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L'INTELLIGENZA DELLE PICCOLE MOSTRE. OVVERO, CHI INSEGNA AI GATTI ADARRAMPICARSI

E’ in discussione un modello che vede le nostre istituzioni museali come contenitori e non produttori di cultura, un modello che non porta al rafforzamento delle competenze e delle relazioni dei nostri musei con gli altri musei italiani e stranieri, che non favorisce la ricerca e quindi la produzione che sono alla base di un sistema museale forte anche dal lato della proposta di eventi espositivi. Nel resto del mondo i direttori dialogano tra loro per concordare progetti espositivi e collaborazioni scientifiche. Da noi tendenzialmente no, con le dovute eccezioni, ad esempio il Museo Egizio... E’ altresì importante il dialogo tra le istituzioni museali della città per mettere a fattor comune le collezioni, le idee e le capacità progettuali. (L'assessore Leon spiega al Consiglio comunale come devono funzionare i musei torinesi, 17 ottobre 2016)

Medaglione smaltato in mostra a Palazzo Madama (prestito dal Musée de Cluny)
Se vi capita, andate a Palazzo Madama: hanno inaugurato oggi un'altra di quelle mostre piccole ma deliziose che i direttori bravi sanno organizzare anche quando i soldi mancano; perché, tra la gente per bene, i soldi possono mancare, ma l'intelligenza resta.
La mostra si intitola “Lo scrigno del Cardinale”. Racconta di Guala Bicchieri, diplomatico e collezionista d'arte, uno straordinario protagonista della storia europea del Duecento.

Le parole e i fatti


La mostra sembra costruita su misura delle “linee direttive” dettate dalla Leon, che cito in epigrafe.
Parte per l'appunto da uno scrigno, un cofano riccamente ornato, appartenuto al cardinal Bicchieri. Uno splendido oggetto conservato a Palazzo Madama (la valorizzazione delle collezioni proprie). Attorno ad esso il direttore Guido Curto e la curatrice Simonetta Castronovo hanno costruito un'affascinante narrazione che rievoca un personaggio, un'epoca, un gusto artistico (la produzione). Per farlo hanno intessuto un rapporto strettissimo con il Musée de Cluny di Parigi, co-producendo la mostra e ottenendo in prestito pezzi prestigiosi; hanno collaborato con il Louvre, ma anche con il Museo Leone di Vercelli (rafforzamento delle competenze e delle relazioni con gli altri musei italiani e stranieri), e con la nostra Biblioteca Reale (i direttori che dialogano fra loro); hanno condotto ricerche sulle fonti e approfondito le conoscenze sulle manifatture artistiche piemontesi (la ricerca scientifica e l'attenzione al territorio). E dovreste sentirli, Curto e i suoi collaboratori, come ne parlano: con quanto entusiasmo, con quale competenza! Si sente che sanno ciò che fanno, e lo amano.
Nei musei torinesi non sono poche, queste mostre, piccole ma belle e interessanti. Talvolta più interessanti di certe presunte grandi mostre, quelle mostre blockbuster che a me spesso non dicono nulla ma sono utilissime per ostentare le famigerate code davanti ai musei.

Rispetto per chi sa lavorare


Vi parlo di "Lo scrigno del Cardinale" perché, mentre la visitavo, mi sono tornate alla mente le parole dell'assessore alle Fontane (e ai Musei) che spiegava ai fini intellettuali del Consiglio comunale come si gestisce un museo. Lo spiegava lasciando credere – ma dubito che ne sia convinta, essendo persona colta che i musei li conosce bene – che quelle buone pratiche, normali in ogni museo degno di questo nome, siano state finora ignorate a Torino; che da noi i direttori tutti si siano placidamente pasciuti di mostre blockbuster senza sbattersi quotidianamente per far vivere le collezioni; e se non fosse arrivato il trio Giordano a spiegargli come si fa, avrebbero continuato così nei secoli dei secoli.
E mentre pensavo queste cose mi sono incazzato, perché certe fanfaronate ad uso delle anime perse della Sala Rossa offendono chi lavora seriamente. Ce ne sono tante, di persone così, anche nei musei torinesi. Direttori e curatori che conoscono il mestiere perché hanno studiato duramente e hanno accumulato esperienza, conoscenza, perizia,  fanno un eccellente lavoro nonostante i mille ostacoli che ogni giorno devono affrontare, e per questo meritano rispetto e gratitudine, non le bacchettate di chi non sa e quindi comanda a chi sa, secondo la regola di questo mondo marcio.

Ma non sperate nelle folle


Le piccole e deliziose mostre, purtroppo, non attirano le folle. Ci va l'appassionato, il curioso, chi non si accontenta del mainstream, chi ha buon gusto e amore per il bello e un minimo - ma solo un minimo! - di formazione culturale per apprezzare ciò che vede.
Che poi, qualche bell'exploit lo regalano pure le piccole mostre: Curto dice che quella delle fotoreporter di guerra, sempre a Palazzo Madama, costata appena 15 mila euro, in un mese ha totalizzato 15 mila visitatori; quindi la prorogano fino a metà gennaio, e sperano di arrivare a quota quarantamila. A volte i miracoli succedono. Ma non per esibirsi in miracoli esistono i musei; bensì per costruire cultura, con fatica e con lentezza.

A Torino non ci sono gli Uffizi


Quindi si chetino lorsignori: i musei torinesi - oggi come ieri e, spero, anche domani - fanno ricerca e produzione, e intessono relazioni internazionali. Se gliene lasciano la possibilità, beninteso. Ma se lorsignori vogliono anche il turismo e i grandi numeri - com'è auspicabile, perché con la cultura alle volte si può anche mangiare - allora si mettano l'anima in pace, le mostre blockbuster sono indispensabili: Torino non ha gli Uffizi, e  qui da noi gli unici musei in grado di fare davvero i numeri da capogiro con la forza delle sole collezioni sono l'Egizio e quello del Cinema, che giocano in un altro campionato. 


P.S. C'è soltanto un aspetto della mostra “Lo scrigno del Cardinale” che va contro le indicazioni dell'amministrazione civica. Il costo, circa 20 mila euro, è stato completamente coperto da uno sponsor, una concessionaria della Mercedes, che il direttore Curto ha recuperato di persona, andando a battere cassa da un vecchio amico di scuola. E questo forse dispiacerà a madamin Appendino che, per citarla nello splendore della sua intemerata in Consiglio comunale il 17 ottobre scorso, "non accetta che si costruisca un modello dove i risultati si basano sulle relazioni personali, perché vuol dire indebolire la città". E allora si sbatta la città, per trovare i soldi.

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