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IL MARCHESE DEL GRILLO IN SALA ROSSA. UNA LETTERA SULLA MENZOGNA - RELOADED CON IL LINK AL FILMATO DELLA PENOSA PANTOMIMA

Alberto Sordi nella celebre scena de "Il marchese del Grillo" in cui tiene una lectio magistralis sul potere e le sue applicazioni pratiche
"Non è che una bugia raccontata tre o quattro volte diventa verità". Così Chiara Appendino, il 15 giugno 2015, dai banchi dell'opposizione inchiodava l'assessore Braccialarghe rinfacciandogli quelle che la Giovanna d'Arco a cinquestelle definiva "menzogne", a proposito del ruolo di Patrizia Asproni nella discussa nomina del direttore del Mao. 
Fu una scena amarissima, che speravo di non dover mai rivedere: un assessore stanco e provato ribadisce senza entusiasmo e senza crederci neppure lui una sua "verità" difficilmente sostenibile, mentre la veemente Pulzella di Moncalieri lo incalza agitando la spada fiammeggiante della Verità Ad Ogni Costo.

Un anno dopo, come in uno specchio

Purtroppo la stessa scena mi si è ripresentata innanzi, specularmente identica, ributtante e violenta come allora, oggi pomeriggio. Stessa situazione, ruoli invertiti.
Chiara Appendino, adesso sindaco, dieci giorni fa è stata accusata di mendacio (anzi, di "essere una bugiarda", senza tanti giri di parole), come vi ho raccontato nel post che vi linko qui. Oggi in Sala Rossa i nodi vengono al pettine: si discute la famosa "interpellanza generale" (che potete leggervi qui) nobilmente intitolata "Perché Appendino mente al Consiglio comunale?".

Se siete di stomaco forte, potete godervi l'intera pantomima nel filmato della seduta, che vi linko qui. Comincia a 1h 21' 03". Prima di vederlo, mandate a letto i bambini.
E' il classico splatterone sangue e merda. Le gridano in faccia di aver mentito a proposito dei suoi rapporti (meglio: non rapporti) con Patrizia Asproni. Le impartiscono lezioni di morale. Le intimano di chiedere scusa, oppure, se bugiarda non è, di querelare chi le ha dato della bugiarda, a tutela non dell'onorabilità sua, ma della città di Torino che rappresenta.
Lei si aggrappa ai cavilli, nega di aver mentito e quindi di doversi scusare: in Consiglio, ripete, ha detto che la sua segreteria "ha contattato l'Asproni il 4 ottobre"; e questo è vero, perché Appendino ha semplicemente taciuto, in Consiglio, sulle precedenti mail speditele dalla Asproni - peccato d'omissione, insomma - mentre su Facebook ha fornito una versione ben più dettagliata che viene smentita dalle mail medesime, esibite dal consigliere Morano
Prima parentesi: che un sindaco, su faccende che riguardano la città, sia più dettagliato su Facebook che in Consiglio comunale, a me pare una stronzata.
Seconda parentesi: anche oggi Morano si è esibito in un intervento di raffinata perfidia. Un autentico sacripante. Respect. E poi dicono che i notai sono noiosi...

Una risata ci seppellirà

Fatte salve le nequizie letterarie moranesche, non è un bel pomeriggio, quello che mi tocca di trascorrere fra quelle genti. Per quasi un'ora assisto a un'ostensione di miserie umane, di politica politicante, di ideali traditi. Un sindaco di Torino apertamente insultato in Consiglio comunale, con un insulto - "bugiarda" - che è sanguinoso per chiunque, figurarsi per un sindaco di Torino. Un sindaco di Torino che a un simile affronto, che è un affronto all'intera città, reagisce ripetendo una "verità" da azzeccagarbugli, ma più che altro smanetta sull'iPhone, fa il broncio o ridacchia. Ridacchia lei, ridacchia in un angolo il fido Paolo Giordana. E io mi domando che cazzo ci avranno mai da ridacchiare. Io ho quasi il doppio degli anni di Appendino e non ho mai sostenuto di essere una bella persona: ma se qualcuno mi desse del bugiardo morirei di vergogna, se in coscienza sapessi di esserlo; mentre se non fosse vero gli spaccherei il muso, con l'alternativa più plausibile e conveniente di trascinarlo in tribunale e portargli via anche le mutande.
Loro invece ridacchiano. Ridi ridi che la mamma ha fatto gli gnocchi.

Sdegni e minchiate

Gli oppositori hanno buon gioco a infierire, e nessuno si tira indietro: ognuno deve piantare la sua banderilla nel corpaccione del toro ferito, e ognuno la pianta, come può e come sa; i più con sdegno d'ordinanza, qualcuno toccando punti interessanti, uno sparando minchiate micidiali. 
Dei punti interessanti e delle minchiate micidiali mi occuperò magari in un altro post, se e quando mi sarà passata la nausea. Adesso no: neppure loro, neppure i sir Galahad a corrente alternata, meritano il mio tempo. Men che meno lo merita lo sventurato cinquestelle che per disonor di bandiera s'arrampica sugli specchi abborracciando una difesa d'ufficio talmente scombicchierata da risultare più nociva di un atto d'accusa.
No. Nessun protagonista dell'ignobile pantomima merita un dettagliato resoconto delle sue intemerate a gettone. 
Perché nessuno ci crede davvero.

Indignazione a tempo determinato 

Non ci crede la figlia di papà viziatella la quale, per regolare i conti con un'altra signora bene che cordialmente detesta venendone appieno ricambiata, ha scelto le invettive a mezzo Ansa pur di non sucarsi uno sgradevole faccia a faccia.
Non ci crede il suo geniale ispiratore, che se la ridacchia in un cantuccio.
Non ci credono i veementi oppositori, scandalizzati dalle bugie dell'avversario ma pronti qualora se ne presenti la necessità a giustificare le proprie in nome della ragion politica. Domani riprenderanno sereni il loro trantran, discutendo interpellanze su panchine da sostituire e fermate del tram da spostare, come se niente fosse accaduto; come se fosse normale, se davvero credi a quello che dici e alle accuse che muovi, continuare a sedere nello stesso Consiglio comunale dove siede un sindaco bugiardo.
Ma figurarsi se ci credono. Non ci crede nessuno, di quei quaranta tizi (pardon, 39, uno era assente) che si schierano a seconda delle convenienze del momento su una questione etica enorme: se cioé un sindaco abbia mentito non tanto a un Consiglio comunale - che di per sé non meriterebbe di meglio - bensì ai cittadini che quel Consiglio indegnamente rappresenta; cittadini che pagano le tasse e con quelle tasse mantengono l'intero cucuzzaro, compresi i quaranta tizi, la loro capa e i loro cavalier serventi. E li abbiamo pure votati, i più illusi persino credendoci e sperando che potessero, nel loro piccolo, contribuire a darci una città migliore, un mondo migliore. Tel chi, il loro mondo migliore.

Le cose che ho visto oggi

Oggi io ho visto cose che un umano per bene non vorrebbe neppure immaginare:
  1. ho visto gli esponenti dello stesso partito il cui assessore, poco più di un anno fa, fu costretto dalla ragion politica a dire una bugia (o qualcosa che molto ci assomiglia) a proposito di Patrizia Asproni, accusare il sindaco di aver detto una bugia a proposito di Patrizia Asproni;
  2. ho visto un sindaco di Torino negare di aver detto una evidente bugia (o qualcosa che molto ci assomiglia) a proposito di Patrizia Asproni; quello stesso sindaco di Torino che poco più di un anno fa sedeva sui banchi dell'opposizione, e da quei banchi crocefiggeva l'assessore del partito avverso accusandolo di aver detto una bugia a proposito di Patrizia Asproni;
  3. ho visto i paladini della trasparenza brancolare nell'opacità per interesse di bottega;
  4. ho visto rappresentanti di quegli stessi partiti che in Parlamento a Roma votarono la più stratosferica palla della Storia d'Italia dai tempi della papessa Giovanna, ovvero che Ruby Rubacuori era la nipote di Mubarak, pretendere oggi in Consiglio comunale a Torino le scuse di Appendino per una palla, comunque meno stratosferica, sulle mail di Patrizia Asproni.
  5. Ho visto, per chiuderla qui perché devo andare a vomitare, che non solo il potere corrompe, ma ti forgia pure una faccia di bronzo e una coscienza di gomma.

La risposta del marchese

Aggiungo, per completezza di cronaca, che in quella drammatica seduta del 15 giugno 2015 Appendino gridò a Braccialarghe: "Chi siete voi per stravolgere un bando pubblico?". Appunto. La risposta l'ha data la stessa Appendino, a ruoli invertiti, il 3 novembre 2016. E' la risposta eterna di chi ha il potere, la risposta sempre pronta e sempre arguta dei gattopardi e dei marchesi del Grillo: "Noi siamo noi, e voi non siete un cazzo".

Commenti

  1. Cazzo. Non devo leggerti prima di andare a nanna... Cmq grazie. Il dubbio che fossero incapaci già ce l'avevo. Che siano pure poco trasparenti anche. Però fa ugualmente male al cuore

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  2. Direi che l'ultima frase riassume perfettamente la situazione. Riguardo la "gestione" della comunicazione via Facebook, credo che andrebbe abolita per un semplice motivo: una istituzione pubblica, premiata già ai tempi di Castellani per aver il miglior sito, non può permettersi di pubblicare i suoi comunicati su una piattaforma privata, che guadagna grazie a queste pubblicazioni , a meno che questa non sia una mossa dei 5S e dalla casaleggio per fare soldi. Paolo

    RispondiElimina

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