Con la nomina di Massimo Bray alla presidenza, il Salone del Libro ha completato il percorso d'avvicinamento alla sofferta edizione del trentennale.
Sei mesi fa non avrei puntato dieci euro sulla sopravvivenza del malconcio. Ce l'hanno fatta in virtù di una serie di favorevoli circostanze - a cominciare da un evidente appannamento della concorrenza milanese - e di una "governance" provvisoria ma non aleatoria: Mario Montalcini e Giuseppe Ferrari - presidente e segretario generale pro tempore - hanno fatto l'impresa, e pure la scelta di Nicola Lagioia per la direzione s'è rivelata meno stravagante di quanto pensassi.
Quindi ce la faranno. Ma le incognite e le criticità sono ancora tante, e pesanti. E non mi riferisco solo alla voglia di disimpegno del MiBACT e del Miur, renitenti a entrare nella nuova Fondazione, né al blocco sui tavoli ministeriali del nuovo Statuto.
A quanto pare è andata meglio di quanto le premesse lasciassero sperare. Ma dal 22 maggio, appena chiusa la trentesima edizione, i giochi si riapriranno, e torneranno evidenti rischi e fragilità. Si era capito fin da subito che il vero problema non sarebbe stato tanto il trentesimo Salone, quanto il trentunesimo.
Altro punto cruciale per il futuro del Salone del Libro sarà il rapporto fra Montalcini e Bray. Montalcini sarà l'operativo, quello con le deleghe esecutive, gestionali e legali; Bray avrebbe un ruolo di rappresentanza. Come sempre, la convivenza pacifica fra poteri è un'ardua scommessa. Incrocio le dita.
Un punto di partenza può essere la "vetrina dei festival culturali italiani" pensata l'edizione 2017. Trasformare lo spunto in progetto vero è proprio sarà anche responsabilità del neopresidente Bray. Ma i presupposti sono interessanti. Azzardo una road map, a lume di naso e di logica. Quest'anno il Salone ha collaborato molto e bene con la Bologna Children's Bokk Fair, la Fiera del Libro per Ragazzi. Bologna Fiere, che la organizza, è appena entrata nella newco che gestisce la Fiera del Levante di Bari: creare un'iniziativa sul libro a Bari, collegata con quelle di Bologna e di Torino, sarebbe un passo verso la creazione di una "rete del libro" che includa altri festival già affermati, come Più Libri Più Liberi di Roma e altri che stanno emergendo, tipo Firenze Libro Aperto. A quel punto anche con Milano si potrebbe immaginare un rapporto di collaborazione paritario: la forza del "sistema" annacquerebbe la strapotenza (e la prepotenza) economica e politica dei bauscia.
Ricopio qui anche il comunicato di giornata dell'ufficio stampa del Salone:
Alcune fra le più importanti case di produzione televisive, cinematografiche e new media italiane e internazionali saranno a Torino dal 18 al 20 maggio prossimi per l’IBF - International Book Forum del 30° Salone Internazionale del Libro, con l’obiettivo di individuare contenuti esclusivi da acquistare e trasformare in film, fiction e altri prodotti destinati al grande e al piccolo schermo nonché al web.
Ha infatti raccolto ampi consensi nel settore e numerose adesioni la novità dell’IBF 2017, che per la prima volta apre le porte al comparto dell’audiovisivo con la sezione Book to Screen (in realtà non è la prima volta: già nel 2009 l'IBF aveva portato al Salone molte case cinematografiche. Mi ricorda l'amico Francesco Signor con un puntuale commento su Fb che "su quell'onda nacque addirittura un bellissimo progetto con il TorinoFilmLab, chiamato AdaptLab, che favorì la trasposizione di diversi libri in sceneggiatura cinematografica, poi presentati a decine di potenziali produttori nel corso del Torino Film Festival. È stata una bellissima esperienza che ha visto tra i principali motori persone che reputo tra le migliori di questo panorama, come Maurizia Rebola, Savina Neirotti ed Alberto Barbera. Il progetto, che ha dato enormi soddisfazioni (non di tipo economico, sia chiaro), è stato progressivamente smantellato per i soliti tagli lineari di budget, fino a scomparire", NdG). Nella business area destinata agli incontri B2B tra operatori internazionali per la compravendita di diritti editoriali, alla tradizionale presenza di editori, italiani e stranieri, e di agenti letterari, si affianca quest’anno una compagine che conta 40 realtà professionali coinvolte fra produttori, scout, agenti e uffici diritti e che annovera i marchi più importanti del comparto a livello mondiale.
In particolare, fra i produttori italiani hanno formalizzato la propria adesione Cattleya, Kimera film, Tangram, Lucky Red, Bibi Film, Malia Produzioni, Fox, Mediaset, Ascent, Groenlandia, Wildside, Ballandi Arts, Cross Productions, Palomar, 11 Marzo Film.
I produttori stranieri sono invece i danesi di Nordisk Film Distribution, i francesi di Studio Canal, dal Regno Unito Film4, Warp Films e DNA Films e Amazon Studio dagli USA. Per quanto riguarda l’attività di scouting, ci saranno le case italiane Titanus, Notorius e Filmauro e dall’estero le statunitensi HBO, Fox, AMC e Netflix.
Sul fronte agenti e uffici diritti, le presenze nazionali riguardano Vigevani-Ali-Bernabò, Grandi e Associati, PNLA, Malatesta Agency, Alferij e Prestia, Carpinelli Consulenze editoriali, mentre dall’estero arrivano EFA (Regno Unito), WME (USA), Rogers, Coleridge & White (Regno Unito), Wylie Agency (Regno Unito), David Higham (Regno Unito) e C+W (Regno Unito).
Complessivamente l’IBF 2017 vedrà la partecipazione di 313 operatori in rappresentanza di 28 paesi. Sede degli incontri, le sale del Museo Carpano a Eataly.
Sei mesi fa non avrei puntato dieci euro sulla sopravvivenza del malconcio. Ce l'hanno fatta in virtù di una serie di favorevoli circostanze - a cominciare da un evidente appannamento della concorrenza milanese - e di una "governance" provvisoria ma non aleatoria: Mario Montalcini e Giuseppe Ferrari - presidente e segretario generale pro tempore - hanno fatto l'impresa, e pure la scelta di Nicola Lagioia per la direzione s'è rivelata meno stravagante di quanto pensassi.
Quindi ce la faranno. Ma le incognite e le criticità sono ancora tante, e pesanti. E non mi riferisco solo alla voglia di disimpegno del MiBACT e del Miur, renitenti a entrare nella nuova Fondazione, né al blocco sui tavoli ministeriali del nuovo Statuto.
Dove osano le aquile della politica
Fare l'edizione del trentennale è stato un obiettivo non rinunciabile della politica: un fallimento avrebbe affratellato nello sputtanamento Comune e Regione, che si sono dovuti alleare per non affondare insieme. E di conseguenza non hanno ficcato i loro prepotenti peperoni oltre le soglie di tolleranza, lasciando che quelli bravi facessero il lavoro sporco di tirare il Salone fuori dalla merda in cui la politica l'aveva precipitato (e se siete di memoria corta e non ricordate più la sesquipedale valanga di minchiate che gli zuavi hanno saputo sfornare attorno al Salone, rileggetevi, vi prego, il resumé che trovate qui linkato).A quanto pare è andata meglio di quanto le premesse lasciassero sperare. Ma dal 22 maggio, appena chiusa la trentesima edizione, i giochi si riapriranno, e torneranno evidenti rischi e fragilità. Si era capito fin da subito che il vero problema non sarebbe stato tanto il trentesimo Salone, quanto il trentunesimo.
Il banco del bando
Il primo banco di prova sarà la scelta del segretario generale, dato che terminerà l'incarico del "pro tempore" Giuseppe Ferrari, distaccato d'urgenza dal Comune a tenere in piedi la baracca quando il crollo sembrava inevitabile. Ci sarà un bando, presumo. E lì si vedrà se i nostri zuavi hanno perso, oltre al pelo, anche il vizio. Ne dubito assai, alla luce delle recenti esperienze di bandi usati come carta da culo da parte degli zeloti del bando trasparente.Altro punto cruciale per il futuro del Salone del Libro sarà il rapporto fra Montalcini e Bray. Montalcini sarà l'operativo, quello con le deleghe esecutive, gestionali e legali; Bray avrebbe un ruolo di rappresentanza. Come sempre, la convivenza pacifica fra poteri è un'ardua scommessa. Incrocio le dita.
Una rete del libro
Superata l'emergenza, il Salone per sopravvivere avrà bisogno di alleati - di "fare rete", come dicono i politici che non fanno rete manco a morire.Un punto di partenza può essere la "vetrina dei festival culturali italiani" pensata l'edizione 2017. Trasformare lo spunto in progetto vero è proprio sarà anche responsabilità del neopresidente Bray. Ma i presupposti sono interessanti. Azzardo una road map, a lume di naso e di logica. Quest'anno il Salone ha collaborato molto e bene con la Bologna Children's Bokk Fair, la Fiera del Libro per Ragazzi. Bologna Fiere, che la organizza, è appena entrata nella newco che gestisce la Fiera del Levante di Bari: creare un'iniziativa sul libro a Bari, collegata con quelle di Bologna e di Torino, sarebbe un passo verso la creazione di una "rete del libro" che includa altri festival già affermati, come Più Libri Più Liberi di Roma e altri che stanno emergendo, tipo Firenze Libro Aperto. A quel punto anche con Milano si potrebbe immaginare un rapporto di collaborazione paritario: la forza del "sistema" annacquerebbe la strapotenza (e la prepotenza) economica e politica dei bauscia.
Arriva il cinema (ma non per la prima volta)
Ricopio qui anche il comunicato di giornata dell'ufficio stampa del Salone:
Alcune fra le più importanti case di produzione televisive, cinematografiche e new media italiane e internazionali saranno a Torino dal 18 al 20 maggio prossimi per l’IBF - International Book Forum del 30° Salone Internazionale del Libro, con l’obiettivo di individuare contenuti esclusivi da acquistare e trasformare in film, fiction e altri prodotti destinati al grande e al piccolo schermo nonché al web.
Ha infatti raccolto ampi consensi nel settore e numerose adesioni la novità dell’IBF 2017, che per la prima volta apre le porte al comparto dell’audiovisivo con la sezione Book to Screen (in realtà non è la prima volta: già nel 2009 l'IBF aveva portato al Salone molte case cinematografiche. Mi ricorda l'amico Francesco Signor con un puntuale commento su Fb che "su quell'onda nacque addirittura un bellissimo progetto con il TorinoFilmLab, chiamato AdaptLab, che favorì la trasposizione di diversi libri in sceneggiatura cinematografica, poi presentati a decine di potenziali produttori nel corso del Torino Film Festival. È stata una bellissima esperienza che ha visto tra i principali motori persone che reputo tra le migliori di questo panorama, come Maurizia Rebola, Savina Neirotti ed Alberto Barbera. Il progetto, che ha dato enormi soddisfazioni (non di tipo economico, sia chiaro), è stato progressivamente smantellato per i soliti tagli lineari di budget, fino a scomparire", NdG). Nella business area destinata agli incontri B2B tra operatori internazionali per la compravendita di diritti editoriali, alla tradizionale presenza di editori, italiani e stranieri, e di agenti letterari, si affianca quest’anno una compagine che conta 40 realtà professionali coinvolte fra produttori, scout, agenti e uffici diritti e che annovera i marchi più importanti del comparto a livello mondiale.
In particolare, fra i produttori italiani hanno formalizzato la propria adesione Cattleya, Kimera film, Tangram, Lucky Red, Bibi Film, Malia Produzioni, Fox, Mediaset, Ascent, Groenlandia, Wildside, Ballandi Arts, Cross Productions, Palomar, 11 Marzo Film.
I produttori stranieri sono invece i danesi di Nordisk Film Distribution, i francesi di Studio Canal, dal Regno Unito Film4, Warp Films e DNA Films e Amazon Studio dagli USA. Per quanto riguarda l’attività di scouting, ci saranno le case italiane Titanus, Notorius e Filmauro e dall’estero le statunitensi HBO, Fox, AMC e Netflix.
Sul fronte agenti e uffici diritti, le presenze nazionali riguardano Vigevani-Ali-Bernabò, Grandi e Associati, PNLA, Malatesta Agency, Alferij e Prestia, Carpinelli Consulenze editoriali, mentre dall’estero arrivano EFA (Regno Unito), WME (USA), Rogers, Coleridge & White (Regno Unito), Wylie Agency (Regno Unito), David Higham (Regno Unito) e C+W (Regno Unito).
Complessivamente l’IBF 2017 vedrà la partecipazione di 313 operatori in rappresentanza di 28 paesi. Sede degli incontri, le sale del Museo Carpano a Eataly.
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