Adesso è ufficiale, Unicredit e Intesa SanPaolo entrano come soci nella Fondazione del Salone del Libro.
Quindi io sono il 13 barrato.
Succede.
Però ciò conferma un'altra mia opinione, che esprimevo nel medesimo post: Massimo Lapucci, segretario generale della Fondazione Crt, non si è dimesso dal CdA del Salone per "favorire, in una posizione di maggiore terzietà, l’ingresso di nuovi possibili soggetti sostenitori", come venne diplomaticamente dichiarato all'epoca. Prova ne sia che un altro consigliere d'amministrazione del Salone, Piero Gastaldo, segretario generale della Compagnia di San Paolo, non si è dimesso, eppure Intesa SanPaolo adesso entra ugualmente tra i "soci sostenitori" del Salone.
Ne deduco che Lapucci si è dimesso per altri motivi: non ultimo - a parte ovviamente i conti (quelli veri) disastrosi - ha pesato un legittimo rifiuto della famosa "normativa Cantone", l'obbligo populista di pubblicare on line la dichiarazione dei redditi, in spregio del diritto alla privacy. Obbligo che sta creando diffusi maldipancia tra molti consiglieri d'amministrazione di varie partecipate pubbliche che operano in ambito culturale. Costoro prestano un servizio civile non remunerato e si vedono costretti a mettere in piazza i fatti propri per soddisfare sanculotti e tricoteuses. Alcuni si sono già dimessi. Di recente ha fatto rumore il caso di Carla Fendi, che proprio per questa ragione ha mollato il Festival di Spoleto. Ma altri, ci scommetto, seguiranno.
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