L'assessore al Commercio e Turismo (e alla Cultura, by the way) Vittoria Poggio intervistata stamattina a "Buongiorno Regione" |
Mica per niente ieri ho scritto un articoletto, uscito stamattina sul Corriere (ecco il link), per ricordare a lorsignori che la maledettissima emergenza-virus non va a danneggiare pesantemente soltanto Commercio e Turismo - quello non serve ricordarglielo, lo hanno ben presente e non mancano di manifestare profonda preoccupazione - ma anche, e soprattutto, la Cultura.
Un mondo dimenticato e sotto schiaffo
Dico "soprattutto" perché la Cultura è il comparto produttivo più fragile, più esposto alle bufere e alle crisi impreviste: sfiancato da anni e anni di tagli economici, da legislazioni punitive, da una governance politica distratta o rapace, oggi il settore si regge su equilibrii delicatissimi che basta un nulla per mandare a carte quarantotto. Eppure è un settore ancora in crescita, in Piemonte conta 85 mila addetti suddivisi in 21 mila imprese, quasi tutte piccole o piccolissime, e produce - nonostante tutto, nonostante loro - il 4,7 per cento del valore aggiunto regionale, per un valore di 5,6 miliardi annui (dato del 2018).
Ora questo fragile ma produttivo comparto si trova ad affrontare il combinato disposto dell'allarme suscitato dal virus, che già dalla settimana scorsa faceva vistosamente diminuire le presenze nei locali pubblici, dalle discoteche ai teatri; e dell'ordinanza che ha disposto la serrata da ieri fino a sabato (tanto per cominciare...) di qualsiasi luogo di spettacolo, intrattenimento e cultura, infiggendo danni economici che, con la contabilità della serva, stimo attorno ai 108 milioni di euro in una sola settimana.
E gli operatori, le aziende, le associazioni che devono affrontare un tale disastro sono lasciati soli. Manca finora un segnale di attenzione, o quantomeno di contezza della crisi, da parte della politica.
Salvate Commercio e Turismo (e la Cultura? Ah già, la Cultura...)
La plastica rappresentazione del problema l'ho avuta stamane di buon'ora, seguendo l'intervento dell'assessore Poggio a "Buongiorno Regione", su Rai3. Da una parte c'era Vittoriona: assessore a Commercio, Turismo e Cultura, ma per l'occasione del tutto dimentica della sua terza, negletta delega. Dall'altra, due giornalisti - diconsi due - che l'hanno ripetutamente intervistata a proposito dei gravi disagi che stanno incontrando in questi giorni difficili il Commercio e il Turismo; mentre in collegamento esterno il direttore di Ascom-Confcommercio di Torino e Provincia invocava interventi efficaci e urgenti, a cominciare dalla cassa integrazione in deroga, a sostegno di Commercio e Turismo; e la Vittoriona ha confermato la sua attenzione e s'è impegnata a farsi parte diligente affinché provvedimenti idonei siano adottati quanto prima a favore di Commercio e Turismo. Con tutto che i negozi e i ristoranti e gli alberghi sono in crisi, ma non sono chiusi d'autorità. Però ci rimettono: anzi, precisano gli intervistatori, perdono il 40 per cento degli incassi, e ciò è "devastante". Quindi è giusto intervenire, e su questo punto siamo tutti d'accordo.
Invece per un teatro o una discoteca un'intera settimana di chiusura non è "devastante", figurarsi. Se ne vanno a sciare, e che cazzo pretendono ancora?
In tal giulebbe di Commercio e Turismo non ho sentito una sola volta risuonare nello studio televisivo di via Verdi la parola "Cultura". Non una singola volta gli intervistatori hanno ritenuto utile citarla, non una singola volta l'assessore s'è ricordata di essere assessore anche alla Cultura; favorita in ciò dal fatto di essere stata presentata dagli intervistatori per l'appunto come "assessore al Commercio", e stop.
Per completezza d'informazione, in diretta da Porta Palazzo hanno intervistato pure una mercatale. Intervistare anche un esponente del settore culturale, no? E che c'entra mai? Siamo la Rai, ci occupiamo di cose serie, di economia, mica di minchiate.
Ora: un simile atteggiamento imprime ai miei gioielli di famiglia un moto rotatorio da acceleratore di particelle. La Cultura non è soltanto cibo per lo spirito, come pensiamo noi idealisti perdigiorno; è anche uno strumento di sviluppo economico di cui beneficiano in primis Commercio e Turismo; e questo lorsignori lo ripetono a raffica, a cominciare da Capo Cirio (ricordate le sue dichiarazioni programmatiche? "Valuteremo le iniziative da sostenere non soltanto sotto l'aspetto culturale, che è importante, ma soprattutto per le ricadute economiche che possono produrre"). Però non appena tira brutta aria fanculo la Cultura, e si salvi chi può.
In ordine sparso, e ciascuno per sé
Purtroppo neanche la Cultura dà una nobile prova di sé. Al momento ho l'impressione che, com'è accaduto in altre spiacevoli occasioni, ciascuno pensi agli affari suoi: tace e si adegua sperando di salvare almeno il culo proprio. Anziché fare fronte comune, vanno in ordine sparso. Eppure le associazioni di categoria esistono: e allora parlino, e parlino con una voce sola. E se possibile alta, così da farsi sentire.
Mi ha colpito il pur condivisibile appello di Agis e Federvivo, che ieri hanno chiesto a Franceschini di aprire uno stato di crisi "per il settore dello spettacolo dal vivo". Sacrosanto. Ma i gestori dei cinema o i lavoratori dei musei non hanno anch'essi l'abitudine di mangiare a pranzo e a cena? E l'Agis non è l'Agenzia Generale dello Spettacolo, nel senso di tutti gli spettacoli, dal vivo o non dal vivo?
Agis e Federvivo auspicano pure "l’adozione di provvedimenti normativi che evitino qualsiasi penalizzazione nei confronti dei soggetti finanziati dal Fus". Ultrasacrosanto: com'è (tristemente) noto, i fondi del Fus vengono suddivisi anche in base a parametri quali lo sbigliettamento e gli spettacoli andati in scena: quindi, se per dire il Regio o lo Stabile devono rinunciare a una settimana (per il momento...) di rappresentazioni, a fine anno saranno penalizzati rispetto a teatri di altre regioni, riceveranno contributi più bassi e se la prenderanno due volte in quel posto. Ma che mi dite delle mille e mille realtà private e associative che fanno spettacolo, e cultura in genere, senza rientrare fra quelle prese in considerazione dal Fus? E chiedere sostegni anche per loro?
Segnali di solidarietà
Però generalizzare sarebbe sbagliato, ed è bello scorgere segnali di solidarietà nei confronti di chi ha già subito le conseguenze della serrata: ad esempio ieri Gaetano Renda, consigliere del Museo del Cinema nonché esercente del Centrale e di altre sale torinesi, commentando la brutta situazione torinese, mi diceva di essere pronto a ospitare gratuitamente nei suoi cinema qualche proiezione di Seeyousound qualora gli organizzatori, passata la buriana, volessero riprendere il festival bruscamente interrotto domenica dopo appena tre giorni di programmazione.
Spero che analoga sensibilità la manifesti anche il Museo del Cinema, istituzionalmente, nei confronti dei festival indipendenti.
La Cultura non porta voti
E poi, davvero, non me la sento di condannare ancora una volta la mancanza di coesione del settore, l'incapacità endemica degli operatori culturali di fare lobby e pesare davvero nelle decisioni di chi governa. Tanto l'esperienza gli ha insegnato che far la voce grossa non serve, se non a procurarsi dei nemici.
E la morale è sempre quella: contrariamente a Commercio e Turismo, solidamente organizzati nelle associazioni di categoria, la Cultura non porta voti, quindi la politica può fottersene alla grandissima. E i fafiuché (come li chiamava il Chiampa, modello insuperato di tale atteggiamento mentale) vadano a lavorare, che il loro mica è un lavoro, figurarsi.
Considerando che nessun comunicato della regione cita nemmeno per sbaglio le biblioteche di pubblica lettura. Aggiungendo che una buona parte dei lavoratori delle biblioteche di ente locale sul territorio regionale sono lavoratori di cooperativa con pochi diritti e difficili da ottenere.
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