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L'ULTIMA RESISTENZA DEL SALONE DI TORINO: I PICCOLI EDITORI DISCUTONO, FERRERO PICCHIA DURO

La sala del Circolo gremita di editori: in fondo è schierato lo staff del Salone del Libro, ultimo a destra Giuseppe Culicchia
L'indomani della stangata finale, gli ultimi, sparuti alleati di quello che fu il Grande Impero del Libro si ritrovano al Circolo dei Lettori, convenuti dal monte e dal piano a ciò che doveva essere il Giuramento della Pallacorda per la rinascita del Salone; e che invece, dopo l'ennesimo atto di forza dell'Asse del Male (Aie-FieraMilano) assume i toni, ora crepuscolari ora assurdamente enfatici, di una resistenza disperata nel ridotto di una Valtellina sabauda.
Beh, almeno ho trovato l'attacco. Certe volte proprio non ho voglia di scrivere. Cioé, non ho voglia di scrivere parole a vanvera, in ossequio a ai doveri di una cronaca che è soltanto catalogo delle illusioni perdute, e dunque straziante, ma soprattutto noiosa.
Come faccio a raccontarvi le tre ore e mezzo di dibattito del centinaio di piccoli editori che hanno deciso di restare fedeli a Torino, e di opporsi alla presa di potere del Salone di Mondazzoli?
Facciamo così. Lascio la fatica ai colleghi che riempiranno stasera le pagine on line e domani quelle cartacee di notizie, dichiarazioni e frasi illuminanti. Io mi limito ha riportare qualche battuta al volo, qualche scorcio suggestivo, qualche notiziola sapida, tanto per rendere il clima.

With a little help from my friends

E' nata l'Associazione degli Amici del Salone del Libro di Torino. Vi ha aderito la stragrande maggioranza degli editori convenuti al Circolo. Va ad aggiungersi ad altre nobili associazioni tipo quella per la difesa della foca monaca e del piviere di palude.
Obiettivo a breve: essere invitati a Roma lunedì all'incontro che l'entrata a gamba tesa dei milanesi ha ormai privato di qualsiasi importanza e interesse. Penso comunque che non saranno invitati. Obiettivo a medio termine: avere voce in capitolo nel nuovo Salone del Libro di Torino. Che nessuno sa come sarà. Io non so neppure se ci sarà. Se ci sarà, presumo che sarà il Salone dei Piccoli Editori. L'indiretta conferma arriva dal defilarsi di Laterza e ancor più dalle parole del rappresentante di Feltrinelli: "Sono venuto per vedere che cosa succedeva - dice con disarmante franchezza. - Noi abbiamo votato contro la decisione di lasciare Torino, ma restiamo nell'Aie e lavoreremo dall'interno per ridurre le conseguenze del conflitto". Qualcuno gli domanda se parteciperanno anche al Salone torinese. "Valuteremo il progetto e i costi", risponde. E' più elegante di un no.

Alti interrogativi e concrete domande

Incalzati dall'impellenza del "che fare?" i piccoli editori - che fanno cultura e non mercato come i grandi, si vanta una piccola editrice - reagiscono come sempre reagiscono alle crisi quelli che fanno cultura: si inerpicano in disquisizioni sui massimi sistemi. "Guardiamo alto guardiamo avanti" (Giuseppe Laterza); "Coinvolgeremo bibliotecari e librai" (Zamparoli di Marcos y Marcos); "Raccontare le best practices per la diffusione della lettura" (Vittorio Bo di Codice). Qualcuno osserva acutamente che "senza informazioni sulla nuova Fondazione e sul nuovo Salone potremmo essere strumentalizzati". Giusto, padre Brown. Se qualcuno sapesse come saranno, il nuovo Salone e la nuova Fondazione, parrebbe civile spiegarlo anche a voi.
Fra tanti alti interrogativi, tuttavia, ne scivola uno più concreto: "Quando nel giro di un'ora Gl dimezza l'affitto non appena arriva il nuovo sindaco, qualche domanda si pone" è la rivoluzionaria intuizione di Giuseppe Laterza. In effetti qualche domanda si pone.

Stand con lo sconto

Un risultato concreto intanto c'è: viene riferito all'assemblea che, a detta dell'assessore Parigi, lo spazio per gli stand al prossimo Salone costerà molto meno: 70 euro anziché 110 al metro quadrato. Immagino che ciò derivi del fatto ricordato nell'ultima domanda di cui sopra.

A chi piace Massimo Bray?

Un momento dell'incontro: a destra Ferrero, in piedi Dell'Arti
Bray presidente non piace quasi a nessuno. Giorgio Dell'Arti ci va giù duro: "Non mi sta bene che Bray si tenga la sua poltrona in Treccani. Il presidente del Salone del Libro non si può permettere distrazioni o secondi fini nella distribuzione degli incarichi. Bray è un uomo di partito, un fedelissimo di D'Alema. Per la direzione del Salone imporrà certamente, con la forza della politica, un uomo suo". Qualcuno fa sommessamente notare che, oggi come oggi, D'Alema non sembra in grado di imporre neppure l'assunzione di un usciere. Semmai, rilancia un altro osservatore della politica, Bray di recente dialoga con i Cinquestelle.
Sia come sia, il problema è sentito, e si apre un interessante forum su chi dovrebbe essere il direttore. Taluni disegnano figure ideali, altri azzardano i primi nomi. Li cito per scrupolo: Marino Sinibaldi (me lo vedo, che molla la ben remunerata poltrona in Rai e si precipita a Torino per guadagnare un terzo e rompersi i cabasisi il triplo), Bruno Arpaia, Edoardo Camurri (questi due giudicati "un po' troppo cerebrali" da alcuni astanti), e l'accoppiata Giuseppe Culicchia-Tiziana Cremisi. Si decide di raccogliere proposte e sottoporre una "short list" alla Fondazione per il Libro. In bocca al lupo. E se Bray insistesse a "imporre un uomo suo"? La soluzione è presto trovata: si scriva nel nuovo Statuto della Fondazione che il direttore dovrà avere il gradimento dell'Associazione degli Amici del Salone. E che ci vuole? Io intanto mi vedo il film di Bray che accetta di essere un presidente sotto tutela dei piccoli editori.

Condizionati dalla politica: il j'accuse di Ferrero

All'incontro è presente anche Ernesto Ferrero. Prende la parola per qualche osservazione, come sempre sensata, ma fa una premessa. Perché vuole chiarire e chiudere una storia che lo ha ferito profondamente. Spara un discorsetto che taglia meglio degli artigli di Freddy Krueger.
"Si è molto parlato dei problemi finanziari che hanno portato il Salone sull'orlo del baratro. Quei problemi finanziari nascevano dal fatto che le istituzioni pubbliche hanno obbligato la Fondazione per il Libro a sottoscrivere con Gl contratti particolarmente onerosi. A quelle condizioni, lavoravamo quasi in perdita; quindi servivano i contributi pubblici, che però erano insufficienti e venivano versati con ritardi di 2-3 anni, sicché dovevamo farci anticipare i soldi dalle banche caricandoci di interessi passivi insostenibili. Poi è stato comodo e anche un po' vile attribuire quelle difficoltà a Picchioni, e dipingere la Fondazione come luogo del malaffare. Eppure le istituzioni pubbliche avevano i loro revisori che controllavano i bilanci, senza mai rilevare scorrettezze. Questa immagine di gestione allegra, benché falsa, è poi stata resa credibile dalla sciagurata vicenda della turbativa d'asta. Un'asta che si sapeva benissimo che era truccata. Era chiaro chi doveva vincerla. Ed era impossibile trattare in presenza di precise direttive politiche".
Ecco, testuale. Aspettiamo di sapere, magari da un giudice, quali erano, e da chi arrivavano, e perché, le "direttive politiche".
In chiusura, poi, Ferrero ha una buona parola anche per l'Aie e per la sua decisione di annunciare le date del Salone milanese sbattendose dell'incontro con Franceschini e tutto i cocuzzaro. "Un'iniziativa sgarbata, arrogante, calata dall'alto. Questo comportamento di indicibile volgarità è un errore che costerà caro. E ci fa capire a che livello di deriva siamo arrivati".
Insomma, l'ha presa bene.

Commenti

  1. Devo dire che aspettavo con interesse un sui post sulla nascita della Associazione degli amici del Salone del libro di Torino, soprattutto dopo aver visto il servizio giornalistico sul TG3, dove ho intravisto il Direttore Ernesto Ferrero che non mi è parso sia stato citato.
    Lo ribadisco ancora: grandissimo Ferrero, chiarissimo nell'analisi delle cause della crisi del Salone, lucidissimo nell'indicare la direzione su cui si dovrebbe indagare, uno dei pochissimi che riconosce i meriti di Rolando Picchioni.
    Ho sempre di più la sensazione che il " sistema Torino " esistesse veramente e chi non era più funzionale ad esso venisse estromesso in qualsiasi modo. È, ripeto, una sensazione.
    Complimenti anche a lei che segue con puntualità questa vicenda, triste per la città e per chi ha dedicato al Salone tempo, competenza, passione.

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