C'eravamo tanto amati. La presidente della Cat Selene Solinas (a sinistra) con Sacco e Leon alla presentazione di Natale coi fiocchi |
Non tentano neppure - e come potrebbero? - di salvare la faccia. L'imbarazzatissimo assessore al Commercio Alberto Sacco, chiamato ieri pomeriggio a rispondere a un'interpellanza sulla ridicolissima pantomima, fa il pesce in barile, legge diligente e trafelato la relazioncella che gli hanno scritto "gli uffici" (mi piacerebbe sapere chi è l'autore materiale dell'operina...), e ammette tutto ciò che non può non ammettere. Ovvero che ci sono state inadempienze varie, che il "programma culturale" latitava, che quel via vai di mercatini tristi s'è risolto in una memorabile figura dimmerda, e insomma, il Natale coi fiocchi 2016 passerà alla storia come la Minchiata Assoluta. Laonde percui, afferma il battagliero Sacco, il Comune contesterà le inadempienze alla celebrata organizzazione Cat, e "applicherà le penali": un conticino da 50 mila euro, dicono.
Seeee, voglio vedere la settimana dei tre giovedì che riusciranno a far sganciare un centesimo a quelli della Cat. Intanto è Federeventi (la cui rappresentante legale è, guarda caso, la presidente della Cat) a chiedere i danni al Comune per lo sgombero della cioccolateria in Galleria San Federico. E la Cat minaccia di fare causa al Comune chiedendo 150 mila euro di risarcimento per danno d'immagine e disagi nell'organizzazione delle attività, accusandolo di aver inserito nel bando vie e piazze per l'allestimento dei mercatini che poi sono risultate inagibili per il veto della Soprintendenza. E questo è sacrosantamente vero. Scommetto che alla fine delle carte bollate i nostri genii comunali se la prenderanno nel fracco, e ci toccherà pure di pagare di tasca nostra le loro stronzate.
Un caffè con l'assessore: dialogo su minchiate, sponsor e proverbi danesi
Così accetto volentieri l'invito dell'assessore Sacco che, dopo l'imbarazzante relazione in Sala Rossa, mi offre un caffè (colonna sonora: Paolo Conte, "La ricostruzione del Mocambo", ovvero "il curatore sembra un buon diavolo, oggi mi ha offerto anche un caffè").
Davanti a un caffé, Sacco mi sembra un giovinetto impacciato. Ammette - bontà sua - che non è andata come speravano.
Gli obietto che è strano che sperassero di meglio: tutti, ma proprio tutti, fin dall'inizio avevano avanzato serie riserve (per usare un eufemismo) su organizzazione e progetto.
Vorrei anche ricordargli, al Sacco di Torino, l'antico proverbio di Copenhagen che spesso cito in simili circostanze: "A certa gente gli entra prima in culo che in testa". Ma non ritengo che sia il caso. Direi che l'ha capita.
Vorrei anche ricordargli, al Sacco di Torino, l'antico proverbio di Copenhagen che spesso cito in simili circostanze: "A certa gente gli entra prima in culo che in testa". Ma non ritengo che sia il caso. Direi che l'ha capita.
Mica del tutto, però: infatti tenta la mossa del "loro sono peggio di noi" e mi dice "gli anni scorsi il Comune spendeva un sacco di soldi per Natale coi fiocchi...". Mi trattengo dal fargli notare che, per pigliarsela nel culo, anche gratis è troppo caro; e mi limito a ricordargli che i soldi, gli anni scorsi, il Comune se li faceva dare dagli sponsor.
Eh già, cogita il Sacco, quest'anno non c'erano sponsor. Eh già, concordo io, chissà perché nessuno sponsor si è fatto avanti per entrare in un così scintillante progetto, fatti una domanda e datti una risposta... Ma non è questo il punto, aggiungo: pure se li cacciavano gli sponsor, i soldi che si spendevano allora erano comunque soldi sprecati, perché il Natale coi fiocchi è da sempre una cagata pazzesca a prescindere. Soltanto che quest'anno lo è stata di più.
Ma perché di più?, mi interroga il Curioso. Per via del cotone idrofilo sui tetti delle baracchette, gli rispondo, e poi perché l'intera faccenda manda un brutto sentore. Di che?, insiste lui. Di improvvisazione e faciloneria, rispondo io. Per tutto il resto ci sono i magistrati, c'è un'indagine della Procura, diranno loro.
Mi domanda allora, il Sacco, cos'avrei fatto io. Non gli rispondo ciò che penso (ovvero che, per cominciare, avrei sostenuto quelli del Sogno di Natale, anziché mettergli i bastoni tra le ruote come da disposizioni del Grinch), bensì ciò che è giusto rispondergli, e cioé che sono loro che devono decidere, mica io: io non ho avuto l'orgoglio luciferino di governare una città, già stento a governare me stesso; e chi ha voluto la bicicletta pedali.
Parola d'ordine: Innsbruck
Il caffé è finito, gli amici se ne vanno, torniamo in Consiglio comunale. Lui sugli scranni del potere, io sulle seggiole dei giornalisti. E lì incrocio il sindaco. Gli domando se ha passato buone feste. Mi risponde che è andato quattro giorni in Trentino. A vedere i mercatini di Natale belli?, spiritoseggio io. Lui conferma serio, e mi confida che gli sono venute delle grandi idee per il prossimo Natale. Io sbianco. E lui, con gli occhi scintillanti di entusiasmo, mi dice: "Vedrai, ti stupiremo con effetti speciali. Ti dico soltanto una parola: Innsbruck. Capito? Innsbruck". E se ne va, lasciandomi basito e pensieroso. Forse mi suggeriva di salvarmi chiedendo la cittadinanza austriaca.
Spero che "Innsbruck!" sia uno scherzo. Perchè guardare altrove? Basterebbe attingere a quello che già c'è qui a Torino. Non c'era un mercatino dell'artigianato artistico molto carino in via Carlo Alberto? Non c'è un registro comunale degli operatori artigiani creativi con più di 700 iscritti? Non c'è un libro edito dalla Camera di Commercio delle eccellenze alimentari della provincia? Non c'è una lista delle Eccelenze Artigiana riconosciute dalla regione Piemonte? E queste sono le cose a mia conoscenza, che non sono nessuno, nè assessore nè giornalista. Non è difficile mettere su dei mercatini carini. O no?
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