Valle perentorio: "Flowers e Gruvillage i migliori festival" |
Sai che notizia, direte voi: per capirlo basta scorrere i cartelloni. Però da oggi è un'evidenza certificata dalla pubblica amministrazione, nella persona del consigliere Daniele Valle, presidente della Commissione cultura della Regione. Stamattina, parlando alla presentazione di Gruvillage, Valle ha detto testualmente: "I due cartelloni estivi più importanti sono a Grugliasco e Collegno".
E così chiudiamo tante discussioni.
Valle ha anche sottolineato che i due festival sono frutto di iniziative private, con finanziamenti pubblici nulli (Grugliasco) o minimi (Collegno, dove rappresentano appena il 13 per cento del budget totale). Una strada, ha aggiunto, "che altri hanno appena iniziato, o devono ancora iniziare a percorrere".
Insomma, dice Valle, l'avete capito o no, bamboli, che non c'è più una lira e che è ora che ve la sbrogliate da soli? Può sembrare difficile, persino impossibile: eppure c'è chi ci riesce, o almeno ci prova rischiando di tasca propria. Però un rischio calcolato. I nuovi padroni dell'estate rock non sembrano ansiosi di rovinarsi. Ed è probabile che non si rovineranno.
Semplicemente, fanno gli imprenditori.
Di Flowers, del suo "volo del calabrone", ho scritto: andate a leggervi il post che linko qui.
Gruvillage: quando il marketing fa nascere i festival
Dal produttore al consumatore: totem del festival esposto a Le Gru |
Ricordo perfettamente il disprezzo che circondava l'iniziativa ai suoi primi passi: figurarsi, la musica nel tempio del consumismo. Improponibile. Quasi che oggi la musica pop (ma anche l'indie, dai, non raccontiamoci fiabe...) fosse un sacrario della purezza artistica, e non una bottega appena un po' più luccicante delle altre.
Fu un successo. Successo che è cresciuto negli anni. Così come, negli anni, è salita esponenzialmente la qualità degli artisti. E oggi il riconoscimento: Gruvillage è al top dei festival estivi. Parola di presidente della Commissione cultura, mica di Ciccio Formaggio.
Tre idee per un successo
Per crescere tanto in undici anni, Gruvillage ha messo in campo tre idee vincenti:1) Biglietti a prezzi ultrapopolari. Sottocosto, per dirla nel linguaggio dei centri commerciali. Come con le offerte sottocosto, infatti, i commercianti-organizzatori non puntano a guadagnare dai concerti: il loro guadagno è attirare il pubblico a Le Gru e fidelizzare lo spettatore-cliente. Quindi, su quattordici concerti, dieci costano 11 euro, uno 20 e due 25. L'unico a prezzo di mercato (Satriani e Vai a 42 euro) è uno spettacolo ospite, organizzato dall'agenzia Radar (quella di Casadei) che - come qualsiasi promoter - i concerti li fa per guadagnarci e il prezzo del biglietto lo stabilisce in base ai normali criteri di conto economico.
2) Qualità del servizio. L'area è ben attrezzata, ha una capienza di seimila posti ma ne saranno venduti al massimo 5200 per evitare l'effetto-sardina, ci sono ampi parcheggi, facilitazioni per il trasporto pubblico, aree ristoro e bar, parco giochi, attività all day long per le famiglie, e insomma andare al concerto non è una penitenza, ma un piacere. Alla portata di tutti.
3) Cartellone di alta qualità. Sia gli artisti nazionali, sia gli internazionali, ormai sono nomi di primo piano. Certo, è un cast molto mainstream: ma vorrei sapere qual è il festival fighetto e puzzalnaso che non ci metterebbe la firma, per avere gente come Pat Metheny, Steve Vai, Joe Satriani, Jack Savoretti. E non mi vengano a raccontare che gli farebbero schifo Battiato & Alice, Elio e Le Storie Tese, De Gregori o la Mannoia.
Ecco, magari io vivrei bene - molto bene - anche senza Fabri Fibra, Rocco Hunt e soprattutto Benji & Fede; non provo particolari nostalgie per Cyndi Lauper (che comunque, mi garantiscono, canterà i grandi successi e non l'ultimo, insopportabile disco country); non reggerei un intero concerto di Luca Carboni, e neppure un quarto d'ora di Anastacia; e mi taccio del coro gospel.
E' la parte corriva del cartellone delle Gru 2016. Ma ci sta, in una rassegna che si rivolge a tutti: perché tutti, potenzialmente, vanno al centro commerciale. Manco a dirlo, il record in prevendita finora è di Benji & Fede: hanno smerciato duemila biglietti in due giorni.
Anastacia: a 11 euro è regalata, uno potrebbe persino togliersi lo sfizio di andare |
Investimenti e sponsor
Il budget totale di Gruvillage 2016 è attorno al milione di euro, di cui circa la metà per i cachet degli artisti, il resto per l'organizzazione, la produzione e l'allestimento dell'area. La spesa è coperta dai commercianti del Consorzio Le Gru e dagli sponsor che - guarda un po'! - sono numerosi e solidi: Mirafiori Motor Village, Generali, Caffé Vergnano, Heineken, Coin, Sant'Anna, MoleCola eccetera eccetera. Radio Monte Carlo è il media partner.Chissà perché certe manifestazioni devono sbattersi come diavoli per tirare su quattro sponsorizzazioni micragnose, mobilitando fior di fondazioni, mentre questi si portano a casa tanto bendiddio senza mendicare un centesimo dagli enti locali (che difatti, contentoni, si limitano a platonici patrocinii) e senza manco ricorrere al refugium peccatorum della santissima trinità San Paolo, Crt e Iren.
Certo, per i commercianti-organizzatori il festival delle Gru è un business diverso da quello dei normali promoter: è un investimento promozionale. Ma il sostegno degli sponsor non è mai beneficenza: gli sponsor arrivano attratti da una proposta strutturata, credibile, convincente e vantaggiosa. Una proposta costruita anche pensando a loro. Che non sono considerati ricchi scemi utili solo per cacciare la grana e tacere: bensì partner a tutti gli effetti.
C'è vita oltre i finanziamenti
Ora, non dico - né vorrei mai - che l'intero sistema di finanziamento della cultura e dello spettacolo debba funzionare così. Ci sono tesori d'arte, creatività, intelligenza, che mai potranno sopravvivere senza un convinto e doveroso sostegno pubblico. E' un obbligo - morale oltre che costituzionale - difendere e far crescere la diversità, l'unicità, l'indipendenza, l'originalità di pensiero e d'espressione. Guai se fosse il solo mercato a decidere chi vive e chi muore. Nel giro di una generazione, finiremmo tutti nelle caverne, o a "Uomini e donne".Ma, detto questo, c'è qualcosa che invece vorrei.
Vorrei che certi festival municipali tutelati dal denaro pubblico finalmente abbassassero un po' la cresta, e smettessero di considerarsi i depositari del bello e del giusto.
Vorrei che tanti operatori culturali buoni solo a inveire contro il famigerato taglio dei finanziamenti scoprissero che c'è vita oltre i finanziamenti.
Vorrei più amministratori pubblici capaci di ammettere che non sempre e non solo le manifestazioni che loro hanno voluto e sovvenzionato sono le migliori.
E vorrei che più imprenditori capissero che con la cultura spesso si mangia, e comunque si vive meglio; e forse conviene investirci qualche soldo, perché in un paese dove si vive meglio si fanno anche affari migliori.
Aggiornamento: anche Fassino scarica Todays
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