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IL MASANIELLO DELLA CULTURA

Napoli 1647: Masaniello incita il popolo alla rivolta
Prima di tutto, l'attualità. Pochi minuti dopo le dichiarazioni del presidente della Fondazione Torino Musei Maurizio Cibrario, l'assessore alle Fontane (e Musei) Francesca Leon ha diramato il seguente proclama.

Il proclama di Leon, con traduzione in lingua corrente

Dichiara l'assessore Leon: "Abbiamo incontrato ("abbiamo" chi? Si può sapere una buona volta in quanti siete lì dentro a rimestare la polenta? NdG) mercoledì 5 aprile il Presidente della Fondazione Torino Musei Maurizio Cibrario e raccolto le preoccupazioni sul futuro della Fondazione. In quell'occasione abbiamo condiviso un percorso che parte dalla constatazione di un riduzione progressiva delle risorse dal 2006 ad oggi del 65% a fronte dell'aumento del carico sulla Fondazione rappresentato dal passaggio dalla gestione di due musei con un contributo di 14 milioni nel 2006, a 4 musei gestiti nel 2009 con un contributo di 11 milioni. Nel 2011 il contributo si è ridotto a 8,5 milioni fino ad assestarsi della cifra a 6.8 milioni tra il 2013 e il 2016. Senza dimenticare il 2013, quando invece dei contributi vennero riconosciuti immobili per un valore stimato in circa 4,3 milioni (tutto vero, tant'è che a furia di tagliare Fassino era arrivato al minimo sostenibile. Questo ulteriore taglio è mortale proprio perché ce ne sono stati tanti altri. Se uno è gravemente malato, tu che fai? Gli dai il colpo di grazia? NdG) A questa diminuzione vertiginosa non è corrisposto un ripensamento del funzionamento e una rimodulazione dei carichi della Fondazione (Ti dispiacerebbe spiegarmi che cosa hai in mente di preciso? NdG).
Oggi il percorso prevede la costruzione di una revisione strutturale per dare sostenibilità nel tempo, a partire dal 2018, alla Fondazione e, nel brevissimo periodo, individuare soluzioni per reperire le risorse necessarie per il 2017.
Su questa strada si sta lavorando fianco a fianco con la Fondazione Torino Musei per valorizzare il patrimonio della città e non arretrare rispetto ai risultati raggiunti in questi anni"
.

Traduzione: anche Fassino ha tagliato come se non ci fosse un domani, ma noi rimetteremo a posto le cose inventandoci qualche cosa di mirabolante che non so neanche io. Intanto Cibrario è pregato di non rompere i coglioni e di starsene zitto e buono, noi in cambio cercheremo di mollargli qualche soldo in più: metti mai, hai visto che al Regio è andata bene?

Il commento: Se torna Masaniello

Oggi ho molto da scrivere, e poca voglia di farlo. Devo anche andar a comprare qualche piantina per il giardino. Magari scrivo stanotte. Però prima di uscire mi urge una considerazione non tanto sul proclama leonino di circostanza, quanto su ciò che ha detto Cibrario, e sulle reazioni che le sue parole potrebbero innescare.
Cibrario ha detto la pura e semplice verità: se gli tagliano di un terzo il contributo per i musei civici, i musei civici muoiono.
Non c'è nulla di eccezionale nelle sue parole: è pura e semplice logica amministrativa.
Appare invece eccezionale, in una città usa a obbedir tacendo e tacendo patir, il fatto stesso che un uomo, piazzato ai vertici delle istituzioni culturali, e per di più piazzato dal sindaco e Appendino, si comporti da uomo e non da stuoino. E dica al sindaco e Appendino ciò che deve dire, cioè la verità, senza fingere di credere alle favole e senza raccontarne.
I suoi colleghi hanno scelto il basso profilo, la rassegnazione, la disponibilità a un severo impoverimento delle istituzioni che gli sono state affidate. Hanno espresso preoccupazione moderata, e moderatamente hanno dichiarato che si possono prevedere difficoltà ma in un modo o in un altro ce la faranno, e hanno sottoscritto appelli per pietire dal governo denari che non è neppur certo che il governo debba davvero sganciare, e che comunque arriveranno, se arriveranno, quando i funerali della cultura torinese saranno già officiati, i fiori deposti, le vanghe riposte e i parenti in lacrime dispersi.
Cibrario ha preferito dire che con certi tagli non si può andare avanti. E ha detto un'altra cosa, ancor più rivoluzionaria seppure politicamente scorretta: che a forza di preoccuparsi degli asili, ci sono tanti soldi per gli asili e niente per la cultura. Che - aggiungo io - non è meno importante degli asili, nella formazione di un essere umano.
Alleluja. Giungono segnali di vita intellettiva - e di spina dorsale - dal pianeta Papalla.
Cibrario è stato appena nominato dal sindaco e Appendino: quindi il sindaco e Appendino non possono cacciarlo come hanno fatto con Patrizia Asproni. E se si dimette lui, per la giunta sarebbe una batosta politica e d'immagine.
La logica delle cose e la tradizione nazionale vuole che, dopo la nobile alzata d'ingegno, Cibrario si penta e si taccia. In tal caso il problema di Cibrario sarebbe risolto. Quello dei musei un po' meno, machissenefrega.
Se invece Cibrario terrà il punto, e non recederà, sindaco e Appendino saranno costretti a trattare per scongiurare le sue dimissioni: come lascia intuire anche il proclama della Leon. Alla fine il taglio furibondo diventerà assai meno furibondo.
Ciò provocherà il rodimento degli acquiescenti capataz delle altre istituzioni, che scegliendo il basso profilo avranno invece acconsentito a subire la potatura. L'opportunismo si trasformerà quindi in masochismo. Ma a quel punto ormai i giochi saranno fatti.
C'è però un altro scenario, ben più preoccupante per il sindaco e Appendino. E cioè che il gesto di Cibrario apra la strada alla sommossa. Capisco che è ridicolo immaginare il compassato Maurizio Cibrario nei panni di Masaniello - men che meno del Balilla che scaglia il sasso - ma viviamo in un tempo sbandato, e tutto può accadere. Persino che anche gli altri barbapapà, istigati dall'esempio di Cibrario, tirino fuori da vecchi cassetti il coraggio di cui dispongono, e alzino la voce tutti insieme. 
In tal caso per Palazzo Civico si metterebbe male, e la situazione diventerebbe ingestibile. Anche perché la questione dei tagli alla cultura non appassiona una buona fetta dell'elettorato, che ignora l'argomento del contendere; tuttavia sta avendo una eco ampia e che non accenna a smorzarsi tra settori significativi dell'opinione pubblica. 
Un'insurrezione generale dei cacicchi innescherebbe una crisi seria; l'oggettiva situazione del bilancio (senza i 61 milioni sempre più improbabili) non consentirebbe di accontentarli tutti, se non ricorrendo ad altre scelte sgradite alla base grillina; d'altronde, una protesta clamorosa dei vertici di istituzioni di rilievo nazionale come, per esempio, il Teatro Stabile o il Museo del Cinema infliggerebbe un duro colpo all'immagine mainstream della "brava Appendino".
So bene che, scendendo dalla teoria alla realtà concreta dei caratteri e delle situazioni personali, ipotizzare una "protesta clamorosa" dei vertici dello Stabile o del Museo del Cinema è oggi fantasioso almeno quanto sperare che arrivino i 61 milioni del governo. Tuttavia ho voluto scriverlo a futura memoria: perché un giorno non salti su qualcuno a giustificare il disastro dicendo "beh, però cos'altro potevamo fare?".

Commenti

  1. Se ben comprendo ad oggi gran parte della discussione verte sul come suddividere risorse tendenzialmente fisse (pubbliche, delle fondazioni bancarie e di sponsor-benefattori). Il piano B che l'amministrazione è chiamata ad approntare dovrà invece proporre come crearne o attrarne di nuove.
    Ricordando che la Torino Musei è la prima fondazione di partecipazione in Italia e che dai primi anni Duemila le buone pratiche in termini di sosteniblità e partecipazione si sprecano, mi sembra l' Assessore Leon non arrivi troppo presto a far presente che bisogna rifare il tagliando alla Fondazione che- come struttura di gestione- è oramai un pezzo da museo. Mi sembra però che si debba far presente all'amministrazione che un piano B non è da trovare. ICOMOS ha appena concluso una conferenza sul tema della partecipazione e dello sviluppo sostenibile. In dottrina cosa fare e come farlo son dati acclarati. Realizzare questo Piano B ( e quindi rivedere la struttura gestionale della Fondazione e la convenzione con la Città di Torino) richiederebbe poco tempo (per ideazione e implementazione)e bassi costi (perchè già sotto la Presidenza Cattaneo si gettarono le basi di un embione di partecipazione). Questo consetirebbe poi, se fatto in modo scientificamente informato, di implementare una strategia di medio termine per il futuro della partecipazione culturale a Torino (dalla Cavallerizza alla Superfondazione, dai Caschi Blu della Cultura-Centro UNESCO/Santagata alle strutture di gestione dei Siti UNESCO piemontesi, dai centri culturali di quartiere al baratto amministrativo). In conclusione, buone notizie: la soluzione è già stata trovata, testata e studiata (e nel 2011 pure oggetto di una conferenza al Castello di Rivoli)! Resta solo da vedere se ai diversi livelli amministrativi si riuscirà a saperlo, a capirlo e ad agire di conseguenza.

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