"Annunciazione" di Orazio Gentileschi: l'artista inviò il dipinto in dono a Carlo Emanuele I sperando di entrare al suo servizio |
In mostra alla Sabauda: la cultura di un Savoia che vedeva lungo
La prima ha aperto l'altro ieri, e non ne ho scritto subito perché ero indaffarato con la penosa vicenda del Museo del Cinema. Si intitola "Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia", è ospitata alla Galleria Sabauda e alla Biblioteca Reale, sostenuta dalla Consulta per i Beni Artistici e dalla Compagnia di San Paolo, e rievoca un'avventura straordinaria: quella di Carlo Emanuele I, il primo dei Savoia che sfuggì all'atavica selvatichezza della casata diventando uno dei più raffinati collezionisti d'Europa: con onnivorà voracità riunì una lussureggiante e caotica congerie di dipinti, sculture, capolavori d'oreficeria, libri preziosi, arazzi, armature, curiosità assortite: tesori che in seguito andarono in parte dispersi, e che per la prima volta da allora sono in buona parte riuniti in questa prima grande mostra completamente organizzata dai Musei Reali.Non starò a raccontarvi l'intera storia di Carlo Emanuele I, un Savoia illuminato che aveva capito ciò che oggi i discendenti dei suoi sudditi di allora non riescono più a intravvedere: e cioé che, come dicono le curatrici Pagella e Bava, "per fare grande una capitale, bisognava chiamare i più importanti architetti e artisti dell'epoca, e accrescere le raccolte della corte". Ovvero: mettere la cultura al centro del progetto di creare dal nulla una capitale europea.
Vabbé, stamattina non mi va di polemizzare. Vi invito però a vedere la mostra. Toglie il fiato.
Tra parentesi: nel ponte dell'Immacolata, prima cioé che la mostra inaugurasse, i Musei Reali hanno totalizzato ben 12 mila visitatori. I Musei Reali dipendono dal MiBACT, cioé direttamente dallo Stato.
In mostra al Museo Fico: la dignità perduta degli italiani
Tullio Farabola, "Bicicletta con carrozzino", 1945. In mostra al Museo Fico |
Gli scatti dei più grandi fotografi del Novecento, italiani (da Barengo Gardin a Scianna, da Samughero al "re dei paparazzi" Secchiaroli) e stranieri (da Robert Capa a Cartier Bresson), accompagnano il visitatore in un "viaggio in Italia" dal 1932 al 1968, dal Nord al Sud, dai campi alle officine, dai villaggi sperduti alle grandi città. Un'emozione per chi quegli anni ha vissuto, una scoperta per i giovani. Quelle foto sono la nostra identità, la nostra storia che stiamo dimenticando e rinnegando. Le foto più commoventi sono quelle che mostrano l'Italia del dopoguerra e della ricostruzione, la nostra miseria e la nostra nobiltà, entrambe oggi perdute.
I volti e gli sguardi di quegli italiani degli anni Quaranta-Cinquanta hanno, pur nella povertà, e fin nella disperazione, una dignità, una consapevolezza, una forza interiore che invano cercheresti nei grugni abbruttiti dal rancore e dalla protervia di chi oggi vomita odio e cazzate nelle piazze virtuali della tivù e della rete, o dai banchi di qualche consesso sedicente "politico".
Non voglio dire che si stava meglio quando si stava peggio. Ma di certo si incontravano persone più frequentabili.
Commenti
Posta un commento