vorrei ingerirmi nelle scelte del c.t. Mancini. 

Bonus track: l'articolo del Corriere

L'articolo uscito l'altro ieri sul Corriere non è disponibile on line: quindi lo ripubblico qui.

Stefano Lo Russo ieri ha detto la sua sulla deprecabile pantomima della direzione del Salone del Libro, e l'ha fatto in una sede istituzionale – la Commissione cultura – a differenza di quanti, nelle scorse settimane, si sono esibiti sul palcoscenico dei media con dichiarazioni estemporanee, interviste avventate, endorsement non richiesti. Il sindaco finora s'era chiamato fuori dalle guerre per bande, opponendo ai giornalisti un mantra granitico: “non sono io a decidere, la scelta spetta al comitato direttivo del Salone e non voglio intromettermi”. Ma ieri in Commissione ha esposto i fatti, beninteso dal suo punto di vista. E non l'ha mandata a dire a chi - dentro o fuori il Comitato direttivo del Salone che doveva scegliere il successore di Lagioia - ha alimentato per settimane il “Circo Barnum” (cit. Lo Russo) risoltosi miseramente con un buco nell'acqua.

Ma il Circo Barnum non chiude mai: anche ieri in Commissione i consiglieri hanno fornito prove eccellenti, con interventi scompiscevoli: c'è il fine intellettuale che ignora chi mai sia questo “signor Giordano”; quello che “cerchiamo un colpevole, non certo io”; quello assertivo che “non è possibile non avere trovato un accordo”; quello dissociato che stigmatizza, nella stessa arringa, la politica che s'ingerisce nelle nomine e il sindaco che non s'è ingerito.

Ad ogni modo, adesso decideranno in tre: Cirio, Lo Russo e Viale, ovvero Regione, Comune e privati dell'associazione Torino la Città del Libro. Il Circo resta fuori. Definitivamente. Ha un senso, considerato quel che hanno combinato finora. Però è surreale: fallita la procedura “trasparente”, il direttore del Salone sarà scelto a chiamata diretta da tre soggetti di cui due, Comune e Regione, sono soggetti istituzionali ma anche politici, e del marchio del Salone non sono più proprietari avendolo venduto ai privati quattro anni fa.

Surreale è però l'intera vicenda: uno show d'illusionismo dove niente è come sembra, e ciò che si vede è soltanto la messinscena per distrarre gli spettatori da ciò che non devono vedere. Così tutto è vero e, insieme, tutto è falso. Siamo sicuri che sia stato il rifiuto di Giordano ad affondare l'ipotesi del tandem? O i privati, al di là delle affermazioni di facciata, non volevano la Loewenthal manco in tandem? E se ci fosse un piano B per arrivare - per sfinimento o compromesso – a promuovere alla direzione l'attuale vicedirettore Marco Pautasso, meno difficile da gestire rispetto a un intello-star? Tutto è possibile al Gran Circo Barnum, dato che di tutto già s'è visto.

Ricapitoliamo: il disegno iniziale della Regione era da tempo liberarsi del sinistrorso Lagioia e sostituirlo con la Loewenthal. Cirio, però, insiste per la manifestazione d'interesse: forse ambisce a un successo personale come quello di Lo Russo al Regio con l'operazione-Jouvin: procedura lineare, niente pettegolezzi e nomina in tempi record. Pia illusione, quella di Cirio: al Salone nulla è mai lineare. Fin da subito il Comitato direttivo si spacca. I privati di Torino Città del Libro s'impuntano su Giordano (e soprattutto sul no a Loewenthal), la Regione sulla Loewenthal (e soprattutto sul no a Giordano). Intanto salta su il fratello d'Italia Marrone, che con il Salone del Libro c'entra come i cavoli a merenda, e dichiara che il suo partito vuole Culicchia; ma nei retrobottega della politica si parla di Loewenthal al Salone in quota Lega e Culicchia al Circolo dei Lettori per contentare Fratelli d'Italia. Quindi si escogita il tandem Giordano-Loewenthal, naufragato nel giro di poche ore in seguito – così si racconta – al rifiuto di Giordano. A quel punto è già partito il canaio delle notizie pilotate, dei sussurri e grida, delle chiacchiere in libertà che toccano suscettibilità iper-reattive. A completare l'opera arriva la “garbata richiesta” (così l'ha definita Biino) del ministro Sangiuliano di piazzare tre consulenti di suo gradimento nel futuro comitato editoriale del Salone. È stato quell'intervento ministeriale a spingere Giordano a ritirarsi? Da destra negano l'intervento; in subordine, nella denegata ipotesi che intervento ci sia stato, negano di averlo sollecitato. Cirio l'ha negato con apposita dichiarazione. Ma se nulla è come sembra, tutto può essere. Persino che un governatore dica una bugia.

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