Alberto Cirio assediato dai giornalisti |
Risparmiatevi i commenti: non era convinto, direi, neppure Cirio. Aveva fatto buon viso a cattivo gioco: confortato, mi diceva qualcuno, da alcune lettere di "raccomandazione" ricevute "dal mondo della cultura". Mi piacerebbe vederle, 'ste lettere, e sapere chi le ha scritte.
Ad ogni modo: Cirio pensava di dare la cultura a Rosso - bisogna accontentare Fratelli d'Italia... - ma con cautele immense, tenendosi per sé prudentemente le deleghe più strategiche (tipo i grandi eventi).
Nel pomeriggio tutto è cambiato: Rosso è stato dirottato ad altro assessorato (pare Lavoro e Formazione professionale) e Cirio ha rimescolato le carte. Intanto c'è la Lega che pianta casino perché vuole la Cultura. In cuor suo il presidente preferirebbe occuparsene lui: ma capisce anche che sarebbe difficile gestire la quotidianità, tanto più che già si farà carico dei rapporti con Bruxelles per i fondi europei.
L'altra possibilità è accorpare la Cultura a un assessorato "produttivo": tipo Commercio e Turismo (come era avvenuto con la Parigi, alla quale Cirio ha cortesemente reso merito) che dovrebbe andare all'alessandrina leghista Vittoria Poggio; oppure il Lavoro, ma allora saremmo daccapo con Rosso. O ancora, il pacchetto-cultura potrebbe finire all'Istruzione.
Però Cirio un'attenzione particolare per la cultura l'avrà di sicuro: la considera importante, sebbene da un punto di vista più pratico che intellettuale. L'ha detto, da buon langhetto che bada al sodo: "Valuteremo le iniziative da sostenere non soltanto sotto l'aspetto culturale, che è importante, ma soprattutto per le ricadute economiche che possono produrre". Più terra a terra: la cultura che ci piace è quella che fa guadagnare.
Ma non voglio strologarmi troppo sul nuovo assessore. Fra poche ore sapremo. Stamattina, intanto, ho incontrato Cirio. E' venuto alla conferenza stampa di Collisioni, rubando la scena al vulcanico Taricco - il che è tutto dire - e spendendo alate parole sull'importanza del Festival Agri-Rock che si tiene a Barolo. Non mi è suonato soltanto come un giusto riconoscimento per un'esperienza per molti versi straordinaria: io l'ho letto anche come un segno dei nuovi equilibrii che vedremo nelle scelte dell'amministrazione regionale. Dopo la Torinocentricità chiampariniana, con l'albese Cirio l'ago della bilancia si sposta sul Cuneese.
Ad ogni modo: ho incontrato Alberto Cirio per la prima volta, e sapete che c'è? Così, all'impronta, mi ha fatto una buona impressione. Educato, niente sbruffone, idee chiare ma non troppo ideologico. Felpato democristiano old school, insomma. Con in più la concretezza dei langhetti che non perdono mai di vista il tornaconto pratico di qualsiasi faccenda, per incasinata che sia. Uno che allo scontro preferisce il confronto, se non altro perché rende di più. Non mi stupisce che vada tanto d'accordo con il Chiampa. Sono della stessa pasta.
E difatti, rispetto alla gestione chiamparinesca, il nuovo presidente non ha l'aria di voler "cambiare tutto". "Le cose buone vanno mantenute" dice. Avrà anche capito che oggi parlare di "governi del cambiamento" ha i suoi bei rischi: ma mi sembra convinto davvero di questo elementare principio di decente ragionevolezza che tanta parte della politica ha da tempo protervamente rinnegato.
Ciò non toglie che Cirio dovrà concedere qualcosa ai suoi cazzutissimi azionisti di maggioranza: quindi il patrocinio al Pride 2020 scommetto che lo toglieranno, così come sono sicuro che lo toglieranno a Lovers. Quelle sono soddisfazioni del pettine (non scrivo "del cazzo" per non dargli troppa importanza) che non gli puoi negare, a certi soggettini, sennò gli viene lo stranguglione. Ma sono essenzialmente problemi loro: Lovers e il Pride sopravviveranno anche senza la benedizione della Regione, come ai tempi di Cota sopravvisse Cinema Gay. Quanto a Cirio, quando lo farà e se lo farà, gliene dirò di ogni. Può contarci.
Al momento, però, il felpato democristiano si limita a un prudente "per quest'anno tutto resta com'è, poi incontreremo quelli del Pride, vedremo i programmi e decideremo". Cauto. Langhetto, appunto.
Al netto dei contentini ai cazzutissimi, nella nostra breve conversazione non colgo che segnali di solido buon senso contadino. Ad esempio, la sua idea di trattare con Bruxelles per cambiare la destinazione dei fondi europei del Fers - dagli investimenti (conto capitale) alla spesa corrente - è tutt'altro che sballata: serve poco - mi dice Cirio - rifare il tetto a un museo (investimento in conto capitale) se poi il museo non ha i mezzi finanziari (la spesa corrente) per sopravvivere. Il ragionamento non fa una grinza.
Mi allargo, e gli chiedo se si è già fatto un'idea sul sovrintendente del Regio: sorride, e risponde di no. Ma è chiaro che il problema ce l'ha presente, eccome.
Parliamo anche della redistribuzione degli interventi della Regione fra Torino e il resto del Piemonte: e qui, inutile stare a raccontarsela, ci saranno parecchie novità.
Però, se faccio notare a Cirio che sostenere di più le iniziative nel resto del Piemonte imporrà una riduzione dell'impegno su Torino, lui risponde che "i soldi ci sono". Immagino che pensi ai fondi europei di cui sopra, ancora in larga parte da spendere. Di sicuro, è la prima volta in vita mia che sento un presidente di Regione appena eletto che pronuncia la magica frase "i soldi ci sono". Io me la segno. In genere i langhetti non sono ghinassa che blaterano per dare aria ai denti. Speriamo in bene.
Mi ha detto molte altre cose, Cirio: ma adesso non ho tempo, ho avuto una giornata faticosa e voglio rilassarmi un po'. Tanto domani sapremo come si è chiusa la partita, e parleremo a bocce ferme. Come direbbe il Chiampa.
Aggiornamento
http://gabosutorino.blogspot.com/2019/06/vittoria-poggio-una-commerciante-alla.html?m=1
Cirio mi dicono sia un mago nel cercare e ottenere finanziamenti europei. Mi sa che vedremo un bel po' di soldini arrivare da Bruxelles.
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