Guido Curto, prossimo direttore della Reggia di Venaria |
La prima e più urgente sarà la progettazione delle mostre future, visto e considerato che le più recenti non si sono coperte di gloria: la migliore del 2018, quella di Salgado, con 92 mila biglietti, non ha neppure sfiorato i record della pur banalissima "Caravaggio experience" nel 2017 (135 mila visitatori), per non dire dei trionfi di Steve McCurry (170 mila) nel 2016. Più in generale, da tre anni i risultati sono in calo e contribuiscono così al declino complessivo delle presenze alla Reggia.
Al momento le prospettive non mi sembrano eccitanti. Aspetto di capire quale sarà la consistenza dell'annunciata "grande mostra" su Leonardo, mentre non mi attendo faville da quella sui Giardini d'Europa; e neppure da David LaChapelle che è un fotografo, certo, ma l'esperienza ci ha dimostrato che non tutti i fotografi tirano come Steve McCurry.
Art Nouveau: stravagante allestimento
Intanto ieri hanno inaugurato "Art Nouveau. Il trionfo della bellezza", piacevole bignamino di uno stile che da noi chiamiamo anche "Liberty" e che proprio a Torino incontrò le maggiori fortune italiane, a cavallo fra Ottocento e Novecento.Ma vi pare il caso? Ecco a voi l'Art Nouveau dietro la rete |
Purtroppo la proposta messa in piedi dalla premiata ditta Arthemisia - fornitrice di tante mostre "chiavi in mano" che si vedono a Torino - non va oltre la diligente compilazione: un po' di mobili e soprammobili, qualche buon vaso di Gallé e soci, gran profluvio di manifesti; e totale assenza di gioielli e libri illustrati - che pure furono ambiti in cui l'Art Nouveau diede esiti sontuosi.
Belle cose, non discuto. Ma con un "effetto negozio dell'antiquario" forse inevitabile a Torino, città dove una passeggiata per le vie di certi quartieri ci offre una quotidiana rievocazione dei nostri splendori Liberty. Per non parlare delle vetrine di via Maria Vittoria o della Galleria Subalpina, generose esposizioni permanenti di manufatti Art Nouveau. E notate che le vetrine degli antiquari sono di vetro, come vuole il nome stesso, nonché la logica e la praticità. Invece, chi ha curato l'allestimento della mostra alla Venaria ha partorito la creativa trovata di chiudere le teche espositive non con una lastra di vetro, magari banale ma trasparente, bensì con una fitta reticella nera. E' una soluzione originale, non lo nego: però vederci attraverso è un'impresa.
Né la curatrice, Katy Spurrell, né i responsabili della Reggia, mi sono sembrati entusiasti della genialata: ma mi hanno spiegato che si tratta di "una citazione". Non ho ben capito di cosa. A me pare la citazione di un pollaio.
Ad ogni modo, "Art Nouveau" è una mostra a rischio zero per la Venaria: i costi, attorno ai 350-400 mila euro, se li accolla Arthemisia che si rifarà, se ci riesce, con gli incassi, e dunque sono affari loro. Ma ci vuole altro perché la Reggia torni a volare: e questa è la prima sfida per Guido Curto, che alla direzione di Palazzo Madama ha saputo inventarsi, con i quattro soldi a disposizione, piccole mostre intelligenti e a basso costo che quasi sempre hanno funzionato bene. A Venaria potrà spendere di più, e dovrà dimostrare di saper spendere.
Trasformare una costellazione indistinta di regge e ville in un'efficiente macchina turistica - qualcosa come i Castelli della Loira, tanto per sognare in grande - implica il sostegno convinto della politica (e qui, che il ciel ci assista...), la collaborazione armoniosa di enti che in armonia non sono quasi mai, un'azione comune e condivisa per le iniziative, gli investimenti, la promozione. Servono una visione, e una squadra capace di trasformarla in realtà fattuale. La squadra alla Venaria c'è, funziona ma andrà ancora irrobustita. La visione invece ancora manca, al di là delle petizioni di principio. E' questa la sfida decisiva che attende Guido Curto: darsi una visione, e realizzarla nonostante i mille ostacoli che le circostanze e soprattutto gli uomini sapranno creargli. Lui è un tipo duttile e intelligente. Può farcela. Ma non sarà una passeggiata. E non lo invidio per nulla.
Belle cose, non discuto. Ma con un "effetto negozio dell'antiquario" forse inevitabile a Torino, città dove una passeggiata per le vie di certi quartieri ci offre una quotidiana rievocazione dei nostri splendori Liberty. Per non parlare delle vetrine di via Maria Vittoria o della Galleria Subalpina, generose esposizioni permanenti di manufatti Art Nouveau. E notate che le vetrine degli antiquari sono di vetro, come vuole il nome stesso, nonché la logica e la praticità. Invece, chi ha curato l'allestimento della mostra alla Venaria ha partorito la creativa trovata di chiudere le teche espositive non con una lastra di vetro, magari banale ma trasparente, bensì con una fitta reticella nera. E' una soluzione originale, non lo nego: però vederci attraverso è un'impresa.
Né la curatrice, Katy Spurrell, né i responsabili della Reggia, mi sono sembrati entusiasti della genialata: ma mi hanno spiegato che si tratta di "una citazione". Non ho ben capito di cosa. A me pare la citazione di un pollaio.
Ad ogni modo, "Art Nouveau" è una mostra a rischio zero per la Venaria: i costi, attorno ai 350-400 mila euro, se li accolla Arthemisia che si rifarà, se ci riesce, con gli incassi, e dunque sono affari loro. Ma ci vuole altro perché la Reggia torni a volare: e questa è la prima sfida per Guido Curto, che alla direzione di Palazzo Madama ha saputo inventarsi, con i quattro soldi a disposizione, piccole mostre intelligenti e a basso costo che quasi sempre hanno funzionato bene. A Venaria potrà spendere di più, e dovrà dimostrare di saper spendere.
Un cambio di strategia
Ma Guido Curto non sarà semplicemente il "direttore della Reggia di Venaria", perché la carica, dall'anno scorso, è "direttore del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude": e dunque la mission è valorizzarle tutte. Rispetto al passato urge occorre cambiare prospettiva: s'impone una strategia nuova, per la gestione e ancor più per la promozione dell'intero circuito. E' ciò che Mario Turetta non aveva perfettamente metabolizzato. Difatti finora si è visto pochino: iniziative in ordine sparso, con qualche buona idea (penso a "La via dei Re", la "guida letteraria" commissionata allo scrittore Enrico Brizzi) ma scarso coordinamento.Trasformare una costellazione indistinta di regge e ville in un'efficiente macchina turistica - qualcosa come i Castelli della Loira, tanto per sognare in grande - implica il sostegno convinto della politica (e qui, che il ciel ci assista...), la collaborazione armoniosa di enti che in armonia non sono quasi mai, un'azione comune e condivisa per le iniziative, gli investimenti, la promozione. Servono una visione, e una squadra capace di trasformarla in realtà fattuale. La squadra alla Venaria c'è, funziona ma andrà ancora irrobustita. La visione invece ancora manca, al di là delle petizioni di principio. E' questa la sfida decisiva che attende Guido Curto: darsi una visione, e realizzarla nonostante i mille ostacoli che le circostanze e soprattutto gli uomini sapranno creargli. Lui è un tipo duttile e intelligente. Può farcela. Ma non sarà una passeggiata. E non lo invidio per nulla.
Commenti
Posta un commento