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CHE NE FACCIAMO DI TRAFFIC? UN POST COL CASCO BLU

L'assessore Braccialarghe si studia Traffic da vicino
Adesso, a giochi fatti, vogliamo ragionare con calma e senza isterie del futuro di Traffic?
Intanto, credo che sia necessario allineare i dati di fatto, per poi pensare alle possibili soluzioni.

I DATI DI FATTO

1) Anche quest'anno Traffic ha fatto centro: 80 o 100 mila che siano stati gli spettatori nei tre giorni, e tenuto conto del tempo malignazzo, siamo davanti a numeri strabilianti. Ancor più se si pensa che il cartellone dell'undicesima edizione non presentava le megastar (fuori dalla portata economica della rassegna) bensì nomi, dai Pet Shop Boys ai Cani con Pezzali, ai Litfiba, interessanti che hanno avuto una risposta superiore ad ogni aspettativa. Questo dimostra che Traffic è ormai un marchio (un brand, si dice oggi) riconoscibile e riconosciuto: la gente si fida, e lo considera un appuntamento da non mancare comunque. E' una consuetudine a cui i torinesi non amano rinunciare: come Luci d'Artista o i fuochi di San Giovanni, per capirci. Quindi, punto primo: buttare via un marchio affermato sarebbe un'idiozia.
2) Traffic è un festival virtuoso per due motivi: intanto, destina ben il 60 per cento del budget totale ai cachet degli artisti, percentuale superiore a quella corrente per manifestazioni analoghe. In altre parole, punta alla qualità, cercando però di spuntare i prezzi migliori.
Inoltre, con un budget che mediamente è la metà rispetto al Festival Jazz e al Festival Mozart, richiama un pubblico altrettanto se non più numeroso; e pur non beneficiando dell'importante sforzo sul piano della comunicazione che il Comune mette in atto per Jazz e Mozart, Traffic ottiene un'ampio visibilità, sprecialmente in rete, attirando spettatori non soltanto locali.
La piazza di Traffic: i numeri impongono riflessioni non superficiali
3) In Comune l'entusiasmo per Traffic è ormai scarso. In particolare, alcuni funzionari dell'assessorato alla Cultura scalpitano, presumo perché ambirebbero a prendere direttamente o indirettamente in mano le redini del festival. Da questa impazienza era nato il progetto dello squinternato Minestrone Festival: pare tuttavia che alla fine il senso del ridicolo abbia prevalso, e il progetto stia tramontando. E' però lecito e comprensibile che alcuni pensino che la formula di Traffic, dopo undici anni, debba cambiare, o almeno venire aggiornata. Non so quale sia in merito la posizione dell'assessore Braccialarghe: ritengo però che l'uomo non abbia particolari pregiudizi. E' ovvio che ami Jazz e Mozart, che sono creature sue; ma è intelligente (e galantuomo) e non penso voglia silurare Traffic per partito preso. E' vero, ha destinato a Jazz e Mozart lo "sponsor facile" Iren (non raccontiamoci storie: una partecipata del Comune mette i soldi dove vuole il Comune). Però si è impegnato, e con lui si è impegnata allo spasimo Angela Larotella, per trovare uno sponsor forte per Traffic, e portare a casa Lottomatica è stato comunque un ottimo colpo, al netto delle polemiche.
4) Il gruppo di direzione di Traffic è sfilacciato: pertroppo le cose stanno così, non è un segreto per nessuno. Non è una crisi di rapporti personali (sempre ottimi) ma fra il gruppo di Hiroshima e Max Casacci è evidente una differenza di vedute soprattutto sulla filosofia e le modalità del festival. Casacci pensa a una manifestazione piuttosto diversa dall'attuale, e per quel che ne so è più in sintonia con il "sentiment" che gira in Comune. In compenso, la capacità organizzativa di Hiroshima ha vinto ancora una volta: i risultati di Traffic 2014 sono lì a dimostrare che le professionalità non si inventano. Gestire una macchina tanto complessa e finanziariamente impegnativa, con enormi masse di spettatori e artisti di alto livello, è un lavoro duro che non ammette distrazioni o improvvisazioni.

UNA ROAD MAP

Che fare? Intanto, non si può perdere tempo. Per qualsiasi manifestazione, uno dei principali ostacoli nella ricerca degli sponsor è la mancanza di certezze: se non si è in grado di presentare un progetto e un cast definiti per tempo - prima che le aziende chiudano il planning degli investimenti pubblicitari - è quasi impossibile ottenere un impegno economico importante da parte dei privati.
Quindi, si parlino - e subito - Traffic e il Comune, ma anche la Regione: il nuovo assessore Antonella Parigi deve dire la sua, e ha un bagaglio di esperienze concrete che potranno essere preziose, come s'è visto nella vicenda di Alpette Rock. Urge un franco confronto sul futuro. Dopo il successo incondizionato di quest'ultima edizione è impossibile liquidare la questione con una chiusura totale da parte della pubblica amministrazione. Pubblica amministrazione che ha tuttavia il diritto (e direi anche il dovere) di indicare obiettivi e linee guida, a fronte di un sostegno più convinto alla manifestazione. Non penso al finanziamento economico, o almeno non solo: il sostegno può avere molte e articolate forme. E non sarà male studiare con attenzione altri modelli virtuosi, come Collisioni.
Per guardare al futuro bisogna però partire dai risultati ottenuti; e da chi ha contribuito a ottenerli. A mio avviso, la direzione attuale di Traffic dà ogni garanzia di qualità: sia Casacci, sia Hiroshima (nella persona di Fabrizio Gargarone), sia Alberto Campo sono, nei rispettivi ambiti, risorse indiscutibili. E da loro è giusto ricominciare, mettendo da parte divisioni e idiosincrasie; anche da parte degli ambienti dell'assessorato.
Occorrerà confrontare opinioni e progetti. Se Traffic dovrà crescere, aggiungendo alla sua mission nuovi elementi di modernità (come pensa Casacci e, credo, anche il Comune) nulla vieta di seguire quel percorso. D'altra parte, è chiaro che i grandi concerti devono rimanere centrali, perché questo esige in primis il pubblico: e sui concerti il tandem Hiroshima-Campo è una garanzia. Questo non esclude l'ingresso di altri player: nessuno ha il posto garantito a vita. Però, ripeto, le scelte devono essere motivate e non umorali.
Non si sprecano le risorse umane e professionali. Non possiamo permettercelo.
Io la vedo così. Poi, faranno loro. Ma comunque devono parlarsi chiaro, e lasciare a  casa i rispettivi giramenti di balle. Perché, a furia di giramenti, rischiamo di rompere il giocattolo, e doverci poi accontentare di qualche trovata last minute ad alto tasso di fallibilità: l'esperienza dei Murazzi dovrebbe pur insegnare qualcosa.

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