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BELLA FESTA AL CASTELLO. MA GLI INVITATI DANNO BUCA



Il convegno: Cirri, Favetto, Andina e pochi altri intimi
Oggi ho sperimentato sul campo tutti i problemi - anzi, il Problema - del Castello di Rivoli. Sono andato a vedere come funzionava il famoso "Anniversary Day", il giorno di festa per i trent'anni del primo, e più sfortunato, museo italiano d'arte contemporanea.
Beh, tutto perfetto. Arrivo verso le undici e parcheggio senza problemi e sospetto in divieto: però nessuno mi multa, immagino per non rovinare la festa del Castello. Mica siamo a Venaria!

Folla: ma di scolaresche

Entro, e c'è folla. Però folla di scolaresche, maestre ansiose e ragazzini eccitati perché piovono coriandoli. Poi avvisto qualche giornalista (pochi), qualche addetto ai lavori (pochissimi), i relatori del convegno, il coro a cappella (bravissimo), il personale del museo (gentile ed efficiente). Pubblico normale - gente che è lì per libera scelta, non per obbligo scolastico o lavorativo - pochetto. Direi di aver visto - personalmente - non più di una cinquantina di visitatori adulti, tra le undici e le tre e mezza del pomeriggio, quando me ne sono andato perché dovevo procurarmi una coda di rospo per la cena di stasera.
Non va meglio a Giorello, Verri e Agnelli (e Favetto, in piedi)

Convegno all stars, pubblico non pervenuto

La situazione più spiacevole la vivo in sala Pistoletto, dove si tiene il convegno "Contemporaneo, il tempo inattuale", con ospiti davvero importanti, e interessanti. Al primo incontro, coordinato da Gian Luca Favetto, ad ascoltare il conduttore di Caterpillar Massimo Cirri e la filosofa Tiziana Andina (mica pizza e fichi) conto trenta persone: dovete però sottrarre gli otto ragazzi del coro, che dopo l'esibizione restano in sala (immagino per vincolo contrattuale); più mezza dozzina fra dipendenti del museo, fotografi e tecnici; più due relatori dell'incontro successivo. Totale del pubblico reale, secondo una stima ottimistica, quattordici. Né le cose migliorano al secondo giro, alle 15, con l'epistemologo Giulio Giorello e il noto musicista Manuel Agnelli affiancati da Paolo Verri: il pubblico effettivo - al netto di addetti ai lavori, coristi e Gabo - non arriva a venti persone. Sempre secondo una stima generosissima.
Non so com'è proseguita la giornata. Spero di cuore che abbiano avuto miglior fortuna gli incontri successivi, sempre con relatori d'alto livello: prima di uscire in sala ho adocchiato già pronti e scalpitanti l'antropologo Marco Aime e lo scrittore Valerio Magrelli. Così come mi auguro che le attrazioni serali - almeno il dj set di Vaghe Stelle! - inducano un vasto pubblico a prendere d'assalto il Castello.

Ma se non gliene frega a nessuno...

I visitatori in verità ci sono: ma tutti piccini...
Tornandomene a casa, oltre a riflettere sul sugo per la coda di rospo, pensavo a quanto è difficile immaginare un futuro per quel museo tanto bello (perché è bello, perdinci) e tanto dimenticato. Guardate: io manco pretendo che i torinesi affrontino il percorso di guerra degli autovelox in agguato tra piazza Massaua e Rivoli; però Rivoli ha quasi 50 mila abitanti. E se tra cinquantamila rivolesi non se ne trovano almeno mille che vogliano dedicare mezz'ora del loro tempo a festeggiare i trent'anni del loro museo... Beh, allora vuol dire che in questi trent'anni qualcosa - troppo - è andato storto. E che ai rivolesi del loro museo non gliene frega niente.
E se ai rivolesi non gliene frega niente, e ai torinesi men che meno, e taccio su quelli di Giaveno, Piossasco, Almese e Villarbasse, e per di più non gliene importa un cecio neppure ai grandi collezionisti, ai grandi critici, ai grandi artisti, ai grandi e piccoli politici (tutte categorie che fino alle 15,30 di oggi non erano comparse sul mio schermo radar), me lo dite voi per chi e per cosa lo teniamo aperto, il povero Castello di Rivoli? Vabbè, sono appena le sette di sera, e la festa prosegue fino all'una e mezza. Andateci in massa, intasate le vie d'accesso (non è difficile, per poche e strette che sono...) e smentitemi. Non chiedo altro.

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