Paolo Giordana |
Sono davvero curioso di vedere chi sceglierà Chiarabella come successore di Angela Larotella.
Dico "chi sceglierà Chiarabella" per un motivo generale e uno particolare.
In generale, perché ormai persino io ho capito che questa del bando è una palla galattica, specie per il Comune. Cioé, i bandi li fanno quando gli comoda e per darla a bere ai babbei, compresi i loro di babbei, e poi si fanno bellamente i cazzacci propri.
In particolare, perché il ruolo del segretario generale della Fondazione Cultura è strategico: la Fondazione Cultura è il braccio armato del sindaco in ambito culturale, più dell'assessore stesso (di questo assessore, almeno). E dunque qualsiasi sindaco, al di là delle sacre rappresentazioni per babbei, sceglierebbe personalmente a chi affidare l'incarico.
Ma ciò che davvero mi sfrizzola è una delle candidature arrivate in Fondazione. Quella di Paolo Giordana.
Il ritorno del Caduto
Giordana ve lo ricordate, no? Il potente consigliori di Chiarabella scivolato per una poverata di multa - ma anche per le faide da basso impero endemiche a Palazzo Civico - dopo la caduta è tornato al suo lavoro di funzionario comunale, ha tentato un avvicinamento al pd, e intanto ha conseguito un master in materia di fondi europei dedicandosi anche alla libera professione. Un uomo che si tiene impegnato, insomma.
L'anno scorso ha partecipato senza successo al bando per la sovrintendenza del Regio; ma la cadrega della Fondazione Cultura è un suo vecchio pallino, ci aveva provato anche in occasione del bando del 2015, quello che confermò Larotella per il secondo mandato. Il fatto che Giordana - all'epoca suo stratega e amico - non ce l'avesse fatta offrì alla Chiarabella d'opposizione il destro per un'inferocita interpellanza, nella quale accusava Fassino di procedure farlocche e opache. Oggi, con l'esperienza degli ultimi quattro anni, vien da dire senti chi parla.
A proposito di bandi...
Tra parentesi, in quell'interpellanza del 2015 Appendino affermava che nel bando fassiniano "alcuni dei criteri adottati, quali ad esempio i 3 anni di esperienza nel fundraising oppure i 5 anni come dirigente in strutture pubbliche o private, se non adeguatamente motivati possono essere considerati come arbitrari e, ad esempio, finalizzati a preordinare la scelta nei confronti di un soggetto". Bon, il bando appendiniano del 2020 elenca tra i requisiti del candidato "esperienze dimostrabili di direzione e gestione con mansioni di responsabilità in strutture complesse pubbliche o private equiparabili alla Fondazione; consolidata esperienza almeno di 3 anni di progettazione culturale e relativa definizione di piani economici; esperienze in attività di fundraising e ricerca di fondi".
Se ad esempio Chiarabella mi spiegasse dove sta la differenza, ad esempio non sospetterei che pure il suo bando sia ad esempio "finalizzato a preordinare la scelta nei confronti di un soggetto".
Ma è improbabile che ce la faccia
Torniamo a Giordana. Ho riconosciuto a suo tempo che l'uomo ha - oltre ai noti difetti - anche innegabili doti: a partire dalla cultura e dall'intelligenza, qualità non frequentissime in certi ambienti. Ma non riesco a immaginarmelo sulla poltrona della Fondazione. E non perché è tuttora sotto processo per i fatti di Piazza San Carlo e per il caso Ream (ciò, secondo il bando, non rappresenterebbe una condizione ostativa), ma per il semplice motivo che né Chiarabella né la sua indisciplinata maggioranza anteporrebbero mai il merito al sentimento. In parole povere, detestano Giordana: per motivi diversi ma con identico malanimo. E a prescindere da qualsiasi valutazione sulle sue capacità.
Di ciò è consapevole per primo Giordana. Però, mi dice, spera che "almeno prendano in considerazione qualcuna delle idee che ho indicato nella candidatura; e che scelgano uno bravo".
In effetti, se si trattasse di un bando serio, sarebbe bene che ne uscisse un segretario generale serio: alla Fondazione serve un esperto vero di fundraising e ricerca sponsor (ma vero vero, non un sedicente), con visione, competenze e relazioni anche internazionali, che conosca bene sia la macchina comunale, sia il sistema culturale torinese, e che abbia il coraggio di buttarsi in quel ginepraio per un compenso non stratosferico - 95 mila lordi.
Ma il problema è puramente accademico. Dieci a uno, il nome lo hanno già deciso. E non sarà Einstein.
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