Eccoli qui: da sinistra il presidente del Museo Enzo Ghigo, il neodirettore del Tff Stefano Francia di Celle e il direttore del Museo Mimmo De Gaetano |
Ieri quelli del Museo del Cinema invitano una mezza dozzina di giornalisti a un pranzo di lavoro. Ci sarà anche Stefano Francia di Celle?, s'informa l'astuto cronista, che spera in un primo incontro con il neodirettore del Tff. Ma il perfido Ghigo lo delude: Francia di Celle non non ci sarà, ci saranno soltanto Ghigo stesso e il Comitato di gestione (tranne il romano Del Brocco) e il direttore del Museo De Gaetano. "Diremo delle cose", mi promette il presidente.
Vabbé, ci troviamo tutti al ristorantino a fianco degli uffici del Museo e prendiamo posto alla tavolata. Ghigo tiene libero il posto al suo fianco: "Deve arrivare mia moglie", spiega.
Vabbé, ci troviamo tutti al ristorantino a fianco degli uffici del Museo e prendiamo posto alla tavolata. Ghigo tiene libero il posto al suo fianco: "Deve arrivare mia moglie", spiega.
Cominciamo bene, mi amareggio in cuor mio: questo si porta la moglie (signora deliziosa, peraltro) al pranzo di lavoro...
La carrambata
Ma dovrò ben presto vergognarmi del mio malo pensiero: passano pochi minuti, la porta si spalanca, ed appare la barba, subito seguita dal profilo morettiano e poi da tutto il resto di Stefano Francia di Celle. Il vero titolare della sedia vuota al fianco del presidente. Sorpresona.
Si compiace Ghigo per la riuscita carrambata, e si rallegrano i giornalisti che hanno a disposizione l'uomo del giorno. E tutti giù a domandargli (all'uomo del giorno, non a Ghigo) lumi e ghiotte anteprime sul Festival che verrà.
I propositi di un direttore
Lui, l'uomo del giorno, mi fa una buona impressione. Entusiasta ma prudente. Per motivi che mi sfuggono, l'incarico di direttore del Festival lo rende felice come un bambino la mattina di Natale: ma non si lancia in promesse azzardate. Dice l'ovvio, ma lo dice bene. Precisa subito che si dedicherà anima e corpo al nuovo lavoro, prenderà casa a Torino e rinuncerà alla collaborazione con la Mostra di Venezia e chiederà l'aspettativa dalla Rai e nel caso non gliela dovessero dare è pronto a dimettersi. Apprezzo la buona volontà ma mi auguro per lui che si tratti di una boutade sull'onda dell'entusiasmo: una direzione è per pochi anni, un posto fisso in Rai è per sempre.
Enuncia poi le sue linee guida: ottimizzazione delle risorse, rapporti più stretti con la Rai, attenzione ai "mondi nuovi" di web, animazione e serie tv, diffusione sul territorio, ospiti più coinvolti con il pubblico, collaborazione stretta con tutte le realtà culturali e con Università e Politecnico, una comunicazione migliore e più capillare, insomma le cose già dette e ripetute a raffica nelle interviste a mazzi della sera prima. Né si può pretendere di più, così sui due piedi, da un tipetto garbato che chiaramente ci tiene a non passare da sborone, e premette cauto che "il lavoro comincia subito dopo Natale, con il Comitato di gestione...". E qui si registra l'unico intervento del convitato di pietra Mimmo De Gaetano, che fino a quel momento s'è limitato ad ampi sorrisi e cenni di consenso, epperò a questo passaggio si riscuote e precisa "con il direttore, comincia il lavoro col direttore: il Comitato lascialo stare...". Eh beh, a ciascuno il suo.
C'est l'argent qui fait la guerre
Faccio notare a Stefano Francia di Celle (tra parentesi: mettiamoci subito d'accordo e semplifichiamo in Stefano Francia e stop: non posso passare minimo due anni a scrivere dall'inizio alla fine 'sto nome da romanzo di cappa e spada... Mi rallenta ed è un casino per i titoli). Faccio notare, dicevo, a Stefano Francia che c'est l'argent qui fait la guerre, e di argent al Festival ne gira pochino, rispetto alla concorrenza grossa tipo Venezia e Roma. E il tema di una comunicazione più efficace e ampia è giustissimo, puoi fare il più bel festival del mondo ma se non lo fai sapere in giro è come non farlo. Ma è sempre una questione di soldi, gamba corta del Tff come di qualsiasi altra iniziativa culturale torinese. "Certo - conviene Francia - il Museo deve decidere se investire sul progetto...". E allora interviene il provvido presidente Ghigo e rassicura: "Spenderemo di più per la comunicazione".
Alleluja. Abbiamo la notizia del giorno.
Torino Città del Cinema: la mission impossible di Ghigo
Si vede che il presidente è un tipo da missioni impossibili. Già prima dell'arrivo di Francia ne aveva annunciata un'altra: trasformare in qualcosa di concreto - e magari credibile - Torino Città del Cinema, lo scatolone vuoto escogitato da Chiarabella & Co in un recente attacco di annuncite fulminante.
Contrapponendo l'ottimismo della ragione all'improvvisazione al potere, il concreto Ghigo qualcosa finalmente di concreto ha detto, su ciò che potrà contenere lo scatolone vuoto che adesso il Museo e la Film Commission s'ingegneranno di riempire.
Il Comitato scientifico: scusate il ritardo
Verrà creato un Comitato scientifico che contribuirà ad imbastire un programma: e ciò mi pare giusto, talmente giusto che un bambino dell'asilo ci sarebbe arrivato già un anno fa, trattandosi di creare un programma per il 2020...
Meglio tardi che mai, comunque. Del Comitato scientifico faranno parte Comune, Regione e MiBACT: ma rappresentati da esperti, grazie a dio non direttamente da assessori e sottosegretari. Così almeno mi pare di aver capito. Altrimenti andremo a farci quattro risate. Rimane comunque la possibilità che nominino degli esperti ancor più comici: s'è già visto.
Nel Comitato scientifico ci si augura entrino pure le fondazioni bancarie, che porterebbero in dote un po' di serietà, e magari un po' di soldi: ovvero ciò che davvero manca.
Anche per Torino Città del Cinema si pone il problema della comunicazione - nonché dell'aver qualcosa da comunicare. E ancora Ghigo ne conviene, e si dice certo che i soldi per la comunicazione si troveranno: magari da sponsor privati, che - ragiona il presidente - se vedranno qualcosa su cui vale la pena di investire, investiranno... Lo credo anch'io: infatti al momento non investono.
Le meraviglie del 2020
Comunque mi risulta che stiamo parlando di Torino Città del Cinema 2020, non 2021: e il 2020 credo cominci fra meno di due settimane. Quindi m'informo cautamente: posso sapere di più su quello che succede, almeno dei primi mesi? L'abile Ghigo lascia volentieri l'onore della risposta al direttore del Museo del Cinema, la figura elettivamente destinata all'elaborazione dei programmi artistici. L'elenco al momento è scarno. Mimmo De Gaetano enumera, nell'ordine:
1) "I Luoghi del Cinema", il "percorso cineturistico" nei posti di Torino dove hanno girato dei film. Trovatone, non c'è che dire: arriveranno da Tokyo per non perderselo. Però già si sapeva, da mo'. La novità sta nell'immancabile "App" con la guida al percorso turistico curata da Steve Della Casa: almeno un esperto vero lo hanno trovato, e me ne compiaccio.
2) Le masterclass con i grandi protagonisti del cinema internazionale. E anche questo si sapeva da mo'. Però De Gaetano adesso può anche annunciare i primi due docenti: Amos Gitai il 28 gennaio, e Julien Temple il 21 febbraio. Da marzo in poi, qualcuno arriverà.
3) La mostra sui costumi del cinema in collaborazione con Annamode, che aprirà il 14 febbraio e s'intitolerà "Cinema addosso". Sarà una grande mostra - si compiace Ghigo - davvero importate, e ci credo: l'aveva pensata Sergio Toffetti quand'era ancora presidente del Museo. E si sapeva da mo'.
Data per scontata l'importanza della mostra, però, si ripropone il tema di come pubblicizzarla, considerato che il 14 febbraio è fra due mesi ed è già tardi per una campagna promozionale che si rispetti. Ghigo, sempre sorretto dall'ottimismo della volontà, si dice certo che i soldi si troveranno perché, ripete, "vale la pena di investirci".
Natale è il tempo della speranza. E dunque speriamo. Almeno finché vien l'Epifania, che tutte le speranze porta via. Poi tutti il lavoro, il tempo della ricreazione è finito. E non contate su Carnevale che ogni scherzo vale. Alla Mole non si può più scherzare.
La carrambata
Stefano Francia di Celle, direttore del Tff |
Si compiace Ghigo per la riuscita carrambata, e si rallegrano i giornalisti che hanno a disposizione l'uomo del giorno. E tutti giù a domandargli (all'uomo del giorno, non a Ghigo) lumi e ghiotte anteprime sul Festival che verrà.
I propositi di un direttore
Lui, l'uomo del giorno, mi fa una buona impressione. Entusiasta ma prudente. Per motivi che mi sfuggono, l'incarico di direttore del Festival lo rende felice come un bambino la mattina di Natale: ma non si lancia in promesse azzardate. Dice l'ovvio, ma lo dice bene. Precisa subito che si dedicherà anima e corpo al nuovo lavoro, prenderà casa a Torino e rinuncerà alla collaborazione con la Mostra di Venezia e chiederà l'aspettativa dalla Rai e nel caso non gliela dovessero dare è pronto a dimettersi. Apprezzo la buona volontà ma mi auguro per lui che si tratti di una boutade sull'onda dell'entusiasmo: una direzione è per pochi anni, un posto fisso in Rai è per sempre.
Enuncia poi le sue linee guida: ottimizzazione delle risorse, rapporti più stretti con la Rai, attenzione ai "mondi nuovi" di web, animazione e serie tv, diffusione sul territorio, ospiti più coinvolti con il pubblico, collaborazione stretta con tutte le realtà culturali e con Università e Politecnico, una comunicazione migliore e più capillare, insomma le cose già dette e ripetute a raffica nelle interviste a mazzi della sera prima. Né si può pretendere di più, così sui due piedi, da un tipetto garbato che chiaramente ci tiene a non passare da sborone, e premette cauto che "il lavoro comincia subito dopo Natale, con il Comitato di gestione...". E qui si registra l'unico intervento del convitato di pietra Mimmo De Gaetano, che fino a quel momento s'è limitato ad ampi sorrisi e cenni di consenso, epperò a questo passaggio si riscuote e precisa "con il direttore, comincia il lavoro col direttore: il Comitato lascialo stare...". Eh beh, a ciascuno il suo.
C'est l'argent qui fait la guerre
Faccio notare a Stefano Francia di Celle (tra parentesi: mettiamoci subito d'accordo e semplifichiamo in Stefano Francia e stop: non posso passare minimo due anni a scrivere dall'inizio alla fine 'sto nome da romanzo di cappa e spada... Mi rallenta ed è un casino per i titoli). Faccio notare, dicevo, a Stefano Francia che c'est l'argent qui fait la guerre, e di argent al Festival ne gira pochino, rispetto alla concorrenza grossa tipo Venezia e Roma. E il tema di una comunicazione più efficace e ampia è giustissimo, puoi fare il più bel festival del mondo ma se non lo fai sapere in giro è come non farlo. Ma è sempre una questione di soldi, gamba corta del Tff come di qualsiasi altra iniziativa culturale torinese. "Certo - conviene Francia - il Museo deve decidere se investire sul progetto...". E allora interviene il provvido presidente Ghigo e rassicura: "Spenderemo di più per la comunicazione".
Alleluja. Abbiamo la notizia del giorno.
Torino Città del Cinema: la mission impossible di Ghigo
Enzo Ghigo, presidente del Museo del Cinema |
Contrapponendo l'ottimismo della ragione all'improvvisazione al potere, il concreto Ghigo qualcosa finalmente di concreto ha detto, su ciò che potrà contenere lo scatolone vuoto che adesso il Museo e la Film Commission s'ingegneranno di riempire.
Il Comitato scientifico: scusate il ritardo
Verrà creato un Comitato scientifico che contribuirà ad imbastire un programma: e ciò mi pare giusto, talmente giusto che un bambino dell'asilo ci sarebbe arrivato già un anno fa, trattandosi di creare un programma per il 2020...
Meglio tardi che mai, comunque. Del Comitato scientifico faranno parte Comune, Regione e MiBACT: ma rappresentati da esperti, grazie a dio non direttamente da assessori e sottosegretari. Così almeno mi pare di aver capito. Altrimenti andremo a farci quattro risate. Rimane comunque la possibilità che nominino degli esperti ancor più comici: s'è già visto.
Nel Comitato scientifico ci si augura entrino pure le fondazioni bancarie, che porterebbero in dote un po' di serietà, e magari un po' di soldi: ovvero ciò che davvero manca.
Anche per Torino Città del Cinema si pone il problema della comunicazione - nonché dell'aver qualcosa da comunicare. E ancora Ghigo ne conviene, e si dice certo che i soldi per la comunicazione si troveranno: magari da sponsor privati, che - ragiona il presidente - se vedranno qualcosa su cui vale la pena di investire, investiranno... Lo credo anch'io: infatti al momento non investono.
Le meraviglie del 2020
Comunque mi risulta che stiamo parlando di Torino Città del Cinema 2020, non 2021: e il 2020 credo cominci fra meno di due settimane. Quindi m'informo cautamente: posso sapere di più su quello che succede, almeno dei primi mesi? L'abile Ghigo lascia volentieri l'onore della risposta al direttore del Museo del Cinema, la figura elettivamente destinata all'elaborazione dei programmi artistici. L'elenco al momento è scarno. Mimmo De Gaetano enumera, nell'ordine:
1) "I Luoghi del Cinema", il "percorso cineturistico" nei posti di Torino dove hanno girato dei film. Trovatone, non c'è che dire: arriveranno da Tokyo per non perderselo. Però già si sapeva, da mo'. La novità sta nell'immancabile "App" con la guida al percorso turistico curata da Steve Della Casa: almeno un esperto vero lo hanno trovato, e me ne compiaccio.
2) Le masterclass con i grandi protagonisti del cinema internazionale. E anche questo si sapeva da mo'. Però De Gaetano adesso può anche annunciare i primi due docenti: Amos Gitai il 28 gennaio, e Julien Temple il 21 febbraio. Da marzo in poi, qualcuno arriverà.
3) La mostra sui costumi del cinema in collaborazione con Annamode, che aprirà il 14 febbraio e s'intitolerà "Cinema addosso". Sarà una grande mostra - si compiace Ghigo - davvero importate, e ci credo: l'aveva pensata Sergio Toffetti quand'era ancora presidente del Museo. E si sapeva da mo'.
Data per scontata l'importanza della mostra, però, si ripropone il tema di come pubblicizzarla, considerato che il 14 febbraio è fra due mesi ed è già tardi per una campagna promozionale che si rispetti. Ghigo, sempre sorretto dall'ottimismo della volontà, si dice certo che i soldi si troveranno perché, ripete, "vale la pena di investirci".
Natale è il tempo della speranza. E dunque speriamo. Almeno finché vien l'Epifania, che tutte le speranze porta via. Poi tutti il lavoro, il tempo della ricreazione è finito. E non contate su Carnevale che ogni scherzo vale. Alla Mole non si può più scherzare.
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