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DOVE NON OSANO LE ARTISSIME


Le tavole da surf "a lisca di pesce" del francese Edgard Flauw a Operae
Ho fatto bene ad andar per mostre ieri. In questo preciso momento, mentre me ne sto al calduccio davanti al camino, i miei amici sono in coda all'Oval e non mi pare una situazione invidiabile.
A dire il vero, ad Artissima ho fatto soltanto un giro veloce in preview, e non so neppure se ci andrò. C'è un tal casino... 

Le Operae della nostra vita quotidiana

In compenso ieri ho visitato la parte che più amo di Contemporary, e cioè Operae, il festival del design indipendente che si tiene, per la sua settima edizione, a Palazzo Cisterna. Varrebbe la pena anche solo per la location: Palazzo Cisterna è un gioiello, vi suggerisco di farci un giro. Ma poi amo Operae perché parla di lavoro artigiano, di forme e materiali, e in una parola di cose. Cose che appartengono al nostro quotidiano – un tavolo, una sedia, un orologio, un tessuto... - ma diventano bellezza pura con la creatività di chi li pensa e la perizia di chi li realizza. E poi, essendo una fiera – come Artissima – a Operae puoi comperare i begli oggetti che vedi esposti. Con due non trascurabili vantaggi: il primo è che li puoi li comperare anche se non sei ricco sfondato. Il secondo è che quando te li porti a casa ciò magari ti servono pure a qualcosa: non solo a elevarti la mente, ma, poni, a tagliare il salame o ad appoggiarci la tivù. O a farci il surf, nel caso delle tavole disegnate dal francese Edgard Flauw ispirandosi alla lisca dei pesci.
Comodo e elegante: "The Grandfather Clock"
Ci sarebbe poi - a proposto di arte e vita quotidiana - “The Grandfather Clock” dell'olandese Bastiaan Buijs, che a prima vista sembra uno di quei vecchi orologi sotto la campana di vetro che le nonne tenevano sul cassettone del salotto buono; in realtà ha tutt'altra funzione, ma è così elegante e originale che può benissimo stare, se non proprio sul cassettone del salotto buono, quantomeno in bella vista sul comodino da notte.
Chiacchierando con Annalisa Rosso, curatrice di questa edizione di Operae, ho cercato di farmi spiegare come si distingua l'arte contemporanea dal design contemporaneo, e quando una sedia cessa di essere una cosa su cui ci si siede e diventa un'opera d'arte. Mi sembra di aver capito che la differenza sta essenzialmente negli occhi di chi guarda, e nelle decisioni dei grandi galleristi. Ma in realtà la questione poco m'appassiona.

Nesxt: l'orgoglio e la sfida di essere "no profit"

La prima edizione di Nesxt è ospitata in un capannone in via Quittengo 35
Dal vertice dell'arte applicata (diciamo così?) mi sono poi precipitato all'estremo opposto – anche geograficamente, perché sono finito in via Quittengo, in quella Torino nord dove regolarmente mi perdo. Lì, ovviamente in un capannone industriale, c'è Nesxt, l'esordiente avventura interdisciplinare diretta da Olga Gambari, che ha lasciato da The Others per dedicarsi a qualcosa di ancora più estremo: un network e un festival di “independent art” che riunisce artisti e progetti no profit. Vi confesso che la faccenda del no profit mi ha incuriosito, perché non riesco a capire come col no profit si paghino le bollette della luce; Olga mi ha a lungo parlato di condivisione di risorse, collaborazioni, amici che offrono gratis gli spazi e insomma, un po' mi pareva di sentire quella di “Ecce Bombo” - faccio cose vedo gente
Però Olga Gambari è una curatrice seria e preparata e una grandissima esperta d'arte, per cui se mi dice che può funzionare sono disposto a crederle. Mi ha anche detto d'aver già incontrato l'assessore Leon (beata lei) e Leon è molto interessata alla filosofia di Nesxt. Ci avrei giurato. Olga sostiene che su questo genere di iniziative dovrebbe puntare Torino, anziché investire su colossi come Artissima un budget che, da solo, basterebbe a sostenere una mezza dozzina di progetti come Nesxt. Mi sento rassicurato dal fatto che Leon l'altro ieri ha proclamato che non rinunceranno mai ad Artissima. Non so se una mezza dozzina di progetti come Nesxt riempirebbero Torino come la riempie Artissima, ma non mi va di buttarla sul mercantilistico, lo fanno già in troppi; di sicuro, però, progetti come Nesxt, coraggiosi e innovativi, sono necessari anche per dare un senso ad Artissima, al di là delle camere d'albergo e dei conti dei ristoranti. E viceversa (sono banale, lo so, ma di 'sti tempi è bene spiegare sempre tutto dal principio...), Nesxt ha un senso anche grazie ad Artissima, e come Nesxt le altre manifestazioni alternative/collaterali/fiancheggiatrici che sono nate e continuano a nascere attorno ad Artissima: Paratissima, The Others, Operae, Flashback, le mostre delle Fondazioni e dei Musei, oggi la Nottedelle Arti Contemporanee, da quest'anno pure TheGIFER che devo assolutamente vedere così saprò cos'è la Gif Art; e dall'anno prossimo Flat la fiera del libro d'arte... E non dimentichiamo che in questi giorni c'è Club to Club. Insomma: la contemporaneità a Torino è un sistema complesso, delicato, in crescita. E funziona.

Lo scenario perfetto per essere devastato.

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