"I vincitori scrivono la storia, i popoli costruiscono le tradizioni, gli scrittori fantasticano: solo la morte è certa" (Sergio Chiamparino cita "La figlia" di Clara Uson per dimostrare che anche lui sa fare le citazioni colte)
Il Monte Rushmore del Salone:da sinistra, il presidente Massimo Bray il presidente Sergio Chiamparino e il vicepresidente Mario Montalcini |
Il Chiampa è il Chiampa. Bray lo incontro faccia a faccia per la prima volta. Mi fa un'ottima impressione. Persona civile, colta, educata. Si vede che viene da una di quelle buone famiglie di una volta. Magari non sarà un presidente indispensabile, e di sicuro non è un secchione entusiasta come Lagioia; però entusiasta lo è, competente pure; e ha il garbo innato del diplomatico. Farà la sua parte.
Seduti al tavolino del bar chiacchieriamo amabilmente.
Come trovammo Bray. Bray mi racconta com'è arrivato al Salone. E' stato Chiamparino a chiamarlo, dice, a luglio, giusto per chiedergli una disponibilità preventiva; non ne aveva ancora parlato neppure con l'Appendino. Bray ci ha pensato un po', ha chiesto il nulla osta al suo datore di lavoro - la Treccani - e ha accettato.
Lagioia, mi dice Chiamparino, "probabilmente è stato un'idea di Antonella Parigi, è lei che ha i contatti, che conosce la gente di quel mondo lì...". "Quel mondo lì", presumo, è quello letterario.
Ribadisco: le nomine di Lagioia e Bray non mi convincevano. Invece funzionano. Sbagliavo io, e sono felice di essermi sbagliato.
La sfida del 2018. Bray e il Chiampa sono contentoni per come sta andando al Lingotto. "Vi rendete conto che la gente al Lingotto è in coda per votare, vero? - enfatizzo io. - Questo non è un Salone, è un referendum contro Milano".
Pure loro sono convinti che sul risultato di questi giorni influiscono molti fattori contingenti, e che la prova decisiva sarà l'anno prossimo. Tanto vale portarsi avanti con il lavoro e programmare le mosse future.
La sede: a Bray piace To-Expo. A Bray piace molto To-Expo: non gli spiacerebbe fare lì il prossimo Salone. Bray ignora ovviamente le controindicazioni di To-Expo (chi ha i soldi per rimetterlo all'onor del mondo?) e le dinamiche con Gl.
I diritti del visitatore: mangiare bene e fare la pipì. Il pragmatico Chiamparino affronta la questione della sede su un piano di realtà. Per il momento To-Expo non è un'ipotesi praticabile. Ma il Chiampa, come chiunque abbia gli occhi, ha ben presenti le criticità del Lingotto. Sono le criticità di sempre: non è ragionevole accogliere le masse di questi giorni disponendo di appena otto gruppi di servizi igienici, presi d'assalto da file interminabili, soprattutto di signore. Prima o poi qualcuno se la fa addosso.
E il cibo? I panini e i tranci di pizza di Autogrill vanno bene per i ragazzi, ma vuoi non offrire ai visitatori venuti da fuori uno spazio all'onor del mondo, degno della cultura culinaria piemontese?
Il Chiampa ha pure notato un disservizio che mi era sfuggito: il piazzale di fronte al Lingotto si sporca rapidamente, ci vorrebbero almeno due passate al giorno per togliere cartacce e rifiuti vari abbandonati dai visitatori in coda.
Le code - causate dai controlli di sicurezza - sono un dramma a sé, Ma temo che lì non ci sia rimedio.
Di tutto il resto, invece, Chiampa parlerà già in questi giorni con l'ad di Gl Events Italia, Daniele Villa. Il Salone resterà al Lingotto, ma a condizione che sia un posto pulito e ben servito.
L'affitto: lo sconto deve continuare. Chiamparino affronterà con Gl pure la questione imbarazzante dell'affitto: lo "sconto" da un milione e duecentomila a 600 mila euro non dev'essere un'una tantum. Per il 2018 non ci saranno aumenti, e questo era nei patti. Sul futuro discuteranno, certo: ma di sicuro i franciosi possono scordarsi di tornare alle tariffe di un passato che Torino intende archiviare alla voce "errori che non commetteremo più".
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