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LA COMMISSARIA E GLI SCASSAMINCHIA

La commissaria del Regio Rosanna Purchia

A questo punto sono convinto che il peggior ricordo di Torino che si porterà a casa al termine del suo incarico la commissaria straordinaria del Regio Rosanna Purchia saranno le audizioni davanti alla Commissione cultura, il rito tribale per cui chi sa e fa si sottopone all'esame di chi né sa, né fa un cazzo.
Tale rito è tipico di Torino: altrove non si celebra se non per reale necessità, mentre da noi ricorre ogni qualvolta i consiglieri comunali sentono l'urgenza di certificare il proprio ruolo e affermare la propria evanescente personalità.
Sicché le audizioni in Commissione cultura si risolvono in una curiosa pantomima: dapprima l'esaminando descrive il suo lavoro, le sue attività, i suoi risultati e obiettivi mentre gli esaminatori pensano ai casi loro o si sforzano vanamente di capire; quindi giunge il momento delle domande, ovvero il palcoscenico sul quale i consiglieri comunali mettono in mostra la loro sagacia, sfoggiano le loro discutibili virtù oratorie e la loro indiscussa propensione alla prolissità, e rivelano i loro profondi pensieri al mondo che in realtà non sembra minimamente interessato a conoscerli. Insomma, un po' lo Speakers' Corner a Hyde Park, ma con il gettone di presenza per i concionatori estemporanei.
Stamattina, alla seconda audizione nel giro di due mesi, la Paziente Purchia legge la sua relazione sullo stato dei lavori al Regio. Non ci sono grandi novità, però quelle poche sono buone: i vecchi debiti con gli artisti sono stati ridotti e a breve l'intero pregresso sarà saldato, sono stati incassati i crediti scaduti, è pronto il famoso progetto di ristrutturazione da 8,5 milioni e il teatro chiuderà da giugno a ottobre per completare la prima e più impegnativa tranche dei lavori.
Al termine della relazione della commissaria del Regio, arriva il momento tanto atteso dai commissari del popolo, quello delle domande. Domande che certificano quanto già si sapeva: lorsignori sanno poco del Regio, il poco che sanno è attinto all'inesauribile fonte dell'interno malcontento rancoroso, però sono convinti di saper insegnare ad arrampicarsi ai gatti.
Il conseguente scassamento di minchia è troppo persino la Paziente Rosanna: quando, piacendo al cielo, i componenti della Commissione cultura esauriscono il loro repertorio, lei apre la sua replica con un pensoso e condivisibile interrogativo: “Non so voi con chi parlate e quali giornali leggete”.
E parte un educato cazziatone, che commento sul Corriere. D'altronde, già la volta scorsa la Capatosta Purchia non l'aveva mandata a dire.
Qui, in sede di cronaca, voglio invece dare spazio alle risposte puntuali della Paziente, che per quanto costernata per il livello del dibattito affronta e smonta le obiezioni, e spiega. Riporto alcune delle spiegazioni, sempre per dovere di cronaca.
A quello che da mesi scassa i cabasisi perché vuole vedere le relazioni dei Revisori dei conti, spiega che quei documenti sono diretti non al Regio bensì ai ministeri competenti, il Mef e il MiBac, e quindi li chieda ai ministeri competenti.
A quello angosciato per il destino di due lavoratori a tempo determinato che una recente sentenza ha obbligato il Regio ad assumere in pianta stabile (tanto pago io...), i quali lavoratori subirebbero la discriminazione della cassa integrazione, spiega che i due lavoratori stanno lavorando (e ci mancherebbe...) come tutti gli altri, e andranno in cassa integrazione come tutti gli altri a metà marzo, come previsto.
Al detective che sospetta papocchi perché sul sito dell'amministrazione trasparente non risultano i bandi per alcune cariche di vertice e consulenze, spiega che non c'è stata nessuna nuova assunzione, bensì nomine interne per valorizzare le competenze esistenti, e consulenze affidate attingendo al “bacino” degli ex contratti a tempo, come piace a lorsignori.
A quella in ansia perché “si vocifera” di un'esternalizzione delle biglietterie e della scuola di musica del Regio, spiega che la gestione della biglietteria non rientra nel core business del Regio e quindi non “si vocifera” di esternalizzazine, ma semplicemente l'esternalizzazione si farà; mentre la scuola rientra negli obiettivi artistici del Regio, quindi niente esternalizzazione, si informi bene e non dia retta alle voci.
Ai moralizzatori acuti che invocano tagli ai compensi di vertice piega che lei e i direttore amministrativo Mulé si ridurranno gli stipendi quando i lavoratori saranno in cassa integrazione, e che chiederà agli altri dirigenti di adeguarsi, e che ha fissato in duemila euro all'anno il tetto dei suoi rimborsi spese. Ma se io - per mia sciagura - fossi un pubblico amministratore, non insisterei tanto sul tasto dei rimborsi spese...
A quelli, infine, che si indignano per i 14 orchestrali a tempo determinato e i 3 co.co.co. i cui contratti non sono stati rinnovati, spiega che in tutti i teatri lirici del mondo si contrattualizzano a tempo determinato quegli orchestrali che, al di fuori dell'organico stabile, sono necessari per eseguire una determinata partitura (e, spiego io per maggiore chiarezza, se una determinata partitura richiede un suonatore di triangolo, non c'è motivo per assumere vita natural durante un suonatore di triangolo); e che gli orchestrali a tempo determinato non confermati sono comunque inseriti nel famoso “bacino” dal quale il Regio attinge qualora necessiti di servigi extra organico. E mi si consenta qui una chiosa: come dice il nome stesso, un contratto a termine ha un termine, e nell'ambiente musicale è frequentissimo. Se uno tiene al posto fisso, non poteva fare, che so, l'impiegato del catasto? O della motorizzazione? Cioè, datemi pure del nemico del popolo, però la carriera artistica non mi sembra, tradizionalmente, una carriera da garantiti. Fare l'artista con il culo al caldo è una splendida prospettiva, se volete anche una lecita aspirazione: ma insomma, non mi risulta che qualcuno pagasse le marchette e le ferie a Schubert.
Potrei continuare. Ma penso abbiate capito l'antifona. Lorsignori invece non hanno ancora capito che un commissariamento non è un pranzo di gala, e il commissario non è un sovrintendente che possono tenere per le palle quanto e come vogliono. 
Seppur sgradevole, questa è la realtà. Però lorsignori non temano, non durerà a lungo. “A fine commissariamento - li rassicura la Purchia congedandosi - il Regio tornerà alle istituzioni, che nomineranno il nuovo sovrintendente: chiunque esso sarà, voi che siete così vigili dovrete vigilare affinché il sovrintendente operi davvero secondo la legge, in qualità di unico organo di gestione, senza intromissioni della politica e del mondo sindacale: ciascuno deve fare il suo mestiere”.
Presumo che lo dica con amara ironia. Non può essere tanto ingenua da non sapere che, appena ne avranno la possibilità, i politicanti ricominceranno con i soliti paciocchi. Che ci possono fare? E' nella loro natura.

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