Stati Generali della Cultura: tutti al Carignano a sentirsi dire, "quanto siete bravi, continuate così, con le pezze al culo" |
Sono state dette cose molto interessante per gli addetti ai lavori. Hanno anche presentato la relazione annuale dell'Osservatorio Culturale del Piemonte per l'anno 2015, pieno di dati come sempre, con scarsi spostamenti rispetto al 2014, e che come sempre conferma che il mondo è pieno di ignoranti, perché anche nel 2015 un piemontese su due ha continuato pervicacemente a rifiutarsi di aprire foss'anche un solo libro, o di entrare in un cinema. Tuttavia, la minoranza che si ostina a frequentare teatri, concerti e musei lo fa con crescente intensità.
La cosa non mi sorprende: mi basta mettere il naso fuori di casa, o aprire internet, per constatare la densità media di analfabeti funzionali.
E' stato anche detto, e dimostrato, che l'impresa culturale, bistrattissima, resiste ai tagli e altre inteperie innovando e escogitando nuove strade di sopravvivenza. Non vorrei che ciò eccitasse lorsignori a escogitare più inediti e stravaganti stratagemmi per abbatterla definitivamente.
Il rapporto dell'Osservatorio Culturale dovete leggervelo per bene
Il rapporto dell'Osservatorio fotografa benissimo la situazione, con dovizia di particolari, mettendo in evidenza luci e ombre. E poiché ritengo che, se siete davvero interessati, sia più utile che vi impegniate un po' per capire la situazione nel dettaglio, e non con le solite semplificazioni giornalistiche che alla fin fine non spiegano niente, o non spiegano tutto, vi invito a leggervi il rapporto che vi linko qui, evitandomi la fatica di trascriverlo. Ci trovate anche le conclusioni degli Stati Generali. Dedicateci il tempo che serve. Semmai, nei prossimi giorni ci tornerò sopra, punto per punto, cercando di evidenziare gli apsetti che ritengo più importanti. Ma se siete del settore dovete leggerlo tutto, e con grande attenzione; se invece non siete addetti ai lavori potete benissimo aspettare che mi torni la voglia di scrivere. E comunque domani sui giornali troverete ampi sunti, sulla cui attendibilità non mi sbilancio.Il battibecco fra Leon e Parigi
Ma oggi ho poco tempo e tante cose da raccontare, per cui passerei ad altro, non prima di riferire dell'unico aspetto del convegno che potrebbe davvero eccitare un titolista: ovvero l'indiretto battibecco fra Leon e Parigi. Che le due non si amino più è lampante, con quello che sta capitando al Museo del Cinema; e stamattina al Carignano con la Parigi - che ignorava ostentatamente la Leon - c'era pure il Chiampa, più imbufalito di lei. Ma questo riguarda appunto le disgrazie del Museo del Cinema, che saranno oggetto in tarda serata di succulento post a sé. Leon e Parigi, però, nei loro interventi hanno detto due cose diametralmente opposte a proposito dei bandi: il che ha assai eccitato alcuni giornalisti presenti, convinti che si riferissero ai bandi per le nomine, come giustappunto quello per la direzione del Museo, testé ridotto a carta da culo.Ma l'amor suo non muore: alla Leon piace il bando
Le due fanciulle si riferivano invece ai bandi per l'assegnazione dei contributi: la Leon ha promesso che quello dell'anno prossimo sarà efficiente, efficace e "scritto confrontandosi con le associazioni". In effetti quello del 2016 ha avuto un esito deludente, con 63 soggetti a spartirsi dopo mesi di attesa quattro soldi: appena 312 mila euro fra tutti (ancor meno dei 325 mila in ultimo previsti) e cioè in media neppure 5 mila euro cadauno. Leon assicura che l'anno prossimo la pratica sarà sistemata nei primissimi mesi. Ha pure annunciato un mirabolante "bando per le periferie", del quale posso dirvi soltanto che "sarà proposto appena ci saranno le risorse". Considerato che la giunta comunale è reduce da un'altra sforbiciata alla cultura di 1,6 milioni (si scende da 26.671.000 a 25.071.000, con danni specie per i più piccoli) non la vedo tanto bene. Vabbé. Neanche di questo volevo parlarvi. Vi dicevo dell'entusiasmo della Leon per il bando.Le riconosco un coraggio da Leon, a pronunciare la parola "bando" in pubblico all'indomani dell'inverecondo papocchio del Museo del Cinema. Ma la pronuncia. E dice che il bando è cosa buona e giusta (tranne qualndo lo vince un piddino, ma questa, l'ho detto, è un'altra storia).
E invece Antonella ha cambiato idea
E bon. Prende la parola Parigi, ed esordisce: "Voglio confessarvi che ho cambiato idea". Suspence. L'assessore che cambia idea? Ma quando mai?"Ho cambiato idea - continua Parigi - a proposito dei bandi. All'inizio pensavo che tutto potesse funzionare con i bandi. Non la penso più così. Come ente locale dobbiamo garantire una stabilità a chi porta avanti progetti che riteniamo meritevoli di essere appoggiati; questa gente non può aggrapparsi soltanto alla speranza di vincere il bando. Per il pubblico amministratore è gratificante dare qualcosa a ciascuno, ma alla fine bisogna assumersi la responsabilità politica di scegliere, per far crescere le realtà in base a una visione culturale complessiva. Se i bandi portano al livellamento per tutti, sono sbagliati, perché dare poco a tutti non serve a nessuno".
Ripeto per gli zucconi: si sta parlando di bandi per l'assegnazione dei contributi, non di bandi per le nomine. Sforzatevi di distinguere. Comunque, anche messa così, è una notizia. Intanto, c'è il ravvedimento di Antonella Parigi su una pratica che rischiava di riportarci ai tempi dei famigerati "finanziamenti a pioggia". E soprattutto è finita la mascherata. Comune e Regione manco fanno più finta di sopportarsi.
Sarà un disastro. Ma molto divertente.
Noto che nelle 133 pagine della relazione il termine "biblioteche" compare per ben tre volte, se si escludono le tabelle statistiche dove il termine si trova sempre associato a dati aggregati con quelli dei musei e degli archivi.
RispondiEliminaIn particolare l'unica "osservazione" sulle biblioteche compare a pagina 27, in un passaggio in cui si rileva che:
"Le reti specializzate come quelle ormai sperimentate da decenni dalle biblioteche, pur offrendo un riferimento di successo dal quale v'è molto da apprendere, appaiono più difficilmente sostenibili, meno capaci di trovare le risorse economiche per la loro attività e sopravvivenza."
(Traducendo: le biblioteche costano e non si autofinanziano, non fanno cassa e quisti prima o poi sono destinate a chiudere per morte lenta)
Il termine compare altre due volte nella sezione "Biblioteche" (pag 95-96) dove vengono fornite due tabelline di dati statistici relativi a quanti libri ci sono nelle biblioteche piemontesi, quanti libri vanno in prestito e a quanti lettori.
Stop.
Definire come "Cenerentola" il ruolo delle biblioteche in questa favola bella di 133 pagine, sarebbe fin troppo lusinghiero.
Le parole "cultura" e "biblioteche" nell'immaginario di politici, tecnici, esperti e compagnia cantante si stanno lentamente e inesorabilmente distaccando l'una dall'altra.