Sapevo già le risposte, ma non ho
saputo resistere alla tentazione. In conferenza stampa c'erano,
insieme, Emanuela Martini e Paolo Damilano, così ho chiesto a
Emanuela la sua opinione sul festival nelle famose periferie, caldeggiato dai grillini, e sullo spostamento a giugno, vagheggiatoda Damilano.
Così, giusto per il gusto perfido di
creare imbarazzo.
Che poi, a proposito delle periferie,
Emanuela non ha niente in contrario. Purché qualcuno trovi i soldi
per affittare altre sale. Ok, ci sono altre variabili:
dall'identificazione delle periferie (il Fratelli Marx è in
periferia?) alla soddisfazione del pubblico che magari preferisce
andare al cine in centro. Ma il problema vero sono i soldi, perché
ogni sala in più sono costi.
Le vere urgenze
Prima o poi conquisteremo un biglietto... |
A occhio mi sembra
meno afflittivo un quarto d'ora in tram che mezz'ora in coda al
freddo.
Torniamo a noi e alle persone serie:
come vi dicevo, la Martini conferma il suo punto di vista. Lo fa con
estrema diplomazia, ma senza arretrare di un centimetro.
Dove comincia la periferia
Cominciamo con le periferie. “E'
importante che il Festival si allarghi ad altri strati della
cittadinanza e attragga un turismo diverso (ossequio alle istanze
comunali, NdG) anche se già adesso sono tantissimi gli spettatori,
anche quelli che arrivano da fuori città (rivendicazione orgogliosa
dei risultati veri, NdG). Certo, sarebbe utile avere più star
internazionali, che oltre all'attenzione dei media richiamerebbero
nuovi sponsor (concessione alle aspettative di Damilano, NdG) ma le
star internazionali costano (traduzione: io non ho niente
in contrario, ma chi caccia i soldi? NdG). Sono favorevolissima a
coinvolgere un pubblico potenziale che non conosce il Festival
(quello delle periferie, s'intende: si vede che in periferia internet e giornali arrivino meno che in centro, NdG) ma già oggi c'è un pubblico
numeroso che ci conosce e che ringrazio (traduzione: ma di che cazzo
state parlando? Questo è un Festival per la gente da sempre, mica
una congrega di quattro gatti cinefili, NdG). Portare pezzi del
Festival in sale in periferia potrebbe non essere sbagliato. Ma non
so dove (traduzione: in periferia i cinema sono quasi tutti multiplex,
e nei multiplex il pubblico del Festival non ci va, si è visto
quando hanno provato a farlo al Lingotto, NdG). Un cinema
interessante e abbastanza decentrato, per esempio, è l'Ideal. Ma il
concetto di periferia dipende dalle dimensioni della città. (E dei
cervelli, aggiungo io, NdG). E poi l'operazione dev'essere
economicamente sostenibile”. Stai fresca, Emanuela, qui non c'è
più un centesimo per far ballare un orso.
L'estate e l'inverno
Quanto allo spostamento a giugno,
niente di nuovo. Damilano ribadisce: “E' un'ipotesi su cui stiamo
ragionando, nulla più. In un mese caldo saremmo favoriti dal punto
di vista mediatico e turistico. Ma l'obiettivo è rendere il Festival
più coinvolgente per la città, rispettando le necessità tecniche
di chi lo deve organizzare”. E chi lo deve organizzare, cioé
Emanuela Martini, conferma che a giugno non puoi fare un festival con
film inediti, perché sei schiacciato fra Cannes e Venezia. Magari si
può pensare una rassegna di vecchi film all'aperto. Infatti a Torino
da sempre c'è almeno una rassegna (e spesso più d'una) di vecchi
film all'aperto.
Scambi d'affettuosità
Fine dell'intervista. Manuela, in
privato, mi bisbiglia: “Sei un vero bastardo; simpatico ma
bastardo”. Ne convengo, ma le faccio notare che le ho ho
risparmiato la domanda su che cosa pensa delle cene di gala-charity tanto
care a Damilano.
Poi Damilano, in privato, mi bisbiglia: “Non
hai fatto a Emanuela la vera domanda”. Quale?, chiedo io. E lui:
“Perché ha messo in apertura un film come quello di ieri sera”.
Io m'informo quando scadrà l'incarico di Emanuela Martini. “Penso
con la prossima edizione, nel 2018”, mi risponde.
Tiro un sospiro di sollievo. Alla
peggio, a 'sti due resta un solo anno di baruffe.
Ma io li capisco tutti. Damilano è
il presidente del Museo del Cinema, e deve rappresentare le richieste della politica. Martini è la direttrice del Festival, e deve
difendere la credibilità di un Festival che non è la sagra del
cinema di Viggiù.
E i politici devono fare i politici:
pontificare su ciò che non sanno.
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