L’intero ufficio di presidenza del Consiglio Comunale di Torino, con venticinque consiglieri di maggioranza dei gruppi M5S, Pd, Torino in Comune-La Sinistra e Lista Civica hanno sottoscritto la proposta di legge di iniziativa popolare «Norme per la regolamentazione legale della produzione, consumo e commercio della Cannabis e suoi derivati» promossa dal comitato Legalizziamo! (da La Stampa)
Fatti - in tutti i sensi - e non pugnette.
Mentre in Consiglio comunale si discute, nei tinelli del potere si agisce. La gestione dell'agonia del Salone del Libro dimostra che il tempo della legalizzazione è giunto: quanto accade quotidianamente conferma infatti che l'uso di sostanze è ampio e praticato con entusiasmo degno di miglior causa anche fra le classi dirigenti.
In un'ennesima giornata triste dell'interminabile via crucis, il CdA della Fondazione perde un altro componente, il vicepresidente Roberto Moisio, anch'egli coinvolto dal magistrato nell'inchiesta sulla turbativa d'asta. Atto dovuto, considerata la posizione di Moisio. Ma lui, com'è giusto, si dimette dal Consiglio d'amministrazione, a questo punto ridotto a mera larva.
E oggi quanto resta di ciò che fu il Consiglio d'amministrazione della Fondazione per il Libro si è riunito in gran segreto - e dietro consegna del silenzio stampa, secondo le migliori regole dalla nuova trasparenza - per certificare ciò che i bambini sapevano da mo'. Abbiamo perso altro tempo.
Pochi giorni fa i nostri zuavi lasciavano intendere che oggi Massimo Bray, il non-ancora-presidente del Nulla, avrebbe annunciato il nome del nuovo direttore del Nulla (per gli inguaribili ottimisti trattasi del "trentesimo Salone Internazionale del Libro di Torino più Salone dei Fumetti più Salone dei Sassofonisti": il piano è semplice e spietato, se Milano ci frega il Salone, noi le freghiamo la Fiera degli Obei Obei).
Come era facilmente prevedibile, oggi al CdA Bray non ha annunciato una benamata ceppa. Si è preso ancora uno o due o tre o insomma pochi giorni per sciogliere l'arcano e rivelare il nome del nuovo direttore.
L'arcano lo può sciogliere anche subito un qualsiasi normodotato psichico: Bray non ha un nome per la direzione, perché tutti quelli cui la propone scappano come lepri. C'è gente che è barricata in casa da settimane per non incontrare Bray; altri mandano la moglie a rispondere al telefono, e le strillano da dietro "di' che non ci sono!".
Purtroppo la situazione non è comica. Abbiamo sprecato due mesi abbondanti, quasi tre, aspettando prima che Bray "sciogliesse la riserva" e accettasse la presidenza; e poi che individuasse il direttore di suo gradimento (superstar, non torinese, magari anche biondo, non fumatore e appassionato di hockey). Nel frattempo Milano è andata avanti, e il fronte degli editori che inizialmente si erano schierati con Torino ha cominciato a sfaldarsi. Come dare torto a chi si sfila? La "narrazione" che da Torino arriva è fatta di incertezza, confusione, velleitarismo, incompetenza. Oggi come oggi un editore che abbia a cuore le sorti della propria azienda su cosa dovrebbe puntare? Su una Fiera milanese che trasmette un'immagine di forza e determinazione, o sull'ameba torinese che neppure riesce a darsi un governo credibile?
Non so quanti editori restino ancora al fianco di Torino, oggi. Di sicuro non più Feltrinelli; né Laterza, temo. Forse Sellerio. Ma ogni giorno che passa diventa più difficile anche soltanto immaginare un Salone del Libro.
Per fortuna qui a Torino abbiamo le grandi menti, le grandi idee: così, anticipando le decisioni del Consiglio comunale a proposito della Cannabis, qualche genio superassessorile ha inventato l'arma definitiva: i concerti jazz della mutua che spezzeranno le reni alla perfida Rho.
E come paese ospite, finalmente la Giamaica.
In un'ennesima giornata triste dell'interminabile via crucis, il CdA della Fondazione perde un altro componente, il vicepresidente Roberto Moisio, anch'egli coinvolto dal magistrato nell'inchiesta sulla turbativa d'asta. Atto dovuto, considerata la posizione di Moisio. Ma lui, com'è giusto, si dimette dal Consiglio d'amministrazione, a questo punto ridotto a mera larva.
E oggi quanto resta di ciò che fu il Consiglio d'amministrazione della Fondazione per il Libro si è riunito in gran segreto - e dietro consegna del silenzio stampa, secondo le migliori regole dalla nuova trasparenza - per certificare ciò che i bambini sapevano da mo'. Abbiamo perso altro tempo.
Pochi giorni fa i nostri zuavi lasciavano intendere che oggi Massimo Bray, il non-ancora-presidente del Nulla, avrebbe annunciato il nome del nuovo direttore del Nulla (per gli inguaribili ottimisti trattasi del "trentesimo Salone Internazionale del Libro di Torino più Salone dei Fumetti più Salone dei Sassofonisti": il piano è semplice e spietato, se Milano ci frega il Salone, noi le freghiamo la Fiera degli Obei Obei).
Come era facilmente prevedibile, oggi al CdA Bray non ha annunciato una benamata ceppa. Si è preso ancora uno o due o tre o insomma pochi giorni per sciogliere l'arcano e rivelare il nome del nuovo direttore.
L'arcano lo può sciogliere anche subito un qualsiasi normodotato psichico: Bray non ha un nome per la direzione, perché tutti quelli cui la propone scappano come lepri. C'è gente che è barricata in casa da settimane per non incontrare Bray; altri mandano la moglie a rispondere al telefono, e le strillano da dietro "di' che non ci sono!".
Purtroppo la situazione non è comica. Abbiamo sprecato due mesi abbondanti, quasi tre, aspettando prima che Bray "sciogliesse la riserva" e accettasse la presidenza; e poi che individuasse il direttore di suo gradimento (superstar, non torinese, magari anche biondo, non fumatore e appassionato di hockey). Nel frattempo Milano è andata avanti, e il fronte degli editori che inizialmente si erano schierati con Torino ha cominciato a sfaldarsi. Come dare torto a chi si sfila? La "narrazione" che da Torino arriva è fatta di incertezza, confusione, velleitarismo, incompetenza. Oggi come oggi un editore che abbia a cuore le sorti della propria azienda su cosa dovrebbe puntare? Su una Fiera milanese che trasmette un'immagine di forza e determinazione, o sull'ameba torinese che neppure riesce a darsi un governo credibile?
Non so quanti editori restino ancora al fianco di Torino, oggi. Di sicuro non più Feltrinelli; né Laterza, temo. Forse Sellerio. Ma ogni giorno che passa diventa più difficile anche soltanto immaginare un Salone del Libro.
Per fortuna qui a Torino abbiamo le grandi menti, le grandi idee: così, anticipando le decisioni del Consiglio comunale a proposito della Cannabis, qualche genio superassessorile ha inventato l'arma definitiva: i concerti jazz della mutua che spezzeranno le reni alla perfida Rho.
E come paese ospite, finalmente la Giamaica.
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