Quella che racconto oggi sul Corriere è la solita piccola storia ignobile: la politica proterva, invasiva e ignorante vuole imporre la propria volontà (e forse, nel caso specifico, anche il suo uzzolo vendicativo) a chi sa, lavora bene e vorrebbe soltanto continuare a lavorare in pace.
Stavolta l'obiettivo dell'atto di prepotenza destabilizzante è il Museo Egizio. Guarda caso una delle poche realtà culturali finora risparmiate dalle miserabili incursioni della politica politicante, e per questo motivo ancora efficiente; nonché odiatissima dalla politica politicante, che non tollera né le competenze, né le indipendenze.
Il "casus belli" che ha scatenato lo scontro è la nomina "inopportuna" nel CdA di un rappresentante della Regione il cui profilo, per i motivi che spiego nel mio articolo, risulterebbe altamente destabilizzante, tanto da indurre l'intero staff scientifico del Museo (il direttore Greco e una ventina di curatori), nonché la presidente Christillin, a dimettersi; devastando così, come ognuno ben comprende, l'unico museo economicamente sano e di valore e richiamo mondiali rimasto a Torino.
La vicenda imbarazza persino parte della politica stessa. Gli assessori regionali alla Cultura e alle Partecipate (Poggio e Ricca) si sono resi conto dell'avventatezza della nomina, e con molto buonsenso vorrebbero rimangiarsi la decisione. Ma Fratelli d'Italia punta i piedi: quella nomina s'ha da fare, costi quel che costi. Tanta volontà di potenza è senz'altro spiegabile con i caratteri fondanti della politica politicante ("adesso ti faccio vedere io chi comanda..."). Ma una mente maliziosa non può cancellare il ricordo delle minacce di epurazione lanciate da un esponente di Fratelli d'Italia nel 2018, ai tempi del celebre faccia a faccia tra il direttore Greco e la Meloni.
La vendetta è un piatto che si serve freddo.
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