Domani, 27 marzo, Giornata mondiale del teatro, i teatri non riapriranno: con buona pace di Francis, il ministro buontempone che il 26 febbraio, mentre i contagi volavano, s'era esibito nella spericolata profezia di una riapertura proprio in questa fatidica data.
Il ministro propone e il virus dispone: teatri e cinema e musei resteranno chiusi chissà fino a quando, e chissà fino a quando continueremo a sucarci il triste surrogato dello streaming. Che non sopportiamo più, ma che resta l'unica soluzione: un male necessario, insomma. Per non limitarmi al mugugno, ho però approfondito la questione, per capire se - in mancanza di meglio - il pubblico si è stufato del tanto malvoluto streaming. Sorpresa: ascoltando gli operatori e spulciando i report delle visualizzazioni ho appurato che la proposta culturale on line continua a funzionare. Le proposte di qualità, almeno, raggiungono platee virtuali ancora molto ampie, se non felici di doversi accontentare di un'esperienza che nega il concetto stesso di "spettacolo dal vivo". I numeri, e alcune considerazioni sul presente, e pure sugli utilizzi futuri dello streaming, li trovate nell'articolo sul Corriere di oggi.
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