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FONDAZIONE MUSEI: IL PIANO SVELATO

Il presidente Massimo Broccio illustra ai giornalisti il piano di sviluppo della Fondazione Musei

A più di sei mesi dalla nomina, ieri Massimo Broccio a quattro giornalisti il "piano di sviluppo" che ha messo a punto per rivoltare come un calzino la Fondazione Torino Musei traghettandola finalmente nel XXI secolo.
Fino a ieri Broccio aveva sempre declinato le richieste di interviste: "Non amo parlare prima di fare: preferisco fare e poi, semmai, parlare", diceva.
Poi, di fatto, ogni volta che lo incrociavo parlava, essendo persona cortese ed espansiva: in pratica, gli ho "rubato" in media un'intervista ogni due mesi -  una a novembre,  una a gennaio e una ad aprile - sicché, a pezzi e bocconi, una certa idea del piano di Broccio già me l'ero fatta. Ma non mi pareva quello un buon motivo per perdermi l'incontro di ieri, al quale ero invitato insieme a tre colleghi in rappresentanza di Corriere, Stampa e Repubblica. Così sono andato, e ho fatto bene: più che per le notizie in sé - che bene o male m'ero già immaginato - quanto per l'esperienza. E quando mi ricapita? Dovete sapere che il presidente della Fondazione Torino Musei è, nella vita professionale, un commercialista d'alto bordo con sterminato megastudio al primo piano di un palazzo su piazza San Carlo, sala riunioni con un tavolo grande quanto un campo di calcio e vista da urlo sul salotto di Torino. La visita del castello broccesco valeva ampiamente le due ore filate di spiegone, con gran profluvio di slides, durante le quali il presidente ha spiegato per filo e per segno ogni particolare del suo piano. Va da sé che io ho smesso quasi subito di prendere appunti, visto che già provvedevano alla bisogna i bravi colleghi, che oggi pubblicano sui rispettivi giornali accurati resoconti (per chi fosse interessato, linko qui l'articolo di Morelli sul Corriere). 
Mentre Broccio parlava, io riflettevo. Il piano - mi dicevo - mi sembra sensato e concreto, e potrebbe rilanciare le sorti di una Fondazione Musei che al momento è in coma profondo: però siamo alle solite, tutto bello e tutto giusto, ma per realizzarlo serviranno soldi, molti soldi, e vorrei capire se i soci (Comune, Regione e fondazioni bancarie) vorranno - e soprattutto potranno - tirarli fuori. 
Così, rincasato, ho messo nero su bianco la mia modesta riflessione, cavandone un brevissimo commentino per il Corriere (ecco il link). Brevissimo perché non ero in vena di scrivere poemi: raffreddatissimo e tossicchiante (conseguenza nefasta di cinque giorni al Salone con i piedi quasi sempre freddi), già uscire di case era stato uno sforzo e una sofferenza. Ma pur nel dolore ho sinceramente apprezzato l'ospitalità di Broccio il quale, giunta l'ora di pranzo, ha avuto pietà dei cronisti e - a spese sue, non della Fondazione: signori si nasce - ci ha offerto uno spuntino à la carte, arrivato appositamente da Stratta. Per la cronaca, io ho preso un toast con la salsiccia di Bra. Eccellente.
P.S. Comunque devo aggiungere che non mi pare un gran segnale di ripresa la mostra - annunciata per l’autunno alla Gam - dedicata a Francesco Hayez: voglio dire, massimo rispetto per Hayez, ma non è un po’ inflazionato? Dopo la grande mostra del 2015/16 alle Gallerie d’Italia a Milano (per tacere di quella appena conclusa a Novara sulla pittura milanese dell’Ottocento), forse si poteva immaginare un tema più inedito…

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