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FINARDI E VANCHIGLIA: L'ARTICOLO COMPLETO



Finardi nello studio di Truly Design ammira l'originale della copertina di "Eden"

L'avevo promesso: dopo l'anticipo del primo novembre, a gentile richiesta, pubblico l'intero articolo in cui racconto l'innamoramento di Eugenio Finardi per Vanchiglia. E' uscito da ormai un paio di mesi su Extratorino, un bimestrale molto bello ma che, come dice il titolo stesso, è diffuso soltanto a Torino e provincia. Quindi, a beneficio dei tanti fans non torinesi di Finardi, voilà il testo completo dell'articolo, e un po' di fotografie che ho scattato a Eugenio nel corso delle nostre peregrinazioni vanchigliesi.


Eugenio Finardi: vivere in Vanchiglia

Gli sono piombato in studio alle 11 del mattino, e stavano già lavorando, e immagino che se ti piomba uno in studio mentre stai lavorando un minimo di disturbo può dartelo; però sono stati gentili, mi hanno fatto accomodare e mi hanno offerto un caffè al baretto all’angolo, e poi io mi sono accomodato in studio buono buono e li ho lasciati lavorare, e loro mi hanno lasciato ascoltare la canzone su cui lavoravano, che mi è sembrata molto bella; però in questo articolo non posso parlarvi delle canzoni, perché il disco uscirà solo a gennaio e Eugenio Finardi, come ogni musicista, è molto geloso del suo lavoro, e non gli va che se ne parli prima che sia finito.
Eugenio Finardi e Max Casacci in studio di registrazione
Ad ogni modo: un giovedì di fine settembre sono andato nel nuovo studio di registrazione di Max Casacci, il chitarrista dei Subsonica che nella vita oltre a scrivere le canzoni dei Subsonica e suonare con i Subsonica fa pure il produttore. In studio c’erano Max ed Eugenio Finardi e il tecnico Totò e il chitarrista di Eugenio Finardi che si chiama Giovanni Maggiore ed è un musicista torinese molto giovane e molto bravo. Lavoravano alla produzione del nuovo album di Eugenio Finardi. Adesso non sto a spiegarvi in cosa esattamente consista la “produzione” di un disco: diciamo che stai in una stanza piena di apparecchi a loro volta pieni di pulsantini e manopole, e uno – il produttore, nel caso Max – preme i pulsantini e gira le manopole mentre ascolta la canzone, e modifica il suono della canzone finché l’altro – l’artista, nel caso Eugenio – non dice “ecco, così mi piace”, e se piace anche al produttore la canzone va bene, e sul disco sarà esattamente così; e si passa a un’altra canzone. Non so se sono stato chiaro, ma la cosa non ha tutta questa importanza.
La cosa davvero importante è che il nuovo studio di Max Casacci è in via Artisti, nel cuore di Vanchiglia.
La cosa è importante perché questa non è una storia su Eugenio Finardi il famoso cantautore; e men che meno sul prossimo disco di Eugenio Finardi il famoso cantautore, perché - come già sapete - fin quando il disco non sarà uscito non potrò scrivere una riga sulle canzoni che ho ascoltato, e in proposito Eugenio è stato molto assertivo, me lo avrà ripetuto mezza dozzina di volte, e non vedo motivo per comportarmi da fellone con un uomo per bene e un amico come Eugenio Finardi.
Comunque, le canzoni qui non c’entrano. Questa è la storia di un innamoramento.
Eugenio Finardi è vissuto per un mese – mentre lavorava al disco nello studio di Max – in Vanchiglia; per la precisione in un residence che si chiama Santa Giulia e combinazione è in via Santa Giulia, ed Eugenio aveva un bell’appartamento sotto i tetti, e dalla finestra vedeva la Mole, e questa cosa a Eugenio – come a qualsiasi non torinese che arrivi a Torino – piaceva tantissimo. Ma a parte la camera con vista Mole, Eugenio si è innamorato di Vanchiglia. Non di Torino: cioé, Torino gli piace tantissimo, la trova elegante e riservata e gradevole e vivibile e divertente e tutte le altre cose che pensano i non torinesi di Torino. E la sua band è tutta torinese, “anzi, di Mirafiori” precisa lui con orgoglio proletario. Però si è innamorato di Vanchiglia.
Ora, sappiamo bene che Vanchiglia è il nuovo quartiere cool di Torino. Ma a Eugenio non gliene frega granché dei quartieri cool: fosse per quello, ne troverebbe a strafottere a Milano. Il fatto è che a Milano per cool si intende altro, roba fighetta e stronzetta; mentre Vanchiglia non è né stronzetta né fighetta. “Sembra un paese, un borgo dove tutti si conoscono – dice Eugenio. – Si vive una vita vera, senza frenesie e paranoie. E poi ci sono ancora i vecchi negozietti, e ci trovi cose che a Milano sono sparite. Per dire, l’altro giorno sono entrato in una merceria, capisci? una merceria, come quelle di una volta, e avevano le mutuande che piacciono a me, e che a Milano non trovi più, e me ne sono comperato quattro paia”. Non ridete: la qualità della vita di un uomo (e pure di una donna) dipende anche dalle mutande giuste.
Eugenio Finardi a passeggio per le vie di borgo Vanchiglia, il quartiere torinese dove ha abitato durante il soggiorno in città
Stiamo passeggiando in via Guastalla, ragionando di mutande e altre meraviglie vanchigliesi, ed Eugenio mi indica la vetrina di una bottega e mi fa: “Vedi? Questo, per esempio, è un posto interessante…”, e in effetti è interessante davvero perché è lo studio su strada (insomma, la bottega) di Truly Design, cioè questo gruppo di grafici e artisti che fa lavori straordinari, e tra l’altro ha disegnato la copertina trompe-l’oeil del disco dei Subsonica “Eden” (visto? Tout se tient…). Io glielo dico ed entriamo e dentro ci sono i Truly affaccendati. Conosco uno di loro, Emiliano; abbiamo lavorato insieme a un libro sui Subsonica (visto? Tout se re-tient…), ed Emiliano è molto contento della visita del maestro Finardi e gli mostra i lavori di Truly Design e il maestro Finardi ne  è ammirato e alla fine si salutano con molto affetto e la promessa di risentirsi. Chissà che ne esca qualcosa. “Vedi? – mi fa Eugenio. – Adoro questo quartiere perché è pieno di stimoli, di vita e di creatività. A Milano, posti così te li sogni”. Noi torinesi amiamo molto sentire i milanesi dire queste cose. Stiamo flanellando come due madamine in vena di shopping. Prima l’ho accompagnato da un fioraio all’angolo di piazza Vittorio perché voleva mandare dei fiori alla signora Casacci (“Le ho sequestrato il marito per un mese, voglio farmi perdonare”, mi spiega, come se fosse necessaria una ragione specifica per mandare fiori alla deliziosa Serena). Di ritorno verso “Sweet home Vanchiglia” ci immergiamo nel suk di bancarelle davanti a Palazzo Nuovo, e Eugenio si compra un guscio per l’iPhone e una pashmina; un paio di passanti lo fermano per un autografo, una foto. Con garbo, senza invadenza. “Sono così gentili – mi sorride lui. -  A Torino anche i fans sono qualcosa di speciale”. Beh, forse qui l’amore acceca. Però prendiamoci pure sto complimento, male non fa. In realtà è Finardi ad essere un vero signore, di non comune cortesia. Questione di carattere, certo, e di educazione. Nonostante le convinzioni politiche e il rock’n’roll, è pur sempre il rampollo d’una nobile famiglia bergamasca, cinque secoli di storia alle spalle, e pure qualche vicenda misteriosa come s’usa nelle nobili famiglie, a partire da quell’antenata che aveva Gaetano Donizetti come insegnante di musica, e dovette sposarsi alla svelta pare perché aspettava un figlio. La vicenda è oscura, come sempre certe vicende. Di fatto, da allora nella schiatta dei Finardi cominciarono a fiorire vocazioni musicali mai riscontrate in precedenza  Questo per dire che Finardi è musicista e gentiluomo. Disponibile oltre misura. Non so voi: figuratevi di essere lì da Oven che vi state gustando una zuppa (Eugenio in questo mese di lavoro a Torino ha pranzato quasi sempre da Oven, mentre a cena perlopiù andava alla Barricata, dove si mangia bene e c’è una cameriera la cui avvenenza è già leggenda dell’underground torinese), insomma, voi state gustandovi la vostra zuppa quando un tipo sbucato da un negozio di fronte vi arpiona e vi fa “devo cantarti una mia canzone, vengo qui con la chitarra e te la canto”. Beh, probabilmente reagireste con qualche ruvidezza. Finardi no, solo chiede di poter terminare la sua zuppa, poi raggiunge il tipo che nel frattempo è rientrato nel suo negozio, e sta di vedetta dalla vetrina con la chitarra in mano. Il tipo – che ha ovviamente un nome, e me l’ero pure appuntato, ma ho perso l’appunto e molto mi dispiace per il tipo che per tal motivo in questo articolo continuerà a chiamarsi solo Il Tipo – spiega a Finardi di aver frequentato la scuola per musicisti di Mogol (e a me pare di intravvedere sul nobile volto di Finardi un’ombra di disappunto, ma può essere un’impressione mia) e poi si siede con la chitarra in mano fra cassette di pesche e pacchi di pasta e suona e canta la sua canzone. Al termine, Il Tipo chiede a Finardi un giudizio e Finardi gli risponde che è un ottimo chitarrista, “sei più bravo di me” gli fa, e Il Tipo è contento come una pasqua. Non so se Finardi sia sincero sincero, pur essendo uomo d’onore. Comunque usciamo dal negozio del Tipo fra reciproche affettuosità, e tanto basta.
Piazza Vittorio: "Torino città della musica", per Eugenio è ok
Insomma, è una giornata così. Max dopo pranzo è tornato in studio, perché è uno sgobbone, mentre Eugenio ed io continuiamo a girellare e man mano che girelliamo ci cresce la stupidera, e ci scattiamo le foto con l’iPhone (quelle che vedete in queste pagine, e tenete conto che le ho fatte con l’iPhone, e poi non sono  Elmut Newton) come ragazzotti in stupidera, e io ho l’idea di fotografarlo mentre attraversa via Giulia di Barolo sulle strisce pedonali tipo Abbey Road, e lui ha l’idea di farsi fotografare sotto la targa di via Artisti “così si capisce che sono un artista”, e altre stupidere così. Tutt’intorno, Vanchiglia ci guarda complice. Siamo a due passi da casa di Matilde Pellissero detta Tilde (via Bava 102 quarto piano) ed Eugenio Finardi è molto felice perché è innamorato di Vanchiglia.
Gli innamorati sono sempre felici.

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