Passa ai contenuti principali

LUNGA VITA ALLA FONDAZIONE CULTURA

Amici per la pelle: Zagrebelsky, Appendino e Larotella
sorridono felici alla presentazione di Biennale Domocrazia
La Fondazione Cultura non morirà, nonostante i proclami appendineschi. Lo si deduce - definitivamente - dall'annuncio della nascita di Narrazioni Jazz che, ha dichiarato l'ufficio stampa del Comune, si farà “con la realizzazione tecnica della Fondazione Cultura”.

Come si cambia

Da anni Chiara Appendino annunciava che, se l'avessero eletta sindaco, avrebbe subito chiuso la Fondazione Cultura. La eleggono sindaco. E io stilo l'elenco dei primi morituri: Asproni (fatto), Torino Jazz Festival (fatto), Barbera (ci sta lavorando) e Fondazione Cultura. Ma sulla Fondazione madamin Appendino prende tempo. Probabilmente ha capito che le serve.
Il 9 settembre l'assessore alle Fontane, a mia precisa domanda se e quando chiuderanno la Fondazione, risponde: "Stiamo esaminando i fascicoli, dobbiamo valutare". Passano cinque giorni, e il 14 settembre Appendino dichiara che la Fondazione Cultura sarà chiusa; però non subito, bensì "nell'arco del quinquennio"; e prima della chiusura “porterà a termine le iniziative già in corso”.
Adesso le prospettive mutano ancora: Narrazioni Jazz non è una “iniziativa già in corso”, è nuova, eppure il trio Giordano ne affida la realizzazione alla deprecata Fondazione Cultura. Più che l'anticamera della chiusura, sembra un elisir di lunga vita. A meno che non abbiano già deciso di fare un'unica edizione di Narrazioni Jazz, tanto per tacitare gli orfani del Tjf, e poi mettere una bella pietra sopra a tutto il cucuzzaro.

Fronte del no. Alla chiusura della Fondazione


Ma intanto la Fondazione Cultura non sembra in pericolo.
Che diavolo è successo? Ho chiesto un po' in giro, e ho ricostruito una possibile storia che spiega l'elaborata inversione di rotta. Prendetela per quello che è: una sensata ipotesi, o una solenne minchiata. Insomma: ciò che i giornali chiamano "retroscena".
Potrebbe essere andata così. Chiara Appendino è da poco il nuovo sindaco di Torino. Sta confrontandosi con le cure del governo, dopo cinque anni di opposizione libera e selvaggia. E comincia a rendersi conto che il ruolo della Fondazione Cultura forse non è così elementare e superfluo come lo immaginava dai banchi dell'opposizione. Madamin è combattuta: in quanto cinquestelle atipica, e bocconiana vera, conosce l'eterna lotta fra coerenza e pragmatismo.
In quella accade un episodio che forse segna la svolta. E qui entriamo nel campo dell'anedottica. Ma insomma, la politica è fatta anche di voci e narrazioni non solo jazz. Narrano dunque - e io riferisco per dovere di cronaca, benché sicuro che i protagonisti smentiranno fino alla morte pur trattandosi di vicenda adamantina e logicissima - che il professor Gustavo Zagrebelsky, presidente di Biennale Democrazia nonché padre nobile del “fronte del no” e quindi particolarmente caro ai grillini, un bel dì si interroga sui destini della sua creatura (Biennale Democrazia, non il “fronte del no”) e va a trovare Chiara Appendino in cerca di rassicurazioni. Appendino lo rassicura, e ci mancherebbe: figurarsi se spregia il padre nobile del “fronte del no”. Gli garantisce che Biennale Democrazia si farà. “Grazie – risponde il diplomatico Zagre – ma con chi?”. Buona domanda. L'ha sempre organizzata la Fondazione Cultura: ma adesso?
Appendino nicchia. “Mah, vediamo, magari la Fondazione Cultura...”, azzarda. Zagrebelsky però si fida delle persone, non delle etichette: “Con Angela Larotella, quindi?”, incalza. 
Il SuperAs Paolo Giordana
Angela Larotella è il segretario generale dalla Fondazione.

Niente scalpo per il Grande Capo

E qui Appendino sta nei guai, perché sulla Fondazione può anche ripensarci (ci sta già ripensando), ma lo scalpo di Angela Larotella è un trofeo che Paolo Giordana brama assai. Dicono che il SuperAs (quello delle liste di proscrizione) non le voglia tanto bene, a Larotella. Eppure i due si conoscono da tempo: neoassunto funzionario comunale, attorno al 2012-2013 Paolo lavorava proprio nell'ufficio diretto da Angela. Poi le loro strade si divisero, Giordana passò ad altro servizio. Non so come si siano lasciati: ma la vita ci insegna che raramente i sottoposti amano i capuffici. 
Torniamo all'incontro Zagre-Appe. Appendino sa di dare un dispiacere al Grande Capo Paolo. Ma Zagrebelsky ci tiene, si fida di Larotella e Biennale Democrazia vuole farla con lei, e tu sindaca grillina potresti mai deludere il padre nobile del “fronte del no”? Domanda retorica.
“Certo, con Larotella” rassicura Appendino.
Il dialogo è fiction, le virgolette sono un puro espediente narrativo. Ma la sostanza mi risulta sia quella.

La prevalenza del pragmatismo


Ad ogni modo. Per festeggiare la felice risoluzione della crisi, Zagrebelsky, Appendino e Larotella si ritrovano tutti insieme appassionatamente in  una stranissima conferenza stampa su Biennale Democrazia. Stranissima perché Biennale Democrazia si farà tra marzo e aprile 2017, e loro convocano la conferenza stampa già a settembre. Capisco portarsi avanti con il lavoro, ma... Ma è necessario suggellare il clima nuovo. E' una delle poche conferenze stampa della cultura a cui Appendino partecipa. Seduta a fianco di Larotella, con Paolo Giordana che vigila dalla prima fila.

Zagre, Appe e Larotella al tavolo: di fronte (estrema sinistra) Giordana vigila
Proprio in quell'occasione Appendino espone la famosa teoria della chiusura dilazionata: un lampante escamotage.
L'unico a non capire che di ammuina trattasi è Piero Fassino: sicché se ne esce con un accorato appello a favore della Fondazione che rischia di seppellirla definitivamente. All'epoca il trio Giordano non era ancora psicologicamente preparato allo choc di dare ragione a Fassino (per di più sulle peggio cose).
Il pragmatismo però prevale: Appendino rende conto che, sul piano di realtà, è difficile trasferire le funzioni della Fondazione agli uffici comunali. Se il Comune vuole ancora organizzare certe manifestazioni, ha bisogno di quello strumento. Tant'è che alla prima occasione affida Narrazioni Jazz giustappunto alla Fondazione. Prolungandone la vita a tempo indeterminato.

Una nuova amica: per Angela niente "trattamento Asproni"


Angela Larotella e Walter Vegnano
Succede anche qualcos'altro. Oltre a prendere atto che al momento non esistono alternative credibili alla Fondazione Cultura, madamin Appendino sorellizza con Larotella. 
Eppure la poltrona di Angela e quella di suo marito, il sovrintendente del Regio Walter Vergnano, dopo l'avvento appendinesco erano considerate a rischio. Per i gusti dei nuovi padroni del vapore i due erano troppo vicini a Fassino.
Ma la realpolitik è realpolitik. Oggi Vergnano è ben saldo al Regio (perché il Regio funziona come un orologio svizzero); e Larotella in questo momento serve, per cui le non tocca il “trattamento Asproni”: Appendino le parla, e la invita persino alle riunioni in cui si discutono argomenti di sua competenza. Privilegi che Patriziona si sognava.
Sorretta dalla speranziella di sfangarla, Larotella sta coperta e allineata. Vuole dimostrare che la Fondazione è utile e funziona. 

Scurdammoce 'o ppassato

Insomma, a Torino le cose cambiano in fretta. Ricordo la furibonda interpellanza del consigliere d'opposizione Appendino (del 9 dicembre scorso, neanche un anno fa) contro il bando che riconfermò Larotella al vertice della Fondazione. Bando che Appendino sospettava fosse arrangiato (ma dai? che roba, signora mia...). A quel bando aveva partecipato pure Paolo Giordana, uscendone di trombato e rimanendoci malissimo. Lo si può dedurre dal tono dell'interpellanza di Appendino; interpellanza nella quale si intuisce lo zampino del Giordana medesimo.
All'epoca giudicai stravagante scaldarsi tanto il piscio per conquistare una poltrona in una Fondazione che si vuole abolire. E mi tornò alla mente il vecchio Esopo.

Ma la politica è uno stranissimo gioco: certi percorsi schizofrenici ci possono benissimo stare. 

La lezione di Napoleone


Conclusione. Se oggi come oggi Appendino e Giordana hanno un diverso punto di vista sulla Fondazione Cultura e sulla sua segretaria generale, gli sviluppi futuri della vicenda saranno la cartina al tornasole per capire chi comanda davvero a Palazzo Civico. Dibattito al momento ancora aperto, anche se l'opinione maggioritaria propende per Giordana.
Ma non credo che davvero ci sia un contrasto fra i due. Giordana non è uno stupido. E ha riferimenti importanti. Nel suo ufficio tiene un ritratto di Napoleone. E' quindi probabile che conosca una storia che si narra su Napoleone: dicono che detestasse un certo suo generale al punto da silurarlo e sostituirlo con un altro che gli piaceva di più, un certo Grouchy. Quello che poi, a Waterloo, non riuscì ad arrivare in tempo per evitare la sconfitta.


Commenti

  1. Cioè...anche Barbera rischia? E con che faccia e con quali motivazioni lo caccerebbero?
    Questi sono veramente inadeguati. E anche piuttosto vendicativi.

    RispondiElimina
  2. Se l'avesse trombata come l'Asproni, avresti scritto chi si credono di essere questi, ora che sono al comando si comportano da padroni, ecc..., se la mantiene in vita, forse perché si rende conto che effettivamente il ruolo della fondazione ha la sua utilità, allora è solo Realpolitik. Se l'avesse mandata a casa, avresti scritto che ha fatto un favore a Giordana, che voleva il suo scalpo. Se non lo fa, allora alla fine non è una vera rivoluzionaria, perché non tiene fede alle idee che aveva un anno fa... Dimmi tu, Gabo, che facevi al posto suo?

    RispondiElimina
  3. Io non ho rotto i coglioni al mondo per fare il sindaco, per cui adesso non devo rendere conto di niente a nessuno. E questo basterebbe come risposta. Aggiungo, per pura cortesia, che personalmente preferisco parlare di ciò che so, prima di parlare mi documento e penso per ridurre al massimo le occasioni di dire cazzate, e dopo che ho parlato in genere tento di agire in accordo con me stesso. Stop.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ah, e se alla fine mi accorgo di aver detto una cazzata, dico ok, ho detto una cazzata, scusatemi tutti. Senza tante giravolte dialettiche.

      Elimina
  4. perchè usare tante parolacce in un blog - anche aquesto risponderà 'è maio e ci faccio quello che voglio io' o si renderà conto che esiste la netiquette ?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bravo. Se ben ho interpretato la frase da lei rudemente scritta, lei si è fatto una domanda e si è dato una coerente risposta. E' mio e ci faccio quello che voglio io. Lei legga altri siti, e saremo entrambi felici. Aggiungo a proposito di quella ridicola parola "netiquette", che considerata la merda che gira in rete e i decerebrati che ci scrivono la qualunque, io sono praticamente un'educanda. Addio.

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

L'AFFONDAMENTO DELLA SEYMANDI

William Turner, "Il Naufragio" Cristina Seymandi Tanto tuonò che piovve. Sicché posso abbandonare, almeno per un post, la spiacevole incombenza di monitorare i contraccolpi dell'emergenza virale. La storia è questa. Ieri in Consiglio comunale un'interpellanza generale ( qui il testo ) firmata pure da alcuni esponenti grillini o ex grillini, ha fatto le pulci a Cristina Seymandi, figura emergente del sottogoverno cinquestelle che taluni vedono come ideale continuatrice, a Palazzo Civico, del "potere eccentrico" di Paolo Giordana prima e di Luca Pasquaretta poi . E che, come i predecessori, è riuscita a star sulle palle pure ai suoi, non soltanto a quelli dell'opposizione. L'interpellanza prendeva spunto dell'ultima impresa della Seymandi, la mancata "regata di Carnevale" , ma metteva sotto accusa l'intero rapporto fra costei, Chiarabella e l'assessore Unia, di cui è staffista. Alla fine Chiarabella, nell'angolo, h

LE RIVELAZIONI DI SANGIU: "GRECO NON HA DECIFRATO LA STELE DI ROSETTA". E ADESSO DIREI CHE BASTA

È una storia da dimenticare È una storia da non raccontare È una storia un po' complicata È una storia sbagliata Cominciò con la luna sul posto E finì con un fiume di inchiostro È una storia un poco scontata È una storia sbagliata La ridicola pantomima è finita com'era cominciata, sempre con un tizio che giudica un egittologo senza sapere un cazzo d'egittologia. Il fratello d'Italia laureato in giurisprudenza Maurizio Marrone pontifica che Christian Greco è un egittologo scarso , e - dopo una settimana di silenzi imbarazzant i, strepiti da lavandaie e minchiate alla membro di segugio  blaterate da una scelta schiera di perdigiorno presenzialisti e critici col ciuffo - un altro fratello d'Italia, il giornalista Gennaro Sangiuliano, sancisce che no, Greco è "un apprezzato egittologo" benché - sfigatone! - "non abbia decifrato la stele di Rosetta" (questo è un capolavoro comico, non siete d'accordo?).  Il presidente della Regione Cirio s'a

BASIC BASE

Il nuovo direttore del Tff La  nomina di Giuliobase alla direzione del Torino Film Festival  è ampiamente trattata sul Corriere di Torino di stamattina: c'è un mio modesto commento , ma soprattutto c'è una magistrale intervista al neodirettore, firmata dall'esperto collega Fabrizio Dividi. Vi consiglio di leggervela da cima a fondo (sul cartaceo, o  a questo link ): vale da sola ben più del prezzo del giornale. Ed è talmente bella che mi permetto di estrapolarne alcuni passaggi, che giudico particolarmente significativi. Ecco qui le domande e le risposte che più mi hanno entusiasmato. In neretto le domande, in chiaro le risposte, in corsivo le mie chiose: Emozionato a dover essere «profeta in patria»?  «Ovvio, ma studierò. In questo anno e mezzo studierò e tiferò per Steve Della Casa e per il suo festival, ma sempre stando un passo indietro, con umiltà e discrezione».  Qualcuno lo avverta: l'hanno nominato per l'edizione 2024. Ciò significa che dovrà cominciare a la