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A PRANZO CON IL SINDACO

Il sindaco e Appendino il giorno dell'insediamento
Ho pranzato con Paolo Giordana.
L'invito del sindaco (senza Appendino) mi è arrivato tramite un comune amico. Non so esattamente perché m'abbia invitato. Penso che volesse conoscermi. La curiosità era reciproca, quindi ho accettato con piacere.
Ci incontriamo in un ristorante di corso Vittorio. Con noi pranzano altre due persone che non è necessario citare in questa sede.

La coscienza delle minchiate

Giordana, visto da vicino, è un tipo ammodo. E' evidente che viene da una buona famiglia, ha studiato, è intelligente e sa stare in società. 
Ciò che sùbito mi sorprende in lui è la laica ammissione delle minchiate. Non tenta neppure di difendere, ad esempio, le inguardabili casipole del Natale coi fiocchi, ma fa voti per un futuro migliore. 
Mi dice che l'anno prossimo Natale coi fiocchi non si chiamerà più Natale coi fiocchi. Convengo che è un passo avanti perché il nome è persino più orrido della manifestazione. Alla mia riflessione sull'opportunità di abolire, oltre al nome, anche la manifestazione, Giordana replica con un progetto per il Natale 2017: l'esecuzione in integrale, e nei giorni canonici, in diverse location, dell'intero "Oratorio di Natale" di Bach. Non è una cazzata inventata lì sui due piedi: ragiona delle sedi, dell'orchestra, e dell'opportunità di scegliere solisti di alto livello. Non amo particolarmente Bach, a differenza di Giordana. Però è un'idea forte, non una poverata tipo quest'anno.

Un'amabile conversazione

Il pranzo è piacevole. Ordiniamo merluzzo e chips. Buono. 
All'inizio c'è il naturale imbarazzo che provano incontrandosi a tavola due persone che non si conoscono. Poi si scioglie. Mi assicura che ride come un matto leggendo il mio blog. Bene, se si diverte lui figurarsi gli altri. Per naturale understament, tuttavia, mi schermisco assicurandogli che il merito è tutto loro
Chiacchiera volentieri, e io ascolto. Non è un'intervista. Non è previsto che lo sia. E poi detesto le interviste. Peggio che mai a tavola.
Ci scambiamo opinioni sui primi atti dell'amministrazione e sui personaggi vecchi e nuovi della politica torinese; ma anche sul Salone del Libro, sul giornalismo e sull'attualità varia. Rievochiamo le più fulgide figure dei passati governi locali, con molti gustosi aneddoti. E mi parla - abbastanza sorprendentemente - del suo percorso e del suo attuale ruolo accanto ad Appendino.
La conversazione però la tengo per me. Per una doverosa forma di cortesia avevo premesso che il pranzo sarebbe stato "off records", e non intendo mancare alla mia parola.

La sua versione sul Museo del Cinema

Posso però riportare le ultime ciance sulla porta del ristorante, quindi a pranzo concluso. Lì chiedo a Giordana di ripetermi nei dettagli la versione del Comune in merito alla deprecabile vicenda del Museo del Cinema. Giordana ribadisce che la Praxi inizialmente selezionò cinque "finalisti": tra costoro, uno, Paolo Verri, si ritirò e un altro, Stefano Colmo, non possedeva i requisiti (non aveva una laurea magistrale, soltanto la triennale). Furono quindi ripescati i primi degli esclusi. Uno di questi era Alessandro Bianchi, su cui puntò la Regione. Appendino si oppose perché la coloritura politica del candidato "la metteva in difficoltà". Leon propose il nome di Daniele Tinti precisando che poteva essere una figura di transizione, in quanto interno al Museo, ma la Regione non accettò. Si andò al voto. Quelli del Comune ritenevano di vincere 4 a 1. Com'è finita si sa.
Giordana afferma - direi che ci tiene ad affermare - che non conosceva in precedenza Tinti, né di averlo mai sentito nominare prima. Io dubito, ma registro con scrupolo cronistico.
Quanto al futuro del Museo, Giordana dichiara che loro "non intendono mettere nessuna etichetta politica sul Museo", però hanno in mente un "piano di sviluppo"; concorda sul ricorso al bando pubblico per la scelta del direttore amministrativo nel 2017; è anche convinto che serva un direttore artistico, da selezionare affidandosi a una commissione esterna indipendente e credibile; e, aggiunge, il direttore artistico potrebbe benissimo essere uno straniero, ma con impegno di residenza a Torino a tempo pieno.

E se Praxi non la pagassimo?

Giordana soddisfa anche la mia curiosità su chi pagherà il conto di Praxi per il bando testé buttato nel cesso. Secondo lui non è ancora detto che Praxi venga pagata. A suo avviso, mi dice, la società non ha assolto appieno al mandato poiché ha presentato una "short list" in cui era incluso un candidato privo di uno dei requisiti (la laurea magistrale); dunque potrebbe aprirsi un contenzioso sul pagamento, totale o parziale, della parcella. Aggiunge però che la decisione di affrontare quel contenzioso con Praxi spetterebbe al presidente del Museo del Cinema.
Già me lo vedo...
Dalle parole di Giordana mi sembra inoltre di capire che effettivamente il conto si aggirerebbe sui 60 mila euro. Ma non è ufficiale.

Fenomenologia di Paolo Giordana

A parte le notiziole di giornata, direi che dopo il pranzo con Giordana ho le idee più chiare su Giordana. 
L'uomo mi sembra estremamente lucido. Senza dubbio cinico; ma lucido. E ironico. Le sue parole si sforzano di rimandarmi l'immagine di un moderato con una "visione", assai meno distruttivo di quanto mi suggeriscano alcune sue azioni e la leggenda nera che lo accompagna. Stento a identificare il compìto grand commis che ho davanti con la figurina dell'invasato che gira per gli uffici annunciando epurazioni. O dell'orditore di defenestrazioni sbrigative
Certo, rifletto, non viene di sicuro a sbracare davanti a me: sa bene che non aspetto che quello. Però si vede che lavora molto su se stesso. E' un atleta del potere senza passioni, che fin da ragazzo s'è imposto di impratichirsene assorbendo avidamente ogni stimolo e ogni modello. E trasformando tutto, anche il rancore, in opportunità.
Lo ammetto: considerato l'attuale assortimento, mi pare un raro politico tra una moltitudine di saltimbanchi. Mi dà la netta impressione di sapere di che cosa parla e che cosa fa. Magari poi fa danni: però scientemente, non per stupidità come tanti altri. Non so se è un complimento: ma è un dato di fatto. 
Del politico Giordana non ha tuttavia la vanità crassa, avida d'applausi, e quindi rifugge dalla ribalta. Agire nell'ombra finora è stato la sua forza, ma in futuro potrà costituire un limite, il più grave in un'epoca di deriva plebiscitaria: il suo potere, oggi grande, non è santificato dal voto del popolo. Prima o poi i suoi nemici glielo rinfacceranno.
Ad ogni modo, per il mio modesto teatrino è perfetto. Tra tante macchiette, ogni tanto serve un personaggio vero per dare un senso alla commedia. 

A seguire: "A post for dummies: chi mente sul veto al Museo?"

Commenti

  1. autocèfalo agg. [dal gr. tardo αὐτοκέϕαλος, comp. di αὐτός «stesso» e κεϕαλή «testa, capo»]. – Propr., che ha in sé il proprio capo, quindi che si governa da sé: Chiesa a. (v. anche autocefalia).

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